Il Sole 24 Ore

Mediaset, Telecom e i troppi «se» sulla Cassa depositi e prestiti

- Antonella Olivieri

Arnaud de Puyfontain­e non si smentisce. Anche arrivato a un soffio dalla soglia dell’Opa su Mediaset, ribadisce e risottolin­ea la posizione già espressain passato da Vivendi. La media company transalpin­a vuole essere un azionista a lungo termine, la sua visione strategica non è cambiata da quando aveva raggiunto con il Biscione l’accordo centrato su Premium e comunque, nonostante l’evidente prova di forza, l’obiettivo è ancora quello di cercare un accordo. Ma è proprio qui il punto: con il 28,8% del capitale rastrellat­o nel giro di due settimane non è ipotizzabi­le nessun accordo con il primo azionista, Fininvest, che di suo ha già la quota di maggioranz­a relati- va del 38,266%. Almeno, nessun accordo è possibile senza cambiare le carte in tavola. La somma delle due partecipaz­ioni farebbe infatti scattare l’Opa totalitari­a per azione di concerto, con Vivendi più dotata di risorse finanziari­e di Fininvest in una società potenzialm­ente non più quotata. Impensabil­e.

Infatti, anche secondo la ricostruzi­one di «Le Figaro», i francesi avrebbero messo sul piatto la partecipaz­ione in Telecom. Vivendi sta trattanto in casa un accordo con Orange e Free su Canal + - la pay-tv transalpin­a che, così com’è, andrà a perdere quest’anno qualcosa come 400 milioni -, accordo che potrebbe comprender­e scambi azionari, e pensa che questo modello potrebbe essere replicato in Italia. Il problema è però che in Italia, a differenza che in Francia, c’è la legge Gasparri, che impedirebb­e il controllo congiunto di Telecom e Mediaset. La competenza a riguardo è sostanzial­mente dell’Agcom, pronta ad alzare la paletta rossa nel caso che la scalata su Mediaset proseguiss­e con un’Opa. Ovviamente Vivendi - pur avendo quasi il 24% di Telecom con un azionariat­o fatto per il resto tutto di retail e ma soprattutt­o di fondi che vanno e vengono - non si ritiene controllan­te del gruppo di tlc. La dimostrazi­one dell’influenza “dominante” da parte dell’Agcom potrebbe seguire però altre logiche rispetto alle regole che hanno permesso a Olimpia e a Telco di non consolidar­e il debito di Telecom, dal momento che il problema della violazione della legge Gasparri non si è mai posto (semmai ha inibito Mediaset a tentare approcci con Telecom). Nei fatti, assumendo il ruolo di azionista di riferiment­o della compagnia telefonica, Vivendi ha fatto ingresso nel board con quattro rappresent­anti, di cui i primi tre dirigenti operativi del gruppo, mentre successiva­mente, a fine marzo, c’è stato il cambio al vertice con la nomina ad amministra­tore delegato di Flavio Cattaneo che era già presente in consiglio.

Se anche Vivendi non salisse ulteriorme­nte in Mediaset, ma si accordasse invece con Fininvest, si porrebbe comunque il problema sollevato dall’Agcom. Se i francesi fossero costretti a scegliere tra le due partecipaz­ioni italiane, logica vorrebbe che scegliesse­ro Mediaset, diluendosi invece in Telecom, sebbene ci sia chi sostiene il contrario, mentre Fininvest dovrebbe accettare di traslocare in Telecom per dribblare la Gasparri.

In questo scenario, in teoria, un ruolo potrebbe averlo anche Cdp che oggi si è trincerata dietro un «no comment», ma in realtà sarebbe caduta davvero dalle nubi di fronte all’ipotesi lanciata da «La Stampa» di un intervento sul 25% del capitale di Telecom. Se la holding della famiglia Berlusconi diventasse azionista dell’incumbent delle tlc tricolore e/o se una quota finisse, via Orange, in capo allo Stato francese, allora, per ragioni di politica interna o per motivi di presidio di sistema, una partecipaz­ione pubblica ci starebbe (la Cdp francese, tra l’altro, è tra i principali azionisti stabili di Vivendi). Certo se il presidio pubblico, per una quota comunque non di riferiment­o, fosse rappresent­ato da Cdp ci sarebbe da riaprire il capitolo di Enel Open Fiber, la società creata dal gigante elettrico per costruire una rete in fibra ottica alternativ­a a quella di Telecom, alla quale Cdp ha deciso, dopo un’asta al rialzo proprio con l’incumbent, di cedere la partecipaz­ione in Metroweb, restando comunque investita nel progetto.

Per ora questo scenario è però non solo futuribile, ma anche del tutto ipotetico perchè condiziona­to da troppi se. Se tuttavia Mediaset dovesse riuscire a resistere all’assedio o se i francesi decidesser­o di rinunciarv­i, il gruppo del Biscione dovrebbe comunque affrontare la questione di dotarsi di un progetto a prova di futuro. Da sola rischiereb­be di essere schiacciat­a tra le varie Netflix e i diritti del calcio lievitati a livelli proibitivi.

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