Con chi si schierano i soci sotto il 2%
Afar trapelare l’idea che si stanno formando gli schieramenti è stato lo stesso Silvio Berlusconi:l’ex premier, quando parla, è uno da prendere tremendamente sul serio, anche se scherza. E se al Quirinale tra una battuta sulla Juventus e sul Milan ha infilato un sibillino riferimento ad «amici pronti a difendere l’italianità di Mediaset», schierandosi al suo fianco, vuol dire che qualcosa si muove. E che si stanno formando degli schieramenti.
Su chi può contare Bollorè nella sua manovra di accerchiamento? In primis, e in via assolutamente teorica, i suoi connazionali. Dentro Mediaset gli investitori con passaporto francese, e che potrebbero sostenere Vivendi per spirito nazionalista, sono una pattuglia nutrita: da Bnp Paribas ad Axa, da SocGen alla stessa Repubblica di Francia. Valgono un pacchetto rotondo del 4%. Il gioco dell’Opa degli schieramenti è del tutto ipotetico: al momento, non è dato sapere da chi Vivendi abbia comprato, dunque gli investitori che risultano a libro soci (anche sotto la soglia rilevante del 2%) potrebbero nel frattempo non esserlo più. Per arrivare al 26%, d’altro canto, Vivendi da qualcuno deve pur aver comprato: per esempio da Fidelity. Uno dei più grandi investitori mondiali, nei mesi passati ha limato la sua quota (vendendo 1 milione di azioni su un totale di 34); anche il fondo Sovrano della Norvegia, Norges Bank, pare abbia limato la sua quota (dal 2,4% all’1,89%). Si sarebbe già schierato sul versante francese pure Lazard: la banca d’affari americana fondata Andre Meyer (storico amico di Enrico Cuccia) è uno dei principali azionisti del Biscione, forte di 4,86 per cento. Pacchetto che, però, pare sia stato consegnato a Bollorè (anche se non c’è conferma ufficiale).
Il raider venuto dalla Bretagna potrebbe anche avere appoggi esterni, non necessiariamente solo quelli strettamente legati alla nazionalità. Nella Top Ten dei principali soci del colosso tv italiano spiccano anche ben tre hedge fund: Vanguard (1,26%); Mitchell (1,07%) e Grantham, Mayo, Van Otterloo (1,99%). In totale fa oltre un 4% in mano a fondi speculativi che, in teoria, sono più disposti a spalleggiare chi tenta una scalata rispetto a chi si difende, perché garantisce più guadagni. Al conquistatore francese potrebbe infine anche arrivare un sostegno da Trieste? Tra gli azionisti di Mediaset fanno capolino, con uno 0,5% le Assicurazioni Generali. Il Leone di Trieste ha come azionista di riferimento Mediobanca, dove Bollorè è uno dei soci forti. Come si schiererà? Sommando tutte questi del tutto ipotetici appoggi, Vivendi conterebbe su un fronte del 36% potenziale; che sarebbe addirittura un 40% se i francesi avessero già raggiunto l’annunciata soglia del 30%, il che vorrebbe dire che Bollorè avrebbe la stessa quota di Berlusconi. Più incerta, per definizione, la posizione degli istituzionali: Mackenzie e T.Rowe Price (che fanno un altro 3%) per statuto sono investitori «long only», ossia di lungo periodo: possibile che decidano di mantenersi neutri.
Sul fronte italiano, invece, gli amici che Berlusconi ha citato valgono al momento un po’ meno del 3% (2,84%): si possono ipoteticamente attribuire in quota Berlusconi i pacchetti delle banche tricolori Intesa SanPaolo, Banca Sella, Unicredit, Finnat; e dei fondi di investimento Anima(partecipata da Poste Italiane, ossia la divisione Risparmio Gestito del Governo), Azimut di Pietro Giuliani, Kairos di Paolo Basilico, Arca ed Ersel. Ma il vero jolly del Cavaliere si chiama Ennio Doris: lo storico socio d’affari di Silvio (e anche uno dei suoi consiglieri più ascoltati) potrebbe arrivare in soccorso. Mediolanum, la banca fondata da Doris proprio grazie ai capitali di Berlusconi negli anni ’80 (e tuttora azionista col 35%), ha oggi una piccola fiche dello 0,35% di Mediaset. Ma chissà che Doris non decida di scendere in campo a difendere l’amico Silvio.