Il Sole 24 Ore

Consip, nell’indagine anche Lotti

L’ipotesi di rivelazion­e di segreto d’ufficio e favoreggia­mento - La difesa: «Non esiste, i Pm mi sentano»

- Patta e Cimmarusti

p «Dopo settimane di lavoro molto intenso tra referendum, crisi di governo e primi passi del nuovo impegno come ministro mi ero preso un giorno di ferie per la prima recita di Gherardo, mio figlio. Oggi però un giornale scrive che sarei indagato per rivelazion­i di segreto d’ufficio in un’inchiesta che vedrebbe indagato persino il comandante generale dell’arma dei carabinier­i». Così, dopo aver letto ieri mattina Il Fatto quotidiano, il ministro per lo Sport Luca Lotti replicava su Facebook. La richiesta ai pm è quella di essere ascoltato il prima possibile. «Sarei indagato per rivelazion­i di segreto d’ufficio - continua il braccio destro di Matteo Renzi durante la sua permanenza a Palazzo Chigi -. È una cosa che sempliceme­nte non esiste. Inutile stare a fare dietrologi­e o polemiche. Sto comunque tornando a Roma per sapere se la notizia corrispond­e al vero e, in tal caso, per chiedere di essere sentito oggi stesso. È una cosa che non esiste e non ho voglia di lasciarla sospesa. La verità - del resto - è più forte di qualsiasi polemica mediatica e non vedo l’ora di dimostrarl­o».

Il fascicolo sulle presunte rivelazion­i del segreto d’ufficio nell’inchiesta sugli appalti Consip (centrale acquisti della pubblica amministra­zione italiana) è ora sulla scrivania del procurator­e ag- giunto di Roma Paolo Ielo. E sotto la lente, come segnalato dai colleghi dell’ufficio requirente di Napoli, c’è tra gli altri appunto l’ex sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio di Renzi. Tuttavia l’avviso di garanzia ancora non c’è: l’indagine è in una fase preliminar­e e i magistrati della Capitale dovranno innanzitut­to stabilire se quanto ipotizzato dai sostituti procurator­i partenopei Henry John Woodcock, Enrica Parascando­lo e Celeste Carrano sia confortato da elementi probatori.

La vicenda è stata raccontata come si diceva dal Fatto Quotidiano, che ha ricostruit­o l’indagine di Napoli con particolar­e riguardo alle presunte rivelazion­i del contenuto dell’indagine di cui rispondono, con Lotti, anche il comandante generale dei carabinier­i Tullio Del Sette e il generale Emanuele Saltamacch­ia, a capo della Legione Toscana. Sotto accertamen­to dei pm di Napoli è finito l’appalto Fm4, una gara di facility management del valore di 2,7 miliardi bandita nel 2004 e suddivisa in svariati lotti, tre dei quali destinati alla società dell’immobiliar­ista Alfredo Romeo, il cui nome risulta nel registro degli indagati per corruzione. Stando all’accusa l’imprendito­re avrebbe consegnato delle tangenti al dirigente di Consip Marco Gasparri, anche lui sotto accusa. Indagando su questo fronte, gli inquirenti hanno ascoltato anche l’amministra­tore delegato di Consip Luigi Marroni, il quale avrebbe spiegato di aver saputo dell’indagine dal presidente della spa pubblica Luigi Ferrara che, a sua volta, sarebbe stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Nel corso di questo verbale, poi, Marroni avrebbe fatto i nomi anche di Lotti e del generale Saltamacch­ia. Fin qui la ricostruzi­one dei magistrati di Napoli. Ora a Roma saranno disposti ulteriori accertamen­ti, al fine di individuar­e eventuali prove a riscontro dei verbali.

Da parte di Lotti, come si è visto, si chiarisce subito l’estraneità ai presunti fatti. È il noto avvocato penalista Franco Coppi ad essere in queste ore in contatto con la Procura, e attende in tempi brevi di poter conoscere le eventuali ipotesi di reato che gli sarebbero mosse. Evidente l’irritazion­e in casa renziana per l’ennesima iniziativa del «noto e vulcanico Woodcock», come lo definisce il senatore Stefano Esposito. Rimarcando anche la curiosa prassi dell’avviso di garanzia virtuale a mezzo stampa.

L’IRRITAZION­E DEI RENZIANI Il Pd difende il ministro e critica l’avviso di garanzia «a mezzo stampa». Il senatore Esposito: «Iniziativa del noto e vulcanico Pm Woodcock»

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A Pompei. Il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, insieme al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi­ni

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