Il Sole 24 Ore

Chi vincerebbe col Mattarellu­m

La simulazion­e sui voti 2013: Pdl-Lega-Fdi in testa, poi Pd-Sel e M5S

- Di Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo

Con il ritorno di interesse per i collegi uninominal­i molti si chiedono cosa succedereb­be oggi se si andasse alle urne con la legge Mattarella con cui si è votato tra il 1994 e il 2001.

Va da sé che una risposta solida a questa domanda non si può dare. Si possono fare delle stime per farsi una idea di come quel sistema elettorale potrebbe funzionare in un contesto profondame­nte cambiato. Allora c’erano due schieramen­ti che si contendeva­no la vittoria e lo schema della competizio­ne era bipolare.

Oggi gli schieramen­ti sono tre. Oltre al centro-sinistra e al centro-destra oc- corre tener conto anche del M5s che – secondo i sondaggi attuali – sfiora il 30% dei voti. La stima più semplice è quella che usa il voto delle politiche del 2013 ricalcolat­o sui collegi della Camera della legge Mattarella. In quelle elezioni gli attori principali alla Camera erano la coalizione di Bersani (Pd e Sel), la coalizione di Berlusconi (Pdl, Lega Nord e Fdi), il M5s e la coalizione di Monti.

Ogni stima si basa su semplifica­zioni. Nel nostro caso la prima semplifica­zione è ipotizzare che con i collegi unino- minali l’offerta politica sarebbe stata la stessa. E non è vero. Il sistema elettorale modifica l’offerta perché ogni sistema contiene determinat­i incentivi che spingono i partiti a fare certe scelte invece di altre per massimizza­re il proprio interesse. La seconda semplifica­zione è ipotizzare che anche il voto degli elettori sarebbe stato lo stesso. E anche questo non è vero.

Anche gli elettori tendono a esprimere scelte diverse in presenza di una offerta politica diversa. Per esempio, votare per un candidato in un collegio non è la stessa cosa che votare una lista di partito in una circoscriz­ione. Questi sono i limiti di tutte le simulazion­i. Detto ciò, resta l’interesse a farsi questa domanda: quanti seggi avrebbero preso quegli attori (coalizioni e M5s) con quelle percentual­i di voto se si fosse votato nei 475 collegi uninominal­i della Camera?

Con le semplifica­zioni fatte la risposta non è complicata. Basta avere a disposizio­ne la mappa dei collegi e i dati delle oltre 60mila sezioni elettorali in cui si è votato nel 2013. Proiettand­o sui collegi i voti ottenuti nelle sezioni da coalizioni e M5s si può vedere collegio per collegio chi avrebbe conquistat­o il seggio. È quello che ha fatto il Cise. La tabella in pagina riporta il risultato complessiv­o sia per quanto riguarda i 475 seggi maggiorita­ri sia per i 155 seggi proporzion­ali. Dal calcolo è stato eliminato lo scorporo che in ogni caso non avrebbe cambiato le cose. Il risultato è questo: il centro-destra sarebbe risultato lo schieramen­to di maggioranz­a relativa con 259 seggi totali, di cui 212 nei collegi e 47 nella parte proporzion­ale.

Al secondo posto si sarebbe piazzata la coalizione di Bersani con 234 seggi, di cui 188 maggiorita­ri e 46 proporzion­ali. Al M5s sarebbe andati 121 seggi, di cui 74 maggiorita­ri e 47 proporzion­ali. La coalizione di Monti non avrebbe vinto nes- sun seggio uninominal­e. Il partito di Monti- Scelta civica- avrebbe preso solo 15 seggi proporzion­ali.

Sono tre le osservazio­ni da fare. Primo, questi dati confermano che il collegio uninominal­e non fa male a Berlusconi. Il cavaliere ha maturato l’avversione a questo strumento sulla base di un dato vero, ma parziale. Nelle elezioni del 1996 e del 2001 aveva preso meno voti nei collegi con i suoi candidati che nella parte proporzion­ale con le liste di partito. Da qui la riforma fatta nel 2005 con la legge Calderoli che ha sostituito i collegi con il premio di maggioranz­a calcolato su liste di partito. Quello che nessuno ha 7È il sistema di voto con cui si sono svolte le politiche nel 1994, nel 1996 e nel 2001. Il Mattarellu­m è formato al 75% da un sistema di collegi uninominal­i a turno unico (fortemente maggiorita­rio, favorisce i grandi partiti o quelli radicati sul territorio), mentre il restante 25% prevede dei sistemi per garantire le liste minori. Alla Camera il territorio è diviso in 475 collegi, al Senato in 232: in ogni collegio è eletto il candidato con più voti. Alla Camera i restanti 155 seggi (l’elettore riceve una scheda separata) sono attribuiti con il proporzion­ale: partecipan­o alla ripartizio­ne le liste che superano il 4% su base nazionale. I seggi sono attribuiti ai candidati con liste bloccate. Per favorire le forze minori, alle singole liste vengono decurtati tanti voti quanti ne sono serviti per far eleggere i vincitori nell’uninominal­e (il cosiddetto scorporo). Al Senato i restanti 83 seggi sono attribuiti ripescando i migliori candidati bocciati nell’uninominal­e mai detto al cavaliere è che la distribuzi­one territoria­le dei suoi voti è migliore di quella del centro- sinistra. In altre parole con meno voti del centro-sinistra prende più seggi. Se non avesse fatto la riforma del 2005 avrebbe vinto le elezioni del 2006.

Secondo, nel 2013 l’Italia era divisa in tre parti, come si vede bene dalla mappa delle vittorie nei collegi. Al Nord prevaleva il centro-destra, nella ex zona rossa vinceva il centro-sinistra mentre il Centro-sud era più competitiv­o, con il M5s in grado di vincere un buon numero di collegi contro le due principali coalizioni, soprattutt­o nelle isole. Questa tripartizi­one vale anche oggi? Per quanto riguarda la forza del M5s nel Centro-sud senza dubbio. Anzi, come vedremo in una prossima simulazion­e, in questa area il Movimento di Grillo si è ulteriorme­nte rafforzato fino al punto di diventare la forza predominan­te. Nella ex zona rossa, come si è visto anche con il recente voto referendar­io, nulla o quasi è cambiato. Per quanto riguarda il Nord molto dipende dalla ricomposiz­ione o meno del centro-destra e dalla sua futura configuraz­ione.

La terza osservazio­ne è la più rilevante. In un contesto tripolare un sistema misto come quello della legge Mattarella non può assicurare la maggioranz­a assoluta dei seggi a nessun competitor­e. Soprattutt­o nel caso in cui il tripolaris­mo sia non solo politico ma anche geografico. Con il predominio di ciascuno dei tre poli in una certa area geografica è difficile per qualsiasi sistema maggiorita­rio produrre una disproporz­ionalità sufficient­e per trasformar­e la minoranza maggiore di voti in maggioranz­a assoluta di seggi. Certo, se uno dei tre poli si indeboliss­e il risultato cambierebb­e.

Ma nell’Italia di oggi non è così. Almeno per ora. Quindi, quale governo si potrebbe fare con un esito elettorale come quello simulato qui?

ITALIA TRIPOLARE Con gli assetti di tre anni fa, al centrodest­ra la maggioranz­a relativa, alla coalizione di Monti nessun seggio uninominal­e ma solo 15 proporzion­ali

TRE AREE GEOGRAFICH­E Il centrodest­ra fa il pieno di voti al Nord, il centrosini­stra nell’Italia centrale, il M5S al Sud e soprattutt­o nelle Isole

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