Il vizio della politica di incolpare i giovani dei propri fallimenti
Appena riconfermato come ministro del Lavoro nel governo Gentiloni, l’ex presidente della LegaCoop Giuliano Poletti ne ha detto un’altra delle sue. Centomila giovani italiani sono dovuti fuggire all’estero? Alcuni di loro, ha detto, è preferibile «non averli più tra i piedi e questo Paese non ne soffrirà». Poi Poletti si ha chiesto scusa, ma la frase si commenta da sola. Mi domando perché non si sia dimesso e perché il presidente del Consiglio non lo abbia invitato a lasciare l’incarico. Io trovo quest’affermazione non solo maldestra, ma frutto del disprezzo per tanti giovani che sono stati costretti a cercare un
lavoro all’estero perché l’Italia non è in grado di offrire lavori e paghe dignitose. E non si rende conto questo ministro del NonLavoro che questo è uno dei motivi che ha spinto la vittoria del “No” al referendum? Dove vivono questi presunti governanti?
Luigi Miliani
Genova
C’è poco da dire. Nel senso che la gaffe è di quelle pesanti (anzi di gran lunga la più pesante) che si inserisce nel filone – quello delle critiche ai giovani – dove gli scivoloni sono sempre in agguato. Ricordo i “bamboccioni” dell’allora ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa e i “choosy”, i giovani “schizzinosi” nel cercare lavoro, dell’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero. Ieri il caso è deflagrato in Parlamento con le opposizioni (Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana) che hanno presentato una mozione di sfiducia. E gli stessi Giovani del Pd hanno usato parole durissime. Poletti ha risposto che non si dimetterà, ma è evidente che la questione non è chiusa. E pesa sulle spalle di un Governo che si è appena insediato e si trova ad affrontare emergenze forti – pensiamo alle banche e al risparmio – in un momento politico ed economico difficilissimo. Resta per ora il fatto: un’affermazione sbagliata e censurabile che segue altre gaffe del ministro, come quella sul rinvio del referendum sul Jobs Act. Va anche detto che sono fioccate reazioni fuori misura e sbagliate nel merito. Ma molte sono condivisibili, e ci permettono di andare al fondo del problema: un capitale umano lasciato solo ad organizzarsi come può perché in Italia mancano troppo spesso prospettive e opportunità vere. È un discorso complesso, non esistono bacchette magiche, ma un grande Paese deve saperlo affrontare. Con i fatti e con le parole.