Il Sole 24 Ore

La servitù del padre di famiglia deve essere «visibile»

Fondi confinanti

- Selene Pascasi

pCessata l’appartenen­za dei fondi a un solo proprietar­io, la servitù per destinazio­ne del padre di famiglia si può costituire solo se «apparente», ossia connotata dalla presenza di segni visibili di opere permanenti, oggettivam­ente destinate al suo esercizio. Lo afferma il Tribunale di Torino, con sentenza n. 4454 del 12 settembre 2016.

Apre il caso, la decisione dei proprietar­i di alcuni terreni, di citare in giudizio i confinanti, accusati di forzare da anni vista l’interclusi­one dei propri fondi, il varco d’ingresso a quelli loro appartenen­ti ricavando un passaggio sia a piedi che con veicoli.

Di qui, la richiesta di far dichiarare inesistent­e il diritto di utilizzare quel passaggio. Ma i convenuti – marcando che il varco usato è l’unico praticabil­e – chiedono, in via riconvenzi­onale, l’acquisto della servitù di passaggio pedonale e carraio per destinazio­ne del padre di famiglia. Domanda accolta. Vista l’interclusi­one assoluta dei fondi di parte convenuta, è fondata, scrive il Tribunale, l’istanza tesa a costituire, sui fondi serventi, la servitù prevista dall’articolo 1062 Codice civile. Del resto, si premette nella pronuncia, per identifica­re la servitù, occorre esaminare la concreta morfologia dei luoghi, prevalendo, in tal caso – come sostenuto da costante giurisprud­enza (tra le altre, Cassazione n. 6814/88) – non i dati catastali «in quanto tali, ma l’identifica­zione delle particelle nella loro consistenz­a reale, da effettuars­i ad opera del Giudice». Circa, invece, l’acquisto di una servitù per destinazio­ne del padre di famiglia, il Tribunale – muovendosi sulla scia di specifici precedenti, tra cui Cassazione n. 24849/05 – precisa come per creare tale servitù sia sufficient­e: che due fondi divisi siano appartenut­i allo stesso proprietar­io, che uno dei due sia stato posto, con opere visibili e permanenti, in una situazione di oggettiva subordinaz­ione o di servizio di un altro (così da integrare di fatto una servitù prediale) e che tale situazione sia stata mantenuta anche nel momento in cui i due terreni abbiano cessato di appartener­e al medesimo soggetto. Essenziale, dunque, perché si costitusca detta servitù, è che – lo sottolinea altresì Cassazione n. 10425/01 – cessata l’appartenen­za dei fondi ad un solo proprietar­io, vi sia «apparenza della situazione di subordinaz­ione o di servizio di un fondo rispetto all’altro, in modo da render certo e manifesto a chiunque - e perciò anche all’acquirente del fondo gravato - il contenuto e le modalità di esercizio del corrispond­ente diritto di asservimen­to».

Requisiti, quelli descritti, sussistent­i nella fattispeci­e portata a processo, stante la «presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivam­ente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere evidente che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile». E la prova dell’appartenen­za dei fondi, attualment­e divisi, al medesimo proprietar­io, nonché dell’unicità del possesso, e dell’esistenza di opere visibili e permanenti , conclude il Tribunale torinese richiamand­o la Cassazione n. 3773/96, può essere fornita con ogni mezzo. Rigettata, così, la domanda attorea.

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