«Modello Atlantia» per il nuovo molo E
C’è un modello industriale originale, «modello Atlantia» o «modello Castellucci», dietro i lavori e l’inaugurazione dello «scalo E» dell’Aeroporto di Fiumicino.
Ipilastri fondanti di questo «modello Atlantia» - e ricerca di un quadro regolatorio certo con uno scambio chiaro fra investimenti realizzati e aumenti tariffari pagati dalle compagnie, r pianificazione con una correlazione stretta fra infrastruttura e servizi forniti al mercato e alla clientela, t realizzazione a modello misto fra contractor “interni” in posizione di controllo di costi, progetti e tempi (Pavimental) e appaltatori “esterni” in posizione di esecuzione - raccontano differenze abissali con il confuso e lento mondo dei lavori pubblici.
La firma del contratto di programma con lo Stato - che ha chiuso una fase durata dieci anni senza “contratto” fra gestore e Stato - e l’arrivo in Adr del «gruppo Atlantia», coeso e determinato dopo i successi autostradali che hanno portato anche lì crescita degli investimenti e abbattimento del tasso di mortalità, sono i due passaggi decisivi che hanno consentito l’accelerazione dei lavori, passati da un ritmo di 53 milioni nel 2012 ai 130 del 2013, ai 168 del 2014, ai 323 del 2015 e ai 430 circa testimoniati dal preconsuntivo 2016.
Il risultato “fisico” è una struttura aeroportuale compatta e concentrata, con basso consumo di suolo e una visione dello scalo che lavora ricostruendo e crescendo su se stesso. Più una grande attenzione ai servizi per quello che è stato a lungo uno degli scali “maglia nera” in Europa e ora vanta di aver recuperato molto terreno. Non tutto è finito, c’è ancora molto da lavorare, in termini quantitativi e qualitativi, ma il segno di discontinuità si vede.
C’è un altro aspetto del «modello Atlantia» che ha funzionato e che forse consente un passo avanti in più nella conoscenza di cosa sia utile fare quando c’è in ballo la realizzazione di infrastrutture. È un management che sa quello che vuole anche tecnicamente (più ingegneri e meno avvocati) e che persegue con determinazione gli obiettivi. In altre parole, una stazione appaltante “forte” che ha strumenti e visione del proprio lavoro e di un rigoroso cronoprogramma per svolgerlo.
Un elemento da tenere in considerazione anche nella discussione un po’ astratta ma molto di attualità sulla riforma degli appalti: quando si parla di requisiti o qualificazione per selezionare drasticamente le decine di migliaia di stazioni appaltanti italiane, tutti questi elementi - a partire dalla formazione del management e del personale - andrebbero attentamente valutati. Se il Paese vuole davvero ricominciare a correre.