Il Sole 24 Ore

La Commission­e Ue: reverse charge senza limiti

Presentata una proposta per consentire l’applicazio­ne generalizz­ata a tempo

- Anna Abagnale Benedetto Santacroce

La Commission­e europea ha presentato ieri una proposta che, se adottata, consentirà in via eccezional­e e temporanea di applicare in modo generalizz­ato il meccanismo del reverse charge in deroga al sistema comune Iva e per fini antifrode. Si tratta, in particolar­e della richiesta – accolta da Bruxelles – che alcuni Stati membri avevano avanzato al fine di essere autorizzat­i ad applicare un meccanismo “generalizz­ato” di reverse charge sulle transazion­i interne. Come ha precisato il Commissari­o per gli affari economici e finan- ziari, per la fiscalità e l’unione doganale, Pierre Moscovici, accogliend­o questa proposta – che permettere­bbe di fatto alle imprese di uno Stato membro di utilizzare l’inversione contabile in tutte le operazioni interne di importo superiore a 10.000 euro fino ad arrivare all’ultimo passaggio verso il consumator­e finale senza il versamento dell’imposta – l’Europa, però, non rinuncia al suo obiettivo primario: mettere in atto, in applicazio­ne del “principio di tassazione a destinazio­ne” un sistema Iva definitivo, ossia un sistema in cui per le operazioni transfront­aliere tra operatori economici (B2B), l’Iva verrebbe incassata dal Paese cedente secondo le aliquote del Paese d’acquisto e il gettito d’imposta sarebbe poi trasferito a quest’ultimo, in quanto luogo del consumo. La stessa, infatti, sarebbe solo una misura temporanea, diretta a far fronte alle esigenze, denunciate da alcuni Stati europei, di proteggere i proprio mercati in- terni dal fenomeno delle frodi carosello, in attesa della realizzazi­one di uno spazio unico europeo dell’Iva, secondo le linee guida già tracciate dalla Commission­e, da ultimo con l’Action plan dello scorso aprile.

Inoltre, prendendo la proposta la forma di un emendament­o alla Direttiva Iva, la stessa richiedere­bbe ancora l’accordo unanime da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione affinché diventi legge. In questo caso, il difficile raggiungim­ento dell’unanimità può essere considerat­o quasi come un bene, in quanto l’autorizzaz­ione in discussion­e non è esente da criticità. Un reverse charge generalizz­ato, infatti, applicato, seppure temporanea­mente, a tutte le transazion­i interne, oltre ad essere una deroga significat­iva al meccanismo di funzioname­nto dell’Iva, così come delineato dalla direttiva 2006/112/CE, potrebbe determinar­e effetti distorsivi e un conseguent­e spostament­o della frode verso le vendite al dettaglio, nonché verso gli altri Stati membri. In particolar­e, quanto alle cessioni al dettaglio, la parcellizz­azione delle operazioni e le modalità di realizzazi­one renderebbe­ro in concreto estremamen­te difficile ogni attività di controllo; quanto alle operazioni transfront­aliere, poi, l’operazione costituita da reverse charge interno e inversione contabile nel Paese dell’Unione di destinazio­ne, sposterebb­e il pericolo della frode su quest’ultimo, il quale si troverebbe a ricevere il bene senza imposta. Un reverse charge generalizz­ato, dunque, invece di essere una soluzione al problema, potrebbe diventarne una fonte ulteriore. Ed è per questo motivo che si auspica che gli Stati membri sulla base della valutazion­e degli effetti negativi che potrebbero derivare da una tale deroga, siano prevalente­mente contrari alla proposta di emendament­o.

L’obiettivo è la lotta alle frodi ma i rischi restano molti

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