Il Pd si compatta su Gentiloni, nodo elezioni
Patto con Franceschini e Orlando: tutti sosterranno Renzi al congresso con liste autonome
Si va velocemente verso un esecutivo presieduto dall’attuale ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. E, forse, il governo completo dei suoi ministri sarà già in sella entro stasera, prima della riapertura dei mercati. In ogni caso la direzione del Pd che dovrà ratificare la scelta è già convocata per domani alle 12, ed è questo il primo segnale che la crisi sarà risolta velocemente come ha detto ieri lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il leader del Pd Matteo Renzi ha rinsaldato nella giornata di venerdì la maggioranza interna al partito, dopo le fibrillazioni dei giorni precedenti, attraverso una sorta di “patto congressuale” con Dario Franceschini e Andrea Orlando: non ci sarà alcuna candidatura di queste aree del partito contro di lui, ma sia Franceschini sia Orlando potranno, se lo vorranno, presentare liste autonome a sostegno del candidato comune in modo di guadagnare un loro peso specifico nella geografia del partito (la questione sarà decisa in sede di stesura del regolamento congressuale). Così Renzi ha potuto togliere dal tavolo l’ipotesi di un suo reincarico o di un suo rinvio alle Camere. E la delegazione del Pd è salita al Colle ieri sera con una sola vera opzione in tasca, anche se per rispetto del galateo istituzionale a Mattarella non sarebbero stati fatti nomi. «Abbiamo registrato un larghissimo rifiuto da parte delle opposizioni a un governo di responsabilità nazionale», sono le parole del capogruppo in Senato Luigi Zanda a nome della delegazione democratica. Composta, oltre che da Zanda, dal capo- gruppo alla Camera Ettore Rosato, dal vicesegretario Lorenzo Guerini e dal presidente Matteo Orfini. «Abbiamo quindi assicurato al Presidente Mattarella - continua Zanda - tutto il sostegno del Pd alla soluzione della crisi che egli riterrà più opportuna per portarci a un governo che dovrà affrontare le più urgenti emergenze del nostro Paese, tra le quali la legge elettorale. Tutto questo con l’obiettivo di andare al voto nei tempi più rapidi possibili».
Che il governo di responsabilità nazionale non avesse molte chance era chiaro prima ancora dell’inizio delle consultazioni, tanto che Mattarella ha scherzato con la de- legazione del Pd raccontando che molti sono entrati nella stanza del Quirinale adibita ai colloqui prevenendolo con la frase “Presidente, prima che ce lo chieda lei la nostra risposta è no”. E ieri sera è stata anche esclusa dal Pd la strada, che il Capo dello Stato comunque considera in queste ore di crisi, di un rinvio alle Camere di Renzi. Dunque si va verso un governo Gentiloni, sul quale non ci sarebbero ostacoli da parte di Mattarella, ferma restando la sua pausa di riflessione in piena autonomia. E l’intenzione di Renzi e del Pd è quella della minore discontinuità possibile, per non dare l’idea di una nuo- va fase bensì della fine di una fase e dell’ordinata transizione verso le elezioni. A cui come è noto il leader del Pd vuole arrivare il prima possibile, in primavera, mentre Mattarella ha ribadito anche pubblicamente che occorre «un governo nella pienezza delle sue funzioni» dal momento che «vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati. Si tratta di adempimenti e scadenze interni, europei e internazionali». Inoltre «c’è l’esigenza generale di una armonizzazione delle due leggi elettorali di Camera e Senato, condizione indispensabile per le elezioni».
Se c’è un punto di frizione tra Mattarella e Renzi, diciamo di agenda, è sempre quello della possibile data per il voto. Renzi vuole attendere la sentenza della Consulta per poi recepirla, al massimo con leggere modifiche introdotte dal Parlamento ma solo se c’è accordo con altri partiti, e andare velocemente alle urne. Presumendo che i giudici si esprimano direttamente il 24 gennaio, si possono ipotizzare elezioni già a fine marzo. In tempo per avere un governo eletto al G7 di maggio a Taormina. Renzi ha messo in conto anche la possibilità di andare alle urne a giugno, ultima finestra possibile prima della sessione di bilancio, ma preferirebbe la prima ipotesi. Ma un governo può nascere con una scadenza prefissata? E comunque non è opportuno che il Parlamento si riservi di intervenire sulla legge elettorale, certo nell’ambito dei confini che fisserà la Consulta ma senza limitarsi a ratificare la decisione dei giudici? Questi i nodi politici, tutti da sciogliere.
LEGGE ELETTORALE E URNE Renzi vuole attendere la Consulta, recepirne le indicazioni e andare al voto in tempo utile per avere un governo al G7 di maggio