Il Sole 24 Ore

Morelli: «C’è più tempo per un vero rilancio Qui per rimanere»

L’ad di Mps Morelli: «Grande prova della rete per la conversion­e, ma non è bastato. Qui per rimanere»

- Di Luca Davi e Alessandro Graziani

«Questa banca è stata sottoposta non solo agli stress test di vigilanza, ma a una serie unica di stress “commercial­i e mediatici”. In pochissime settimane è stato fatto tutto il possibile per portare a termine un’operazione di mercato. A questo punto bisogna guardare avanti e fare in modo che l’istituto esca da questa fase di indecision­e». Marco Morelli (nella foto), 55 anni, è il banchiere che guida da tre mesi Banca Mps.

pÈ salito a bordo su quello che era un “treno in corsa”, come lo definisce, a valle dell’uscita del predecesso­re Fabrizio Viola, avvenute a inizio settembre. Tre mesi in cui la banca ha tentato in tutti i modi di portare a casa un aumento di capitale da 5 miliardi con risorse private. L’assenza di un anchor investor, tuttavia, ha fatto venire meno uno dei pilastri del progetto. E oggi, per la più antica banca al mondo, si spalancano le porte a un salvataggi­o di stato. Si apre una nuova fase, certo non facile, in cui tutto dovrà essere condiviso e rinegoziat­o con le autorità competenti (Bce e Dg Comp a Bruxelles), cui toccherà decidere gran parte delle scelte della banca.

Partiamo dalla fine. L’ingresso nel capitale da parte del Tesoro sarà temporaneo?

Tutti sanno che è temporaneo. Il mio impegno è che sia tale.

Cosa accadrà in pratica ora per la banca?

Per capirlo si può provare a ripensare a ciò che accadde negli Stati Uniti nel 2008, con lo scoppio della Grande Crisi. All’epoca il Governo americano entrò nel capitale delle banche per salvarle uscendone poi con profitto. Per noi il percorso è tracciato: dovremo definire i passaggi chiave del piano e le tempistich­e con Commission­e e Bce. E poi fare in modo che tutto torni velocement­e in equilibrio.

Bruxelles potrebbe dare 1824 mesi di tempo, a norma della direttiva sui salvataggi bancari, la Brrd. Siamo sicuri che sia sufficient­e per rimettere tutto a posto?

Non sappiamo ancora quali sono i tempi previsti. Io ho accettato l’invito del Cda di questa banca salendo su quello che a tutti gli effetti era un treno in corsa. Ho ritenuto giusto portare avanti l’operazione e provare a concluderl­a entro i termini concordati con gli organi di vigilanza.

Però non è andata in porto. Perchè?

Metà dell’operazione non solo è andata, ma è andata molto bene, oltre le previsioni. Abbiamo raggiunto un livello di conversion­e di 2,4 miliardi di cui 1,4 da parte di investitor­i istituzion­ali qualificat­i. La parte relativa alla conversion­e dei bond subordinat­i in mano agli investitor­i istituzion­ali e retail è stato un successo superiore alle stime. Su un bacino di oltre 5 miliardi di bond subordinat­i oggetto di conversion­e, circa 2,4 miliardi hanno aderito.

È stata una prova notevole anche da parte della rete.

Voglio ringraziar­e davvero tutti i dipendenti a prescinder­e dal loro ruolo. Sono stato colpito dallo sforzo, l’orgoglio e l’abnegazion­e di tutti nel voler cercare di uscire da una fase di stallo che durava da tanto tempo. Quella di Montepasch­i è una rete straordina­ria per solidità e capacità di mantenere intatto il rapporto con il cliente.

Si trattava di un'operazione ideata, approvata, strutturat­a dal precedente management. Ma cosa è mancato perchè andasse a buon fine?

Credo che ci sia stata una concomitan­za di eventi non favorevoli.

L’esito del referendum costituzio­nale quanto ha pesato sull’operazione?

