Il rialzo? L’impatto sulle blue chip sarà più forte
Quali posizioni avete sull’Italia?
La relazione tra azionario e inflazione è in qualche modo confusa: un aumento della pressione inflazionistica potrebbe spingere al rialzo i tassi d’interesse, causando inizialmente un “de-rating” nelle valutazioni di mercato (i tassi più elevati porteranno a una diminuzione del p/ e). Le azioni sul lungo termine hanno dimostrato di essere una buona qualità protettiva contro l’inflazione. L’attenzione poi deve andare su grandi società di impronta globale, relativamente immuni agli scossoni, come Campari, Luxottica, Ima, Prysmian e Fca.Le materie prime traranno bene- ficio dall’inflazione. A questo proposito un posizionamento dell’oro unhedged dovrebbe andare bene, sopratutto se la svalutazione della moneta è il driver principale dell’inflazione, come nel Regno Unito con il forte deprezzamento della sterlina. E a causa dell’inflazione crescente e dell’aumento dei tassi di interesse, si consiglia dir idurr el’ esposizione all’obliga-zionario e ridurre la durata.
Sull’azionario preferite large o small/medium cap?
Abbiamo un approccio bottom up e ricerchiamo società che presentino dei modelli economici superiori alla media. In Italia, queste caratteristiche si ritrovano quasi unicamente tra le small e mid cap. Brembo, Recordati o Amplifon ci sembrano rappresentare un’opportunità di lungo termine. Ma le large cap hanno sofferto molto negli ultimi anni e trattano a notevole sconto rispetto alle altre.
Quali titoli possono fare bene
nel medio termine?
Oltre ai titoli indicati, utilities come Enel, Snam, Italgas, Era ed Iren, sono sottovalutate e sono quindi opportunità nteressanti.
Un eventuale rialzo dei tassi che ripercussione avrà?
Guardando alle grandi società quotate italiane che si finanziano sul mercato anche tramite obbligazioni emerge un quadro di maggior indebitamento medio, non tanto in termini assoluti, ma piuttosto relativi alla capacità di generare margini. In media, nonostante i margini operativi rispetto al fatturato siano in linea, se non migliori dei concorrenti europei, il debito complessivo risulta proporzionalmente più elevato così come il costo medio dell’indebitamento, con una conseguente minor copertura delle spese per interessi. Inoltre, le aziende italiane, pur avendo beneficiato del generale contesto di ribasso dei tassi, mantengono scadenze mediamente più brevi e cedole medie più elevate. Quindi, un rialzo dei tassi impatterebbe maggiormente rispetto ai competitor europei.
Quali ne risentirebbero di più?
Le aziende maggiormente colpite saranno quelle con fondamentali creditizi più deboli, ossia leva più elevata e copertura degli interessi minore; maggior proporzione di debito a breve termine sul totale e quindi necessità di rifinanziarsi prima con tassi in rialzo.
Chiaramente la sensibilità al ciclo economico può avere un effetto duplice a seconda della ragione che c’è dietro al rialzo dei tassi: in caso di allargamento spread Paese una maggior esposizione al ciclo aumenterà l’impatto negativo, viceversa nel caso opposto. Tra i nomi notoriamente più indebitati ci sono Telecom, che ha tuttavia intrapreso la retta via e punta a una consistente riduzione della leva finanziaria, e nel settore delle costruzioni Astaldi e, in misura minore, Salini-Impregilo. A parte Mps, che gioca tutt’altra partita, le banche più fragili restano Banco Popolare, Carige e UniCredit, almeno fino al varo dell’aumento di capitale.