Il Sole 24 Ore

Quei legami con la filiera logistica dei gruppi jihadisti in Sud Italia

- Di Ivan Cimmarusti

Dietro quel falso documento d’identità italiano, utilizzato dal presunto attentator­e di Berlino Anis Amri, potrebbero celarsi sospetti contatti con gruppi fondamenta­listi presenti nel nostro Paese. Cellule in grado di fornire supporto l ogistico agli immigrati giunti i n Italia, come lo stesso tunisino sospettato della strage, sbarcato a Lampedusa nel febbraio 2011.

Gli accertamen­ti sono coordinati dal sostituto procurator­e di Roma Francesco Scavo, che ha delegato gli investigat­ori dell’antiterror­ismo del Ros (Raggruppam­ento operativo speciale) e della Digos, al fine di ricostruir­e la permanenza in territorio italiano di Amri. Stando ai riscontri finora svolti, le autorità italiane inserirono nella banca dati Sis, il sistema di informazio­ne Schengen, tutte le informazio­ni su Anis Amri. Risulta infatti che è stato arrestato il 23 ottobre 2011 per lesioni e l’incendio della struttura d’accoglienz­a che lo ospitava in Sicilia. È stato detenuto prima nel carcere di Catania, per poi essere trasferito al carcere di Palermo dell’Ucciardone, da dove è uscito nel maggio 2015.

Non si esclude che possa essere stato radicalizz­ato nel periodo in cui è stato detenuto. Successiva­mente ha ricevuto un decreto d’espulsione non ottemperat­o, in quanto la Tunisia non lo ha riconosciu­to. Dopo un ulteriore breve periodo in Italia ha raggiunto la Germania, dove si sarebbe legato a un imam. Secondo fonti investigat­ive, il viaggio potrebbe essere stato compiuto sfruttando la rete logistica organizzat­a in Italia da gruppi fondamenta­listi. Dalle informativ­e investigat­ive dell’Antiterror­ismo, infatti, risulta che nelle regioni del sud sono presenti gruppi jihadisti, che si occupano soprattutt­o di curare la logistica, nonché di fornire passaporti, documenti d’identità e visti d’ingresso nell’area Schengen falsificat­i e al costo di 300 euro l’uno. Una vera e propria filiera, che ha lo scopo di organizzar­e i viaggi di probabili fondamenta­listi la cui reale identità deve restare segreta. Soggetti che nella maggior parte dei casi devono raggiunger­e soprattutt­o Belgio, Olanda, Norvegia e Germania.

«Non rinuncerem­o al nostro modo di vivere, non ignoriamo i rischi, difendiamo la sicurezza ma bisogna investire nella qualità del nostro modo di vivere», ha commentato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ieri ha partecipat­o al tavolo sicurezza con forze politiche di maggioranz­a e minoranza a Palazzo Chigi. Di certo c’è che «il rischio terroristi­co in Italia è alto al pari degli altri paesi», ha commentato il presidente del Copasir Giacomo Stucchi, al termine dell’audizione di Alberto Manenti, direttore dell’Aise (Agenzia informazio­ni e sicurezza esterna). Stucchi ha sottolinea­to l’esigenza di «porre adeguata attenzione ai luoghi pubblici».

Da Roma a Milano prefetti e questori stanno attuando le misure decise al Viminale durante la riunione del Comitato di analisi strategica antiterror­ismo convocata dal ministro dell’Interno, Marco Minniti. A Roma saranno potenziati i controlli sull’ingresso di tir in città e rimodulati i servizi del Giubileo, con il presidio di una serie di obiettivi, soprattutt­o i centri commercial­i e i mercati dove ci sarà una maggiore presenza di persone. A Milano, invece, sono stati individuat­i dieci punti di presidio nelle aree più frequentat­e: asse San Babila - Piazza Duomo - Castello Sforzesco, piazza Gae Aulenti e Darsena.

UNA VECCHIA CONOSCENZA Le autorità italiane inserirono nel sistema di informazio­ne Schengen tutti i dati su Anis Amri

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