Il romanzo e il porno
Un vecchio pregiudizio culturale ci spinge ad assegnare la sfera della pornografia ai piani bassi dell’espressione estetica, quella dell’erotismo (che allude senza esibire) all’arte sofisticata. Da un po’ di anni a questa parte, tuttavia, materiale e sguardo d’ispirazione pornografica vengono usati sempre più spesso, nel romanzo contemporaneo, a scopi intellettuali. Lo schema si rovescia: con le finezze e le cautele dell’erotismo si balocca soprattutto la narrativa d’intrattenimento, mentre la letteratura più ambiziosa si rivolge all’osceno.
Il romanzo italiano non fa eccezione. Gli ultimi romanzi di Antonio Moresco, Aldo Nove e Walter Siti non solo impiegano dosi massicce di pornografia, ma (come ha notato di recente Raffaele Donnarumma) la caricano di significati filosofici e quasi religiosi. Qualcosa di analogo, mi pare, nelle prove recenti di scrittori più giovani; con sfumature di stile differenti - dall’apocalittico al pop - ma una comune volontà di ’liricizzare’ la pornografia. L’enfasi è la stessa, le interpretazioni possono essere opposte. Il protagonista di Dalle rovine, di Luciano Funetta, è un performer destinato a realizzare uno snuff movie artistico e definitivo («il porno ormai funzionava come una malattia e loro avrebbero soltanto dovuto avere pazienza, mentre il film percorreva il pianeta alla velocità della luce»); l’eroe di L’amore ai tempi di Batman, di Massimilano Parente, si innamora di una vera pornostar, l’attrice Sasha Grey («La masturbazione solitaria su internet non è una malattia ma la cifra stilistica della mia generazione»).
Candore di Mario Desiati, appena uscito, merita un discorso a parte, perché integralmente costruito su un personaggio, Martino Bux, che ha la storia del porno «cucita addosso». Da adolescente, al sud, fa in tempo a frequentare le vecchie sale a luci rosse; l’hard lo seduce non tanto per la meccanica degli atti, quanto per quella dei travestimenti, dei dettagli e delle attese («la gioia del porno è il momento che precede l’ingresso in scena della tua eroina»). Ma quando Martino arriva a Roma per iscriversi all’Università, i cinema e i teatri a luci rosse vengono sostituiti prima dalle videocassette, poi dai filmati in rete. Con le connessioni veloci la pornografia smette di essere un culto clandestino per diventare un fenomeno di massa; Martino però non è come tutti, la dipendenza dall’ hard gli serve per fuggire dai doveri adulti, dalla società, dalla famiglia, perfino dal nuovo porno amatoriale e violento, che non fa per lui («troppo fisico, troppa performance, troppa guerra»). Le immagini in cui si rifugia, i locali in cui passa le notti diventano il suo unico contatto col mondo - il mondo stesso, e alla fine il romanzo, si riducono a un «film mentale», a sfondo pornografico, emozionante come una liberazione ma chiuso come un carcere.
Nonostante alcuni limiti sentimentalistici e di progettazione, Candore segna un salto di qualità nella carriera di Desiati. I suoi romanzi precedenti trafficavano con una strana miscela di impegno e melodramma (fabbriche velenose, precarietà assortite, meridioni tragici e fiabeschi); ora emerge un paesaggio convincente e personale - ed è significativo che anche in questo caso sia proprio il porno a funzionare come banco di prova per una vocazione letteraria che vuole far sul serio. Resta da chiedersi come mai tanto diffuso interesse per questo immaginario specifico. Certo, il romanzo nasce dalla curiosità del quotidiano: se il porno, facendosi di massa, ne è diventato un aspetto saliente, il romanzo non potrà che avvicinarsi. Eppure per gli scrittori di cui stiamo parlando il porno è proprio ciò che nega, o annulla, il quotidiano: perché lo intensifica, e perché ne trasgredisce gli interdetti. In questo può rivelarsi un modello estetico vincente: ha il compito primario di eccitare esibendo, ma l’eccitazione e l’esibizionismo (misti a un certo tipo di trasgressività) sono precisamente lo strumento di molta arte di oggi, anche mainstream. E poi, contenuti a parte, il porno di massa parla di noi attraverso la forma: coi suoi clip di pochi minuti dimostra quanto siano diventati importanti la frammentarietà, l’energia, il ’sembrar vero’ delle immagini.
Potrebbe sembrare contraddittorio parlare di realismo per una dimensione, quella dell’hard, in cui spadroneggiano da sempre le convenzioni e i cliché. Ma dopotutto consideriamo pornografico quel cinema in cui un atto sessuale è compiuto davvero; se gli attori normali possono limitarsi a recitare, gli attori hard devono essere. Forse il porno attira tanto gli scrittori perché sembra incarnare quell’esigenza di realismo radicale che oggi è il sogno di molta estetica contemporanea. O, più profondamente, perché nel momento stesso in cui lo incarna, ne segnala anche i limiti. Dominato dall’imperativo di mostrare ’tutto’, il porno non può non suggerirci il sospetto che dietro le immagini ci sia ’altro’, e che quell’altro non sia rappresentabile. La nota ripetitività della pornografia segnala tra l’altro la presenza di questo limite invalicabile - l’ impossibilità di esaurire e capire il desiderio alleviata dal piacere di spiarne all’infinito le poche scene-madre.
Anche Candore ha una struttura accumulativa, o meglio spiraliforme; anche Martino si rifiuta di cambiare e di conoscersi, anche lui vorrebbe prolungare l’illusione. «Se fosse possibile fotografare lo stato d’animo del sesso pornografico, assomiglierebbe a una libellula, soave e leggera da lontano, un orrendo bruco sollevato da ali trasparenti quando tutto è finito. La salvezza era nelle ali trasparenti, prolungarne il battito il più a lungo possibile». Ma il romanzo - inteso come genere - non ama le illusioni. Per uscire dall’ impasse conoscitiva (ammesso che uscirne si voglia) non bastano le ali, cioè le immagini, servono le parole. Parole romanzesche, che raccontino la storia e le ragioni di quel bruco. Per questo, forse, la letteratura si sta avvicinando alla pornografia: per completarla.