Mediaset, Telecom e i troppi «se» sulla Cassa depositi e prestiti
Arnaud de Puyfontaine non si smentisce. Anche arrivato a un soffio dalla soglia dell’Opa su Mediaset, ribadisce e risottolinea la posizione già espressain passato da Vivendi. La media company transalpina vuole essere un azionista a lungo termine, la sua visione strategica non è cambiata da quando aveva raggiunto con il Biscione l’accordo centrato su Premium e comunque, nonostante l’evidente prova di forza, l’obiettivo è ancora quello di cercare un accordo. Ma è proprio qui il punto: con il 28,8% del capitale rastrellato nel giro di due settimane non è ipotizzabile nessun accordo con il primo azionista, Fininvest, che di suo ha già la quota di maggioranza relati- va del 38,266%. Almeno, nessun accordo è possibile senza cambiare le carte in tavola. La somma delle due partecipazioni farebbe infatti scattare l’Opa totalitaria per azione di concerto, con Vivendi più dotata di risorse finanziarie di Fininvest in una società potenzialmente non più quotata. Impensabile.
Infatti, anche secondo la ricostruzione di «Le Figaro», i francesi avrebbero messo sul piatto la partecipazione in Telecom. Vivendi sta trattanto in casa un accordo con Orange e Free su Canal + - la pay-tv transalpina che, così com’è, andrà a perdere quest’anno qualcosa come 400 milioni -, accordo che potrebbe comprendere scambi azionari, e pensa che questo modello potrebbe essere replicato in Italia. Il problema è però che in Italia, a differenza che in Francia, c’è la legge Gasparri, che impedirebbe il controllo congiunto di Telecom e Mediaset. La competenza a riguardo è sostanzialmente dell’Agcom, pronta ad alzare la paletta rossa nel caso che la scalata su Mediaset proseguisse con un’Opa. Ovviamente Vivendi - pur avendo quasi il 24% di Telecom con un azionariato fatto per il resto tutto di retail e ma soprattutto di fondi che vanno e vengono - non si ritiene controllante del gruppo di tlc. La dimostrazione dell’influenza “dominante” da parte dell’Agcom potrebbe seguire però altre logiche rispetto alle regole che hanno permesso a Olimpia e a Telco di non consolidare il debito di Telecom, dal momento che il problema della violazione della legge Gasparri non si è mai posto (semmai ha inibito Mediaset a tentare approcci con Telecom). Nei fatti, assumendo il ruolo di azionista di riferimento della compagnia telefonica, Vivendi ha fatto ingresso nel board con quattro rappresentanti, di cui i primi tre dirigenti operativi del gruppo, mentre successivamente, a fine marzo, c’è stato il cambio al vertice con la nomina ad amministratore delegato di Flavio Cattaneo che era già presente in consiglio.
Se anche Vivendi non salisse ulteriormente in Mediaset, ma si accordasse invece con Fininvest, si porrebbe comunque il problema sollevato dall’Agcom. Se i francesi fossero costretti a scegliere tra le due partecipazioni italiane, logica vorrebbe che scegliessero Mediaset, diluendosi invece in Telecom, sebbene ci sia chi sostiene il contrario, mentre Fininvest dovrebbe accettare di traslocare in Telecom per dribblare la Gasparri.
In questo scenario, in teoria, un ruolo potrebbe averlo anche Cdp che oggi si è trincerata dietro un «no comment», ma in realtà sarebbe caduta davvero dalle nubi di fronte all’ipotesi lanciata da «La Stampa» di un intervento sul 25% del capitale di Telecom. Se la holding della famiglia Berlusconi diventasse azionista dell’incumbent delle tlc tricolore e/o se una quota finisse, via Orange, in capo allo Stato francese, allora, per ragioni di politica interna o per motivi di presidio di sistema, una partecipazione pubblica ci starebbe (la Cdp francese, tra l’altro, è tra i principali azionisti stabili di Vivendi). Certo se il presidio pubblico, per una quota comunque non di riferimento, fosse rappresentato da Cdp ci sarebbe da riaprire il capitolo di Enel Open Fiber, la società creata dal gigante elettrico per costruire una rete in fibra ottica alternativa a quella di Telecom, alla quale Cdp ha deciso, dopo un’asta al rialzo proprio con l’incumbent, di cedere la partecipazione in Metroweb, restando comunque investita nel progetto.
Per ora questo scenario è però non solo futuribile, ma anche del tutto ipotetico perchè condizionato da troppi se. Se tuttavia Mediaset dovesse riuscire a resistere all’assedio o se i francesi decidessero di rinunciarvi, il gruppo del Biscione dovrebbe comunque affrontare la questione di dotarsi di un progetto a prova di futuro. Da sola rischierebbe di essere schiacciata tra le varie Netflix e i diritti del calcio lievitati a livelli proibitivi.