Aliquota Inps in discesa ma con il dubbio assegni
Dopo il balletto degli ultimi anni, la legge di bilancio approvata in via definitiva settimana scorsa mette un punto fermo per i professionisti iscritti alla gestione separata dell’Inps. Dall’anno prossimo l’aliquota contributiva sarà del 25%, in via definitiva (più lo 0,72% che già oggi si applica per maternità, assegni familiari, malattia).
Le associazioni che danno voce a questi professionisti in passato hanno chiesto l’equiparazione ad artigiani e commercianti, che arriveranno al 24% nel 2018, ma gli interessati possono tirare un sospiro di sollievo, perché il progressivo innalzamento previsto dalla legge 92/2012, che avrebbe dovuto portare l’aliquota al 33% nel 2018, sembra definitivamente scongiurato. Inoltre c’è un vantaggio immediato, dato che già quest’anno si versa il 27 per cento.
Il balletto sull’aliquota previdenziale è iniziato nell’estate di quattro anni fa quando è stato deciso di equiparare progressivamente il valore in vigore per i liberi professionisti a quello dei lavoratori dipendenti. Peccato, però, che per questi ultimi gran parte dell’onere è a carico del datore di lavoro, mentre i primi devono far fronte interamente in prima persona, contando peraltro su redditi dichiarati mediamente inferiori ai 20mila euro all’anno. Così, ogni anno, è stato introdotto uno stop temporaneo all’aumento.
Secondo il governo il 25% garantirà comunque un tasso di sostituzione (rapporto tra ultima retribuzione netta e prima pensione) del 75-80%, lo stesso obiettivo previsto per i lavoratori dipendenti. Nel recente passato, invece, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha messo in guardia dal concedere troppi “sconti”, perché c’è il rischio di versare poco ma di avere una pensione da fame in futuro.
La gestione separata liquida pensioni solo con il metodo contributivo, per cui l’importo è diretta conseguenza dei contributi versati e dell’età di pensionamento. L’assegno medio in pagamento è di circa 165 euro, ma questo valore è poco significativo. Infatti circa quattro pensioni su cinque hanno un importo di circa 100 euro, ma sono “supplementari”, cioè il pensionato ne riceve almeno un’altra; il restante 20% ha un importo medio di circa 430 euro. Comunque poco.
L’adeguatezza delle pensioni, però, è anche un problema di carriera e di reddito: se durante la vita lavorativa si alternano periodi di attività ad altri di inattività e se il reddito è comunque basso, si fatica ad accumulare un montante contributivo adeguato e a maturare i requisiti minimi per il pensionamento, perché nella gestione separata a chi versa meno del minimale non viene accreditato tutto l’anno di anzianità, ma solo i mesi corrispondenti a quanto pagato.