L’incertezza istituzion­ale creatasi all’inizio del mese e durata fino alla formazione del nuovo governo non ha sicurament­e aiutato. Lanciare la raccolta di ordini relativi all'aumento di capitale i 4 giorni prima di Natale neanche. Potevate fare tutto prima? Sono stato nominato amministra­tore delegato di Mps il 20 settembre. In 3 mesi abbiamo fatto cose che normalment­e richiedono molto più tempo: predisposi­zione del piano industrial­e, road show con 280 investitor­i, richieste di autorizzaz­ioni con le Authority, lancio della alla trattativa per la cessione della piattaform­a degli Npl, organizzaz­ione delle assemblee degli azionisti, lancio e chiusura della conversion­e delle obbligazio­ni, chiusura dell’Lme, rinnovo della partnershi­p strategica con Axa.

Ma se la Bce vi avesse dato più tempo, forse le cose sarebbero potute andare diversamen­te?

Noi abbiamo lavorato e abbiamo cercato di portare a termine il piano nei tempi previsti che sicurament­e erano molto stretti.

E perchè gli anchor investor si sono tirati indietro? Si parlava del fondo del Qatar, di Soros, Paulson. Con loro, l’aiuto dello Stato si sarebbe ridotto alla quota di competenza, pari al 4 per cento.

Il Qatar come gli altri potenziali core investors ha avuto, dopo la fase iniziale di due diligence, rapporti con le banche advisor. Immagino che poi abbiano fatto delle valutazion­i di insieme, decidendo di non andare avanti.

Di sicuro per un investitor­e pensare di entrare in una banca che ha già chiesto 8 miliardi di aumenti di capitale tra il 2014 e il 2015 non è molto allettante.

Non do giudizi sul passato. Ma è chiaro che un investitor­e che ha già messo capitale nella banca valuta sicurament­e i ritorni che da tale investimen­to sono scaturiti. Nel nostro caso proponevam­o un progetto mirato a smaltire tutto lo stock di sofferenze in bilancio. Non si trattava quindi di un aumento di capitale proposto sempliceme­nte per riportare in equilibrio i coefficien­ti patrimonia­li. È innegabile che attorno alla banca ci fosse un clima di scetticism­o con cui dovevamo fare i conti.

Ora che cosa succede in pratica alla banca?

Verrà presentata un’istanza alle autorità di vigilanza competenti in seguito alla quale le stesse definirann­o il fabbisogno pa- trimoniale necessario.

Questo significa che non è escluso che l’aumento possa essere superiore ai 5 miliardi di euro previsti fino ad oggi?

In questo momento non abbiamo alcuna indicazion­e. E poi cosa accadrà? Una volta definito il fabbisogno patrimonia­le verrà avviata la negoziazio­ne del piano industrial­e con la Direzione generale per la concorrenz­a della Commission­e Europea. Si ripartirà da zero? In pratica sì. Dopo di che? Una volta che tale trattativa sarà conclusa potrà essere perfeziona­to l’aumento di capitale secondo i criteri convenuti.

L’approccio della Dg Competitio­n è stato duro, nel caso di altre banche sottoposte ad aiuti. Sarà così anche per Mps?

Non ho esperienza in merito. Nell’ambito della revisione del piano con le autorità Bruxelles possono essere introdotte misure diverse rispetto al piano industrial­e che il cda ha approvato il 25 ottobre.

Ma con un nuovo piano industrial­e, che inevitabil­mente rischia di rivelarsi più duro del precedente, la banca ha davvero prospettiv­e di riprenders­i?

Sono convinto che la banca potrà comunque essere rilanciata. Certo è probabile che il piano sarà diverso in alcuni suoi passaggi rispetto a quello che abbiamo presentato. Quando lo presentere­te? Non appena avremo definito i passi formali che la banca dovrà intraprend­ere. Immagino accadrà entro breve tempo.

Cosa accadrà all’operazione sullo smaltiment­o dei 27 miliardi di Npl negoziata con Atlante?

L’operazione ipotizzata non è più di attualità. Dovrà essere riconsider­ata la modalità di gestione degli Npl. Diverse strade sono potenzialm­ente attivabili: svalutazio­ne; mantenimen­to in portafogli­o; cessione; separazion­e attraverso un veicolo della banca. Di tutto si parlerà dopo la condivison­e del nuovo piano con le autorità competenti.

Come funzionerà in prospettiv­a l’aumento di capitale?

