Tokyo e Ue verso il libero scambio
Da definire i tempi per abbattere i dazi europei sull’auto e i dettagli su appalti e agroalimentare L’accordo di libero scambio è diventato una priorità per il Paese asiatico
U ltima chiamata per i grandi accordi multilaterali di libero scambio e di facilitazione degli investimenti transnazionali: il mondo attende di constatare se Unione europea e Giappone riusciranno o meno a concludere l’intesa di principio sull’Economic partnership agreement (Epa) entro fine anno, come era stato preannunciato durante il vertice di Ise-Shima del G-7 dello scorso maggio (dopo che era saltata una prima “deadline”, indicata per fine 2015 al summit politico bilaterale del 29 maggio di due anni fa). Sarebbe un segnale forte, al termine di un 2016 che probabilmente passerà negli annali della storia come l’anno di un dietrofront sul principale tema dello sviluppo economico globale in auge fin dagli anni 70: l’idea che le frontiere siano nemiche della crescita e che un maggiore flusso internazionale di merci favorito da abbattimenti tariffari debba essere accompagnato da minori ostacoli anche sul fronte della circolazione dei capitali (e magari delle persone). Mentre la Brexit ha finito per segnalare una possibile crisi esistenziale europea, l’elezione a presidente Usa di Donald Trump è avvenuta su una piattaforma ostile agli accordi multilaterali, generando la fine della Tpp (Asia-Pacifico) e una prospettiva di rinegoziazione del Nafta (in Nord America) nel contesto dello stallo della transatlantica Ttip. Il capo-negoziatore europeo, Mauro Petriccione, è atteso la prossima settimana a Tokyo, dove sono in corso intensi negoziati “working-level”. La novità è che il governo giap- ponese, subito dopo l’elezione di Trump, ha deciso di costituire una “task force” interministeriale per accelerare le trattative con la Ue, oltre che per evidenziare al mondo intero che Tokyo intende farsi campione delle liberalizzazioni commerciali anche se altrove non sono più tanto popolari. Eppure appare difficilissimo che l’intesa possa essere raggiunta a breve: non è stato infatti ancora fissato quello che sarebbe il 18esimo round formale delle trattative. Così diventa probabile che arriveranno le ennesime di- chiarazioni politiche sulla volontà di concludere presto. Ma, per chi non crede ai miracoli, anche la deadline di fine 2016 salterà.
I negoziati erano stati lanciati il 25 marzo 2013. All’epoca era la parte giapponese a premere, in quanto spaventata dallo svantaggio competitivo nei confronti della Corea del Sud (che è riuscita a raggiungere un Fta, Free trade agreement, con Usa e Unione europea). Poi i giapponesi sono passati a concentrarsi sulla Tpp, l’accordo a 12 che rappresentava soprattutto la via strategica per un Fta con gli Usa. Lo shock Trump ha rilanciato l’interesse nipponico per l’Epa con Bruxelles. Nei negoziati il gap si è ridotto: si tratta soprattutto di concordare da un lato sulla tempisti- ca dell’abbattimento dei dazi all’import di auto e componentistica nella Ue, dall’altro su alcune ulteriori concessioni richieste a Tokyo su temi che stanno a cuore ai Paesi europei in modo diverso (dagli appalti all’agroalimentare). Con alcuni “cedimenti” nipponici, si può chiudere, magari non ora ma tra qualche mese. La complicazione terribile è arrivata dalla Brexit, non solo perchè la posizione negoziale di Bruxelles teneva in precedenza conto degli interessi britannici (i maggiori tifosi dell’Epa).
A questo punto, l’interesse di Tokyo va in conflitto con quello della Ue: per i giapponesi, l’ideale sarebbe avvantaggiarsi sia dell’Epa sia delle future forme di sostanziale “dumping” di Londra per rendersi più attraente dei Paesi dell’Unione. Poiché i giapponesi hanno fatto i loro maggiori investimenti diretti europei nel Regno Unito, gli eventuali vantaggi dell’Epa sarebbero annullati da un atteggiamento rigido di Bruxelles nei confronti di Londra. Nessuno sa ancora quali saranno i rapporti euro-britannici, ma già emergono elementi potenzialmente critici in relazione a parti terze. «Il recente incontro tra Carlos Ghosn e la premier May riguarda anche noi…», sibila una fonte europea a Tokyo, riferendosi al fatto che il capo di Renault/ Nissan ha confermato i piani per un maxi-investimento Nissan a Sunderland (l’alternativa sarebbe stata in Francia), dopo aver ottenuto “garanzie” di competitività dell’impianto anche se l’export britannico verso la Ue dovesse essere sottoposto a dazi.
LA FIRMA SI AVVICINA Dopo l’elezione di Trump il Giappone ha creato una task force specifica: Brexit ha complicato i lavori ma si può chiudere in tre mesi