Il Sole 24 Ore

Con chi si schierano i soci sotto il 2%

- di Simone Filippetti e Andrea Franceschi

Afar trapelare l’idea che si stanno formando gli schieramen­ti è stato lo stesso Silvio Berlusconi:l’ex premier, quando parla, è uno da prendere tremendame­nte sul serio, anche se scherza. E se al Quirinale tra una battuta sulla Juventus e sul Milan ha infilato un sibillino riferiment­o ad «amici pronti a difendere l’italianità di Mediaset», schierando­si al suo fianco, vuol dire che qualcosa si muove. E che si stanno formando degli schieramen­ti.

Su chi può contare Bollorè nella sua manovra di accerchiam­ento? In primis, e in via assolutame­nte teorica, i suoi connaziona­li. Dentro Mediaset gli investitor­i con passaporto francese, e che potrebbero sostenere Vivendi per spirito nazionalis­ta, sono una pattuglia nutrita: da Bnp Paribas ad Axa, da SocGen alla stessa Repubblica di Francia. Valgono un pacchetto rotondo del 4%. Il gioco dell’Opa degli schieramen­ti è del tutto ipotetico: al momento, non è dato sapere da chi Vivendi abbia comprato, dunque gli investitor­i che risultano a libro soci (anche sotto la soglia rilevante del 2%) potrebbero nel frattempo non esserlo più. Per arrivare al 26%, d’altro canto, Vivendi da qualcuno deve pur aver comprato: per esempio da Fidelity. Uno dei più grandi investitor­i mondiali, nei mesi passati ha limato la sua quota (vendendo 1 milione di azioni su un totale di 34); anche il fondo Sovrano della Norvegia, Norges Bank, pare abbia limato la sua quota (dal 2,4% all’1,89%). Si sarebbe già schierato sul versante francese pure Lazard: la banca d’affari americana fondata Andre Meyer (storico amico di Enrico Cuccia) è uno dei principali azionisti del Biscione, forte di 4,86 per cento. Pacchetto che, però, pare sia stato consegnato a Bollorè (anche se non c’è conferma ufficiale).

Il raider venuto dalla Bretagna potrebbe anche avere appoggi esterni, non necessiari­amente solo quelli strettamen­te legati alla nazionalit­à. Nella Top Ten dei principali soci del colosso tv italiano spiccano anche ben tre hedge fund: Vanguard (1,26%); Mitchell (1,07%) e Grantham, Mayo, Van Otterloo (1,99%). In totale fa oltre un 4% in mano a fondi speculativ­i che, in teoria, sono più disposti a spalleggia­re chi tenta una scalata rispetto a chi si difende, perché garantisce più guadagni. Al conquistat­ore francese potrebbe infine anche arrivare un sostegno da Trieste? Tra gli azionisti di Mediaset fanno capolino, con uno 0,5% le Assicurazi­oni Generali. Il Leone di Trieste ha come azionista di riferiment­o Mediobanca, dove Bollorè è uno dei soci forti. Come si schiererà? Sommando tutte questi del tutto ipotetici appoggi, Vivendi conterebbe su un fronte del 36% potenziale; che sarebbe addirittur­a un 40% se i francesi avessero già raggiunto l’annunciata soglia del 30%, il che vorrebbe dire che Bollorè avrebbe la stessa quota di Berlusconi. Più incerta, per definizion­e, la posizione degli istituzion­ali: Mackenzie e T.Rowe Price (che fanno un altro 3%) per statuto sono investitor­i «long only», ossia di lungo periodo: possibile che decidano di mantenersi neutri.

Sul fronte italiano, invece, gli amici che Berlusconi ha citato valgono al momento un po’ meno del 3% (2,84%): si possono ipoteticam­ente attribuire in quota Berlusconi i pacchetti delle banche tricolori Intesa SanPaolo, Banca Sella, Unicredit, Finnat; e dei fondi di investimen­to Anima(partecipat­a da Poste Italiane, ossia la divisione Risparmio Gestito del Governo), Azimut di Pietro Giuliani, Kairos di Paolo Basilico, Arca ed Ersel. Ma il vero jolly del Cavaliere si chiama Ennio Doris: lo storico socio d’affari di Silvio (e anche uno dei suoi consiglier­i più ascoltati) potrebbe arrivare in soccorso. Mediolanum, la banca fondata da Doris proprio grazie ai capitali di Berlusconi negli anni ’80 (e tuttora azionista col 35%), ha oggi una piccola fiche dello 0,35% di Mediaset. Ma chissà che Doris non decida di scendere in campo a difendere l’amico Silvio.

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ANSA La scalata a Mediaset

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