La Commissione Ue: reverse charge senza limiti
Presentata una proposta per consentire l’applicazione generalizzata a tempo
La Commissione europea ha presentato ieri una proposta che, se adottata, consentirà in via eccezionale e temporanea di applicare in modo generalizzato il meccanismo del reverse charge in deroga al sistema comune Iva e per fini antifrode. Si tratta, in particolare della richiesta – accolta da Bruxelles – che alcuni Stati membri avevano avanzato al fine di essere autorizzati ad applicare un meccanismo “generalizzato” di reverse charge sulle transazioni interne. Come ha precisato il Commissario per gli affari economici e finan- ziari, per la fiscalità e l’unione doganale, Pierre Moscovici, accogliendo questa proposta – che permetterebbe di fatto alle imprese di uno Stato membro di utilizzare l’inversione contabile in tutte le operazioni interne di importo superiore a 10.000 euro fino ad arrivare all’ultimo passaggio verso il consumatore finale senza il versamento dell’imposta – l’Europa, però, non rinuncia al suo obiettivo primario: mettere in atto, in applicazione del “principio di tassazione a destinazione” un sistema Iva definitivo, ossia un sistema in cui per le operazioni transfrontaliere tra operatori economici (B2B), l’Iva verrebbe incassata dal Paese cedente secondo le aliquote del Paese d’acquisto e il gettito d’imposta sarebbe poi trasferito a quest’ultimo, in quanto luogo del consumo. La stessa, infatti, sarebbe solo una misura temporanea, diretta a far fronte alle esigenze, denunciate da alcuni Stati europei, di proteggere i proprio mercati in- terni dal fenomeno delle frodi carosello, in attesa della realizzazione di uno spazio unico europeo dell’Iva, secondo le linee guida già tracciate dalla Commissione, da ultimo con l’Action plan dello scorso aprile.
Inoltre, prendendo la proposta la forma di un emendamento alla Direttiva Iva, la stessa richiederebbe ancora l’accordo unanime da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione affinché diventi legge. In questo caso, il difficile raggiungimento dell’unanimità può essere considerato quasi come un bene, in quanto l’autorizzazione in discussione non è esente da criticità. Un reverse charge generalizzato, infatti, applicato, seppure temporaneamente, a tutte le transazioni interne, oltre ad essere una deroga significativa al meccanismo di funzionamento dell’Iva, così come delineato dalla direttiva 2006/112/CE, potrebbe determinare effetti distorsivi e un conseguente spostamento della frode verso le vendite al dettaglio, nonché verso gli altri Stati membri. In particolare, quanto alle cessioni al dettaglio, la parcellizzazione delle operazioni e le modalità di realizzazione renderebbero in concreto estremamente difficile ogni attività di controllo; quanto alle operazioni transfrontaliere, poi, l’operazione costituita da reverse charge interno e inversione contabile nel Paese dell’Unione di destinazione, sposterebbe il pericolo della frode su quest’ultimo, il quale si troverebbe a ricevere il bene senza imposta. Un reverse charge generalizzato, dunque, invece di essere una soluzione al problema, potrebbe diventarne una fonte ulteriore. Ed è per questo motivo che si auspica che gli Stati membri sulla base della valutazione degli effetti negativi che potrebbero derivare da una tale deroga, siano prevalentemente contrari alla proposta di emendamento.
L’obiettivo è la lotta alle frodi ma i rischi restano molti