Poletti, opposizione all’attacco, il Pd lo difende
Mozione di sfiducia M5S-Si-Lega per le frasi sui giovani - La sinistra dem: via i voucher o la votiamo - Polemica anche sul figlio
Non si placa la polemica per le parole sui giovani all’estero pronunciate, e subito corrette, lunedì scorso, dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: le opposizioni, capeggiate da M5S, Lega Nord, Sinistra italiana e alcuni senatori del gruppo misto, hanno presentato a palazzo Madama una mozione di sfiducia nei confronti del titolare del dicastero di Via Veneto (l’M5S ne ha presentata una anche alla Camera); e critiche sono arrivate ieri pure dalla minoranza dem, che, con Roberto Speranza, ha alzato il tiro chiedendo al ministro Poletti un’azione immediata per cancellare i voucher, altrimenti sarà «sfiducia».
La bufera sul ministro si è allargata anche al figlio, Manuel Poletti, direttore di “Sette Sere”, con la Lega Nord che ha annunciato un esposto in procura e alla guardia di Finanza per verificare la regolarità dei contributi pubblici all’editoria concessi al settimanale «con il padre nel ruolo di ministro».
La mozione di sfiducia individuale presentata al Senato sarà oggetto di una riunione dei capigruppo alla riapertura dei lavori (il 10 gennaio) per decidere la calendarizzazione del voto. Il rilievo che viene fatto al titolare del Lavoro è di aver tenuto «un comportamento totalmente inadeguato al suo ruolo, esprimendosi in più di un’occasione con un linguaggio discutibile e opinioni del tutto inaccettabili».
Dal canto suo, Giuliano Poletti si è difeso: immediatamente dopo la “gaffe” sui giovani che si allontano dall’Italia per cercare un impiego («meglio alcuni non averli più fra i piedi», aveva detto l’esponente di governo) ha chiesto scusa per le parole pronunciate; e ancora ieri prima di rispondere al question time alla Camera ha escluso le proprie dimissioni.
A sostegno del ministro si è espresso il responsabile economico dei dem, Filippo Taddei: «Poletti si è scusato. Per questo è opportuno che continui il suo lavoro perché le risposte ai proble- mi dei giovani siano all’altezza delle loro ambizioni». Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato: «Il ministro del Lavoro ha fatto un errore di comunicazione, e l’ha ammesso. La questione mi sembra risolta così».
Ma all’interno delle forze politiche la bagarre sul ministro Poletti si “sposta” anche sul Jobs act, e in particolare sui voucher, in vista del referendum promosso dalla Cgil per cancellare i “buoni lavoro” (su cui la Consulta esaminerà l’ammissibilità l’11 gennaio, assieme agli altri due quesiti proposti per reintrodurre la tutela reale nei licenziamenti illegittimi per tutte le aziende sopra i 5 dipendenti e in tema di responsabilità solidale negli appalti).
Sui voucher, la linea del governo, per ora, è attendere gli effetti delle nuove norme sulla tracciabilità introdotte ad ottobre con i primi correttivi: «Monitoreremo la situazione - ha ribadito il ministro Poletti -. Poi eventualmente, sulla base delle evidenze che emergeranno, torneremo a intervenire con normative più stringenti».
L’aria resta tesa: «Il Jobs act non è intoccabile e, quindi, non è un tabù - rilancia Cesare Damiano (Pd) -. Può essere migliorato a fronte di un suo cattivo funzionamento». Sui voucher «si fanno affermazioni a spanne senza verifica - ribatte Maurizio Sacconi (Ap) -. Essi fanno emergere lavoretti in nero e ci danno i nomi di datori e lavoratori aprendo la possibilità di monitorare l’evoluzione dei rapporti e ispezionare quelli in corso».