I germogli della white economy
Dalla domotica all’e-health nuove competenze anti-disoccupazione
Iwhite jobs salveranno il lavoro dei giovani? Le statistiche, in questo caso, giocano a favore del sì. Anche negli anni bui della crisi, infatti, l’occupazione generata da tutte quelle attività, pubbliche e private, riconducibili a diverso titolo alla cura, all’assistenza e al benessere delle persone ha coinvolto 3,8 milioni di lavoratori, il 16,5% del totale nazionale.
Ma non solo: secondo il Censis, per ogni 100 euro spesi nell’ambito della white economy (per investimenti, per aumentare la produzione o per migliorare i servizi) si attiverebbero 158 euro di reddito complessivo nel sistema economico nazionale. E cento nuove unità di lavoro (le cosiddette Ula) sarebbero in grado di generare 133 unità di lavoro in altre aree dell’economia italiana. Effetto leva non da poco, soprattutto in tempi di recessione.
Questo terreno favorevole è frutto, da un lato, del progressivo invecchiamento della popolazione, che alimenta la domanda di servizi socio-sanitari e assistenziali; dall’altro, è legato alla maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro, che sostiene la richiesta di servizi sostitutivi delle attività domestiche. Ma Italia Lavoro, l’agenzia tecnica che ora fa capo all’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive, ha individuato molti altri fattori di cambiamento, a partire da progresso tecnologico, ricerca e sviluppo, diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione (e-health) e della domotica, crescita del welfare aziendale.
«Nei prossimi anni ci sarà un forte incremento della domanda di professionalità variamente riconducibili al settore dei white jobs - commenta Maurizio Del Conte, presidente dell’Anpal -. In campo medico e paramedico crescerà il fabbisogno di tecnici dell’informazione sanitaria e di medici e infermieri dotati anche di competenze tecniche adeguate alla crescente diffusione dell’e-health. D’altra parte, la progressiva domiciliazione dei servizi al- la famiglia favorisce il diffondersi della home automation, con la domanda di programmatori e tecnici dei sistemi domotici, e impone più elevati standard di specializzazione anche per professioni tradizionalmente poco qualificate come badanti, colf e baby sitter. È interessante, a questo proposito, la sperimentazione della badante di condominio, che deve essere capace di offrire sia assistenza alla persona sia servizi relativi all’amministrazione domestica e alle attività familiari».
Che fare, dunque, per favorire l’incrocio tra domanda e offerta? «I giovani vanno orientati verso percorsi formativi rispondenti alla reale domanda di figure professionali - risponde Del Conte - ed è necessario che le aziende e gli enti, anche del non profit, abbiano sempre più rapporti con le università, gli Its e i centri di ricerca».
Italia Lavoro ha identificato 28 figure innovative e figure con competenze innovative, fiori all’occhiello delle tante anime della white economy: servizi sanitari e sociali, biotecnologie, bioscienze e industria farmaceutica, attività riconducibili a informatica, digitalizzazione ed e-health, industria del benessere e silver economy, non profit e agricoltura sociale.
Qualche esempio? Il care manager dei servizi sanitari e sociali è l’infermiere di supporto ai malati cronici nello svolgimento del piano di cura; il facilitatore digitale dei servizi sanitari e sociali è invece un tecnico informatico che offre supporto digitale ai cittadini. E ancora: il welfare platform designer dei servizi sanitari e sociali è capace di usare modelli di sharing economy per il welfare sanitario, mentre l’esperto in scienze nutraceutiche utilizza gli alimenti a scopo terapeutico.