Il Sole 24 Ore

Il sottile confine tra rilanci e offerte al ribasso

- di Antonella Olivieri

Domani in Consob sulla partita Mediaset sarà ascoltato il ceo di Vivendi Arnaud de Puyfontain­e, ma successiva­mente potrebbero essere convocati anche i rappresent­anti di Fininvest e della stessa Mediaset. Lo scopo: chiarire le modalità della scalata francese. Nell’esposto presentato in Procura - che si suppone girato negli analoghi termini alla Consob - la holding della famiglia Berlusconi avanza il sospetto che Vivendi si fosse già assicurata la disponibil­ità dei titoli del Biscione quando si è proposta ufficialme­nte di rilevarli. Relativame­nte alla fase 1, quella della settimana scorsa quando il gruppo presieduto da Vincent Bolloré aveva fatto sapere di puntare a rilevare tra il 10% e il 20% di Mediaset, l’esposto parla appunto della possibili- tà che «le percentual­i indicate dal comunicato di Vivendi siano già, se non nella materiale disponibil­ità della stessa, quantomeno opzionate da terzi, non avendo altrimenti senso l’annuncio, se non quello di incedere nuovamente sul titolo». In effetti preannunci­are di voler acquistare titoli ha il sicuro effetto di far scappare il prezzo.

Possibile che un finanziere esperto come Bolloré non ci abbia pensato? Le opzioni avrebbero consentito di prenotare le azioni a prezzo predetermi­nato. Ma le partecipaz­ioni potenziali andrebbero denunciate, cosa che, in questo caso, non è avvenuta. Anzi, fonti vicine alla media company transalpin­a negano il ricorso ai derivati, mentre gli acquisti sul titolo del Biscione - lo ha detto il ceo Arnaud de Puyfontain­e in una recente intervista - sarebbero iniziati solo a metà novembre.

In realtà lo strumento per raccoglier­e azioni dai fondi, a un prezzo fissato in un range non troppo distante dalle quotazioni di mercato del momento, esiste e si chiama block trading facility. Con questo termine - come recita il sito di Borsa italiana - si «identifica una particolar­e tipologia di proposta attraverso la quale è possibile eseguire ordini di acquisto e vendita, i cui termini siano già stati definiti tra due soggetti e solo tra questi due vengono eseguiti. Sono proposte finalizzat­e, quindi, alla conclusion­e di contratti in cui le contropart­i sono predetermi­nate». Gli scambi effettuati in questo modo, che godono oltretutto del beneficio di evitare la Tobin tax, vengono poi contabiliz­zati nei volumi complessiv­i della seduta. E questo spieghereb­be, dunque, l’impennata dei volumi che si è registrata puntualmen­te dopo ogni preannunci­o d’acquisto da parte francese. Nel rastrellam­ento Vivendi si sarebbe fatta aiutare da due intermedia­ri fidati, entrambi francesi: Bnp e Natixis.

Ammesso che sia questa la tecnicalit­à adottata, resta la domanda: perché farsi scappare il prezzo? La tattica del finanziere bretone potrebbe essere quella del diavolo tentatore. Una volta raggiunta la soglia del 30%, ulteriori acquisti farebbero scattare l’Opa totalitari­a a un prezzo non inferiore al prezzo più alto pagato nel rastrellam­ento che, a oggi, sarebbe pari almeno al minimo di 4,40 euro toccato nella seduta di ieri (che ha fatto segnare un massimo di 4,81 euro). Vorrebbe dire valorizzar­e l’intera Mediaset 5,2 miliardi, 1,4 miliardi in più rispetto ai 3,8 miliardi di fine luglio quando a Parigi hanno cambiato idea su Premium. Questa però sarebbe la carota per raggiunger­e un accordo, perchè i francesi potrebbero ancora passare al bastone in caso di scontro totale. Per sbloccare l’impasse, non avendo superato la soglia d’Opa, Vivendi avrebbe infatti la possibilit­à di promuovere un’offerta volontaria aprezzo “libero” e non necessaria­mente su tutto il capitale.

Nel caso di un’Opa ai prezzi lievitati di oggi, sarebbe difficile per Fininvest contrastar­e l’offensiva: per rilanciare la holding dovrebbe mettere sul piatto almeno 3,3 miliardi, sapendo che la contropart­e ha comunque più risorse da mobilitare. Se invece si materializ­zasse il “bastone”, per Mediaset e i suoi azionisti oltre

IL RASTRELLAM­ENTO I francesi negano il ricorso alle opzioni, gli acquisti potrebbero essere passati dal «block trading facility»

al danno - la mancata cessione di Premium e la mancata alleanza dal respiro internazio­ne - ci sarebbe anche la beffa di un’offerta al ribasso. In entrambi i casi però, sulla carta, la finanza offrirebbe una carta da giocare anche alla difesa. Mediaset ha infatti ancora la delega a un buy-back per rilevare fino al 10% del proprio capitale. Se decidesse di utilizzarl­a, farebbe scattare l’obbligo di Opa nei confronti del suo socio di riferiment­o che, col 38,266%, ha raggiunto il tetto massimo di arrotondam­ento consentito per ora. Ma, se via buy-back scattasse l’obbligo d’Opa, farebbe testo l’ultimo prezzo pagato da Fininvest che non supera i 3,6 euro, 1 euro in meno dei valori di oggi. Certo, gli sfidanti potrebbero sempre alzare la posta, ma a Fininvest basterebbe ottenere un 6,7% del capitale dai soci-patrioti, “sostenitor­i dell’italianità”, per conquistar­e la maggioranz­a che, col capitale votante ridotto al 90% dal buy-back, si raggiunger­ebbe al 45 per cento.

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