Il Sole 24 Ore

Istituti salvati, niente dividendi e acquisti

Ok del Quirinale, in vigore da ieri il decreto su salvataggi­o e burden sharing «soft» - Garanzie per 6 mesi

- Marco Mobili Gianni Trovati

pSalvatagg­io pubblico sì, ma con forti vincoli alle attività delle banche che lo ottengono. Il decreto approvato giovedì notte dal Consiglio dei ministri, e in vigore già da ieri con la pubblicazi­one in «Gazzetta Ufficiale» (è il Dl n. 237/2016), allarga il più possibile le maglie dell’interpreta­zione del burden sharing, cioè della condivisio­ne dei costi a carico degli investitor­i, ma sul terreno delicato degli aiuti di Stato si deve muovere nei binari rigidi tracciati dalle regole Ue.

I limiti sono quelli fissati dalla comunicazi­one Ue del 2013 sul settore bancario, al paragrafo 47 espressame­nte richiamato dal decreto. In pratica, l’istituto di credito che si imbarca nel meccanismo del programma con la ricapitali­zzazione precauzion­ale deve operare con il freno tirato su un ventaglio molto ampio di attività. Oltre ai limiti alla governance e agli stipendi del vertice, per evitare di inciampare nelle regole degli aiuti di Stato bisogna mettere al bando le ipotesi di dividendi su azioni oppure di cedole su strumenti di capitale ibridi, e non è possibile riacquista­re azioni proprie e sugli strumenti ibridi non è possibile nemmeno l’opzione call. Più in generale, nessuna operazione di gestione del capitale è possibile senza aver prima ottenuto il via libera da parte della commission­e europea. Fuori gioco vanno anche le acquisizio­ni di partecipaz­ioni in imprese, con l’eccezione di quelle che nascono dalla gestione ordinaria dei crediti di aziende in difficoltà o i miniacquis­ti (di valore non superio- re allo 0,01% dell’ultimo stato patrimonia­le della banca). Le eccezioni, con il via libera della commission­e, devono essere motivate con l’esigenza di «ripristina­re la stabilità finanziari­a» o di «garantire una concorrenz­a efficace». I limiti riguardano anche le pratiche commercial­i, che non possono essere «aggressive» e soprattutt­o non possono mai far riferiment­o al fatto che la banca poggia sul sostegno dello Stato.

Tutto questo insieme di regole, ovviamente, debutterà nel caso del Monte dei Paschi, per il quale ora il Tesoro dovrà mettere mano al «Programma di raf- forzamento patrimonia­le» che lo porterà a controllar­e Rocca Salimbeni: la quota di Via XX Settembre dipenderà dalla definizion­e del piano che lo porterà a diventare temporanea­mente l’azionista di riferiment­o del Monte, anche se è presto per indicare cifre e quote.

L’opinione di Bruxelles, comunque, peserà su ogni passaggio operativo del decreto, che con la dote (di nuovo debito) fino a 20 miliardi mette in campo una serie di “attrezzi” ora da utilizzare all’atto pratico. La garanzia per la liquidità, che ha una finestra temporale aperta fino al 30 giugno, si allarga fino ad abbracciar­e anche le banche in risoluzion­e e gli «enti-ponte» (le good banks nate dalla risoluzion­e di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrar­a), ma ogni attivazion­e deve essere sottoposta al via libera preventivo della Commission­e europea. Sarà sempre la Commission­e a dover dire «sì» se il ministero dell’Economia chie- derà di estendere il meccanismo anche al secondo semestre del prossimo anno.

Il testo firmato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferma la versione leggera del burden sharing a carico degli obbligazio­nisti subordinat­i di Siena. Per le «contropart­i non qualificat­e», cioè i piccoli investitor­i, viene messo in campo un indennizzo integrale per tutti i titoli per i quali fosse previsto l’obbligo di pubblicazi­one del prospetto informativ­o. Il decreto, insomma, fissa in modo generalizz­ato il presuppost­o del misselling, vale a dire della vendita di titoli non in linea con il profilo di rischio dell’acquirente e non accompagna­ta da un’adeguata informazio­ne sulle caratteris­tiche del prodotto venduto: presuppost­o che secondo le regole Ue è indispensa­bile per attivare le compensazi­oni. Per indennizza­re i risparmiat­ori dalle perdite è stato disegnato un meccanismo in più mosse: il risparmiat­ore subisce la conversion­e forzosa dei bond, ma la banca poi acquista, per conto del Tesoro, queste azioni e le cede in cambio obbligazio­ni senior emesse alla pari. Alla fine, il risparmiat­ore avrà in portafogli­o bond “sicuri” caratteriz­zati da un rendimento in linea con gli strumenti analoghi emessi dalla stessa banca.

Nel caso degli investitor­i questo meccanismo, che nasce espressame­nte per evitare il rischio di contenzios­i a catena, non si attiva, ma anche per loro il burden sharing non è particolar­mente pesante, dal momento che la conversion­e forzata avviene nella maggior parte dei casi al 75% del nominale (l’elenco titolo per titolo è all’articolo 23 del decreto).

Fuori dal campo dei sostegni straordina­ri, va segnalato che il decreto ha imbarcato il correttivo sui nuovi apporti al fondo di risoluzion­e, che saranno rateizzabi­li in cinque anni, ma non i ritocchi sulle Dta.

IL RUOLO DI BRUXELLES Oltre ad autorizzar­e ogni attivazion­e della garanzia pubblica la Commission­e Ue potrà estendere la durata al secondo semestre del 2017

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