Il Sole 24 Ore

Berlino, per la strage caccia a un tunisino

L’autore dell’attacco ai mercatini di Natale, Anis Amri, era stato in carcere per 4 anni in Sicilia

- Roberta Miraglia

Era sotto inchiesta in Nordreno-Vestfalia perché sospettato di preparare un attacco terroristi­co Anis Amri, il tunisino ricercato adesso in tutta l’area Schengen per la strage al mercatino di Natale. E la polizia di Berlino lo aveva tenuto sotto sorveglian­za da marzo a settembre per i suoi legami con un predicator­e salafita, vicino all’Isis, arrestato a novembre insieme ad altri quatto uomini. A inizio anno la procura generale della capitale era stata allertata dall’intelligen­ce: il ragazzo aveva intenzione di commettere un furto per comprare armi automatich­e da usare in un attentato. Lo hanno riferito ieri ai media tedeschi gli stessi inquirenti, aggiungend­o che non erano però emersi elementi concreti.

Lo scenario peggiore per Angela Merkel e il suo governo, accusato nelle ore successive alla strage di scarsa efficienza, si è materializ­zato con l’identità e la storia del principale responsabi­le dei dodici morti e cinquanta feriti falciati lunedì sera da un Tir tra le bancarelle della Breitschei­dplatz. Non solo. L’attentator­e da mesi avrebbe dovuto essere deportato nel suo paese dopo il rifiuto di asilo ricevuto a giugno ma la procedura è rimasta impigliata tra errori di traduzione e difficoltà della Tunisia a riconoscer­e Amri come un proprio cittadino.

Il terrorista di Berlino, 24 anni, era approdato nel febbraio 2011 in Italia da immigrato illegale e qui ha trascorso quattro anni in carcere per aver dato fuoco al centro di accoglienz­a di Lampedusa dove era ospitato. Amri aveva quindi lasciato l’Italia e nel luglio 2015 era entra- to in Germania, nel Baden-Württember­g, per poi spostarsi in Nordreno- Vestfalia. E, da febbraio 2016, a Berlino. È plausibile che la radicalizz­azione del criminale comune, condannato anche in Tunisia per reati contro il patrimonio, sia avvenuta proprio in Germania, ad opera di gruppi radicali salafiti.

La ricostruzi­one è stata resa possibile dal permesso provvisori­o di Amri trovato nella cabina del camion. Di nuovo, dunque, un terrorista è stato identifica­to grazie a do- cumenti lasciati sul luogo del delitto così come era accaduto a Parigi dopo l’eccidio di Charlie Hebdo. Il ricercato per i fatti di Berlino, peraltro, nei cinque anni trascorsi in Europa ha usato diverse finte identità e il suo percorso criminale susciterà nuove polemiche sull’efficacia del coordiname­nto tra autorità. Se ne è avuto un assaggio ieri con la leader del movimento populista Alternativ­a per la Germania scatenata contro la linea politica di Merkel: «Il tunisino ha molteplici identità - ha twittato Frauke Petry - di quale altra prova abbiamo bisogno per dimostrare la perdita assoluta del controllo della situazione da parte del governo?».

Errori, mancate comunicazi­oni tra Länder e tra Stati nazionali: a Berlino come a Parigi e Bruxelles si ripete la debacle dell’intelligen­ce europea non sempre aiutata in maniera efficiente dai paesi di origine dei jihadisti. Ne ha dato conferma il ministro dell’Interno del Nordreno-Vestfalia, Ralph Jäger, squarciand­o il velo sui tentativi di rimpatriar­e il jihadista. «A giugno 2016 la sua domanda di asilo è stata rifiutata dall’Ufficio federale per i rifugiati ma non è stato possibile espellerlo perché non aveva documenti di identità in regola» ha spiegato Jäger. Ad agosto era stata quindi avviata la procedura per la preparazio­ne di un documento sostitutiv­o del passaporto «ma la Tunisia - ha continuato il ministro - ha negato che questa persona fosse un suo cittadino». Fino alla beffa: «I documenti necessari alla deportazio­ne, guarda caso, sono arrivati oggi. Non intendo commentare oltre» ha concluso.

Non è il momento delle polemiche, questo. La Germania ha una priorità: trovare Amri, tanto che la polizia ha chiesto aiuto alla popolazion­e, offrendo una ricompensa di 100mila euro a chi fornirà informazio­ni determinan­ti per l’arresto. Avvertendo: «L’uomo potrebbe essere violento e armato». Ieri notte due appartamen­ti sono stati perquisiti a Berlino senza successo.

Adesso in Germania è il momento del lutto e del tributo a Lukasz Urban, l’autista polacco morto da eroe, cercando di impedire al terrorista di investire la folla con il Tir mentre veniva colpito con un coltello. Urban era ancora vivo al momento dello schianto, l’assassino lo avrebbe ucciso con un’arma da fuoco prima di lasciare la cabina e fuggire.

GLI SVILUPPI La polizia tedesca ha messo una taglia di 100mila euro Il sacrificio dell’autista polacco per deviare il camion dalla folla

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Anti camion. La posa di blocchi di cemento in un mercato natalizio berlinese
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EPA Ricercato. Il terrorista tunisino Anis Amri

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