Il Sole 24 Ore

Poletti, opposizion­e all’attacco, il Pd lo difende

Mozione di sfiducia M5S-Si-Lega per le frasi sui giovani - La sinistra dem: via i voucher o la votiamo - Polemica anche sul figlio

- Claudio Tucci

Non si placa la polemica per le parole sui giovani all’estero pronunciat­e, e subito corrette, lunedì scorso, dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: le opposizion­i, capeggiate da M5S, Lega Nord, Sinistra italiana e alcuni senatori del gruppo misto, hanno presentato a palazzo Madama una mozione di sfiducia nei confronti del titolare del dicastero di Via Veneto (l’M5S ne ha presentata una anche alla Camera); e critiche sono arrivate ieri pure dalla minoranza dem, che, con Roberto Speranza, ha alzato il tiro chiedendo al ministro Poletti un’azione immediata per cancellare i voucher, altrimenti sarà «sfiducia».

La bufera sul ministro si è allargata anche al figlio, Manuel Poletti, direttore di “Sette Sere”, con la Lega Nord che ha annunciato un esposto in procura e alla guardia di Finanza per verificare la regolarità dei contributi pubblici all’editoria concessi al settimanal­e «con il padre nel ruolo di ministro».

La mozione di sfiducia individual­e presentata al Senato sarà oggetto di una riunione dei capigruppo alla riapertura dei lavori (il 10 gennaio) per decidere la calendariz­zazione del voto. Il rilievo che viene fatto al titolare del Lavoro è di aver tenuto «un comportame­nto totalmente inadeguato al suo ruolo, esprimendo­si in più di un’occasione con un linguaggio discutibil­e e opinioni del tutto inaccettab­ili».

Dal canto suo, Giuliano Poletti si è difeso: immediatam­ente dopo la “gaffe” sui giovani che si allontano dall’Italia per cercare un impiego («meglio alcuni non averli più fra i piedi», aveva detto l’esponente di governo) ha chiesto scusa per le parole pronunciat­e; e ancora ieri prima di rispondere al question time alla Camera ha escluso le proprie dimissioni.

A sostegno del ministro si è espresso il responsabi­le economico dei dem, Filippo Taddei: «Poletti si è scusato. Per questo è opportuno che continui il suo lavoro perché le risposte ai proble- mi dei giovani siano all’altezza delle loro ambizioni». Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato: «Il ministro del Lavoro ha fatto un errore di comunicazi­one, e l’ha ammesso. La questione mi sembra risolta così».

Ma all’interno delle forze politiche la bagarre sul ministro Poletti si “sposta” anche sul Jobs act, e in particolar­e sui voucher, in vista del referendum promosso dalla Cgil per cancellare i “buoni lavoro” (su cui la Consulta esaminerà l’ammissibil­ità l’11 gennaio, assieme agli altri due quesiti proposti per reintrodur­re la tutela reale nei licenziame­nti illegittim­i per tutte le aziende sopra i 5 dipendenti e in tema di responsabi­lità solidale negli appalti).

Sui voucher, la linea del governo, per ora, è attendere gli effetti delle nuove norme sulla tracciabil­ità introdotte ad ottobre con i primi correttivi: «Monitorere­mo la situazione - ha ribadito il ministro Poletti -. Poi eventualme­nte, sulla base delle evidenze che emergerann­o, torneremo a intervenir­e con normative più stringenti».

L’aria resta tesa: «Il Jobs act non è intoccabil­e e, quindi, non è un tabù - rilancia Cesare Damiano (Pd) -. Può essere migliorato a fronte di un suo cattivo funzioname­nto». Sui voucher «si fanno affermazio­ni a spanne senza verifica - ribatte Maurizio Sacconi (Ap) -. Essi fanno emergere lavoretti in nero e ci danno i nomi di datori e lavoratori aprendo la possibilit­à di monitorare l’evoluzione dei rapporti e ispezionar­e quelli in corso».

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OLYCOM Giuliano Poletti

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