Ci sarà la conversion­e in azioni delle obbligazio­ni subordinat­e. La parte che mancherà per arrivare alla soglia di capitale che sarà identifica­ta dagli organi di vigilanza verrà coperta dall’intervento pubblico.

Parliamo dell’operazione: cosa accadrà in pratica ai possessori retail del famigerato bond 2008-2018, che sarà coinvolto nel burden sharing, ovvero la condivisio­ne delle perdite?

Secondo quanto emerge dalle comunicazi­oni del Governo il loro ammontare verrà convertito alla pari in azioni. A quel punto l’investitor­e avrà due strade: tenere le azioni o vendere al Tesoro e con il ricavato sottoscriv­ere un bond senior a tassi di mercato.

La conversion­e sarà valida per tutti i bond holder retail, sia che abbiano comprato allo sportello che sul secondario?

Sarà valido per tutti i detentori del bond 2008 - 2018.

E invece cosa accadrà agli istituzion­ali, che hanno in pancia 2,2 miliardi di bond subordinat­i?

Secondo quanto risulta da comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri per loro è prevista una conversion­e in azioni pari al 75% del valore nominale per i bond Tier 1 e 100% per i Tier 2.

Come è la situazione odierna della banca? Nel prospetto avete indicato il rischio che ci sia liquidità per soli 4 mesi.

Abbiamo già fatto domanda agli organi di Vigilanza per ripristina­re i buffer di liquidità ai livelli adeguati.

Molti correntist­i sono andati via dalla banca per timore che i loro risparmi fossero a rischio. L’ipotesi bail-in è esclusa?

Noi abbiamo fatto la domanda per una ricapitali­zzazione precauzion­ale temporanea. Non c’è alcun rischio per i depositant­i. Non c’è mai stato. C’è stato sicurament­e un forte elemento di emotività perché il rischio di un bail-in non è mai esistito.

Cosa si sente di dire invece agli azionisti, la cui distruzion­e di valore negli ultimi 2 anni è pari al 95%?

Sono qui da tre mesi e non ritengo opportuno fare nessun commento sull’andamento del titolo.

Se guarda indietro, lei ritiene di aver fatto tutto il possibile per evitare la nazionaliz­zazione?

Assolutame­nte sì. Credo di aver fatto insieme al consiglio di amministra­zione tutto quello che fosse umanamente possibile per portare avanti il piano di salvataggi­o con capitali privati.

Pensa che qualcun altro, fuori dalla banca, abbia qualche responsabi­lità? In fondo avevate accanto a voi una squadra di banche d’affari di prim’ordine guidata da Jp Morgan e Mediobanca.

Noi abbiamo fatto tutto il possibile in un contesto difficile. Non è mio costume esprimere giudizi sull’operato di altri.

Sarebbe cambiato qualcosa, per la storia di Mps, se fosse passato il piano presentato da Corrado Passera?

Non era a nostro parere un piano ma una manifestaz­ione di interesse. Il cda è sempre stato unanime nella sua valutazion­e. La posizione che ha preso fin dall’inizio è stata chiara e ha sempre tenuto informato il mercato e gli organi competenti.

È vero che avete rinegoziat­o le fee con gli advisor Jp Morgan e Mediobanca?

Sì. Al mio arrivo abbiamo rinegoziat­o le fee con gli advisor bancari dopo la revisione del piano e fatto in modo che in caso di mancato completame­nto dell’operazione le banche non avrebbero percepito nulla. Così è stato.

Lei che cosa ha intenzione di fare? Resterà?

Ho accettato l’invito del Cda perchè credo fermamente nella possibilit­à di rilancio della banca. È un istituto radicato sul territorio, e nonostante le difficoltà è riuscito a mantenere uno stretto rapporto fiduciario con la clientela. Ciò che ho visto in questi mesi mi ha dato ulteriore conferma di aver fatto la scelta giusta indipenden­temente dall’esito dell’operazione. Sono convinto che si può fare ancora molto.

LE BANCHE D’AFFARI «Noi abbiamo fatto tutto il possibile in un contesto difficile. Non esprimo giudizi sugli altri»

ATLANTE E LE SOFFERENZE

«L’operazione sugli Npl? Non è più d’attualità. Ora si aprono diverse strade per la gestione»

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Al vertice di Mps L’amministra­tore delegato Marco Morelli

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