Berlusconi: «No a larghe intese, tocca al Pd»
Nessuna sorpresa. Silvio Berlusconi ha illustrato al Capo dello Stato la stessa posizione che da giorni ha ribadito in pubblico e che si riassume nella formula «opposizione responsabile». Forza Italia non sarà disponibile «a sostenere un governo di larga coalizione», ha detto Berlusconi, accompagnato dai capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta, al termine dell’incontro con il Capo dello Stato. Per il Cavaliere tocca al Pd esprimere e sostenere il governo per quel che resta della legislatura, che l’ex premier si augura sia «la più breve possibile».
Ma il passaggio più significativo è laddove Berlusconi ribadisce pubbicamente la «considerazione per il senso di responsabilità istituzionale del presidente Mattarella» e la «fiducia nel suo ruolo di garante». Parole che non solo confermano il disgelo tra il Cavaliere e il Quirinale (con il quale si è intrattenuto anche sui temi di politica internazionale), ma soprattutto lasciano intendere che il leader di Fi punta sul ruolo di garante del Capo dello Stato anche con riferimento alle scelte dell’esecutivo e in particoare alla legge elettorale. «Abbiamo illustrato a Mattarella quella che ci sembra l’unica strada possibile, l’approvazione in tempi rapidi di una nuova legge elettorale condivisa per poi consentire agli italiani di esprimersi con il voto», ha aggiunto il Cavaliere.
Una posizione che si discosta sensibilmente da quella dei suoi principali alleati, Lega e FdI, che in prima battuta hanno invece chiesto al Capo dello Stato di consentire di andare «subito al voto» e non si mostrano interessati al confronto sulla legge elettorale.
Berlusconi è invece in piena sintonia con il Capo dello Stato. Il Cavaliere usa perfino la stessa terminologia del Presidente della Repubblica quando, a proposito della legge elettorale, sottolinea che deve rendere «omogenei» i sistemi di Camera e Senato» nonché - aggiunge - garantire «la corrispondenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza popolare». Ecco perché, nonostante la conferma di rimanere all’opposizione, non solo non si prodiga in dichiarazioni belligeranti né annuncia nuove manifestazioni come Salvini, ma si augura di poter contare su un governo pienamente operativo in tempi rapidi: «Speriamo...», ha confermato prima di lasciare il Quirinale per rientrare ad Arcore.
Nel colloquio con Mattarella, non sono stati fatti nomi. Neppure quello di Paolo Gentiloni. Anche perché l’unico premier che il leader di Fi non avrebbe davvero voluto a Palazzo Chigi è quello attualmente dimissionario. Un Renzi bis per Berlusconi avrebbe reso non solo più difficile il dialogo sulla legge elettorale, alla quale Fi intende «collaborare nel modo più costruttivo», ma anche lasciato al segretario del Pd la golden share sulla durata della legislatura.
Berlusconi non ha infatti tutta questa fretta di tornare alle urne. Non almeno sull’onda di un voto referendario, che sì ha travolto Renzi ma ha anche alimentato le ambizioni di chi, come Salvini, vorrebbe conquistare la leadership del centrodestra per portarlo su posizioni lepeniste. In questo quadro «un governo nella pienezza delle sue funzioni» - come ha anticipato il Capo dello Stato al termine delle consultazioni - offre a Berlusconi la possibilità di una interlocuzione privilegiata, di riaprire quel dialogo con la maggioranza che la fine del Nazareno e la rottura con Renzi avevano reso impraticabile. Adesso si ricomincia. E Berlusconi - come conferma la scelta di guidare ieri la delegazione di Fi - è intenzionato a gestire in prima persona la partita. Tant’è che mercoledì prossimo presiederà la riunione dei gruppi parlamentari di Fi e sempre per la primma settimana ha dato il via libera a un incontro con Salvini e Meloni per decidere la linea «comune».
RITORNO DA PROTAGONISTA L’ex premier ha intenzione di gestire in prima persona questa fase di transizione e mercoledì sarà lui a presiedere la riunione dei gruppi