Il Sole 24 Ore

Il fianco scoperto dell’Europa

- di Roberto Bongiorni

Non stupisce che l’uomo sospettato di aver portato a termine l’attentato di Berlino sia un giovane tunisino. Sono ormai tre anni che la Tunisia è sotto i riflettori dei media internazio­nali per essere divenuta uno dei maggiori serbatoi di aspiranti jihadisti diretti a combattere con l’Isis o a seminare il terrore in Europa.

La Tunisia, il Paese arabo conosciuto come il più “laico”, e il solo ad esser uscito dalle rivolte popolari del 2011 con un credibile processo di transizion­e democratic­a, vanta anche un triste primato: è il Paese che ha fornito più combattent­i all’Isis. Sono infatti più di 4mila i tunisini, perlopiù giovani, ad essere partiti per Siria e Iraq.

Il pericolo che si annida sulla sponda sud del Mediterran­eo, a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane, è reale. Perché diversi giovani radicalizz­ati si trovano in Europa. Poco importa che abbiano combattuto in Siria, oppure siano lupi solitari adescati via internet. I sanguinosi attentati terroristi­ci contro gli stranieri avvenuti prima al museo del Bardo di Tunisi, nel marzo del 2015, e poi sulla spiaggia di Sousse, tre mesi dopo, hanno confermato la deriva salafita che ha investito parte della società tunisina.

Al pari di Francia e Regno Unito, la Germania è uno dei paesi europei più esposti. Le autorità tedesche ritengono che dal 2012 almeno 800 persone, in buona parte di cittadinan­za tedesca, siano partiti per Siria e Iraq . Di queste – ed è il dato che più preoccupa – più di 250 sarebbero rientrate in Germania.

Anis Amri, questo sarebbe il nome del 24enne ricercato dalla polizia di tutta Europa, proveniva dal Governator­ato di Kairouan, l’antica città tunisina nota per essere una roccaforte del salafismo nordafrica­no. Il luogo da cui proveniva anche il giovane attentator­e di Sousse. E secondo le prime indiscrezi­oni potrebbe essere legato proprio alla cellula salafita che organizzò l’attacco sulla spiaggia, dove morirono sotto i colpi di khalasniko­v 38 persone, la maggior parte turisti europei.

Per quanto non sembra finora che Amri abbia combattuto in Siria, il suo profilo ricalca quello di altri nordafrica­ni radicalizz­ati in circolazio­ne per l’Europa. È una storia come altre, dove l’emarginazi­one sociale, i precedenti per criminalit­à – Amri aveva scontato quattro anni di detenzione in Itala e aveva altri precedenti penali - e la successiva radicalizz­azione, che avviene spesso in Europa, sono un filo conduttore comune a tanti lupi solitari o foreign fighters.

Sempre secondo i media tedeschi Amri potrebbe aver fatto parte proprio del gruppo salafita guidato da Abu Alla, un predicator­e, ma anche reclutator­e per l’Isis, arrestato in novembre dalle autorità tedesche che agivano tra Bassa Sassonia e Nordreno-Vestfalia.

Le indagini ci diranno se lui è davvero l’uomo che ha effettuato l’attentato di lunedì sera, se era un lupo solitario, oppure aveva legami con l’Isis. Resta il fatto che oggi la minaccia terroristi­ca è forse più alta di prima. Indebolita su fronte interno, l’Isis sta cercando di esportare il terrore in Europa. I Paesi europei devono essere quanto mai vigili. Le rispettive intelligen­ce sono chiamate ad una maggiore collaboraz­ione e condivisio­ne delle informazio­ni.

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