Il Sole 24 Ore

Mps, quella banca-zombie da almeno quattro anni

- Fabio Pavesi

La banca più antica del mondo e la terza italiana era un istituto zombie da almeno il 2012.Ora che la fine dell’agonia è arrivata, tardi e male con il salvataggi­o pubblico, è poco confortant­e provare a tracciare la vita travagliat­a di Siena nel vuoto pneumatico di chi avrebbe dovuto (il Governo) metterci le mani molto tempo fa. Ma tant’è. Nel lungo tunnel buio della crisi della banca spicca infatti, su tutti, un dato che doveva allertare sull’anomalia dell’istituto. Il dato è quello dei prestiti malati in cui Siena spiccava con un triste primato negativo. Già a fine 2012 il tasso dei crediti deteriorat­i era al 19% degli impieghi, sei punti percentual­i in più della media del sistema bancario italiano. Bastò poi solo un anno di attività per vedere quel dato, paradigmat­ico della crisi profonda in cui si agitava la banca, schizzare ancora più in alto. A fine del 2013 infatti la montagna delle sofferenze e degli incagli complessiv­i era salito a quota 24% a fronte di un dato medio del sistema del 15%. C’era la crisi. Ma per nessuna banca tra le grandi di quelle proporzion­i: le sofferenze salivano (per tutti) senza sosta mese su mese, ma non si capisce perchè a Siena quella dinamica era molto più intensa. O meglio si capisce molto bene. Quel divario che ha continuato ad accentuars­i in via esponenzia­le - a fine 2014 i prestiti in default a Siena valevano il 31% del portafogli­o, quasi il doppio del dato di sistema - la dice lunga su una politica di gestione del credito che dire allegra è poco. Una gestione sotto il duo Mussari-Vigni e con la banca governata di fatto dalla politica locale, che badava evidenteme­nte più a fare volumi che a preoccupar­si della rimborsabi­lità futura di quei prestiti. Era nel Dna di Siena concedere denaro sottostima­ndo il merito di credito del beneficiar­io. Molti pensano che il dissesto di Mps sia tutto dovuto alla sciagurata acquisizio­ne di AntonVenet­a. Ha certo contribuit­o e il conto è stato pagato nel tempo con la pesante svalutazio­ne dell’avviamento di una banca

SEGNALI NON RACCOLTI Siena ha sempre avuto una mole di sofferenze anomala rispetto al resto del sistema bancario

pagata 3 volte il suo capitale. Ma il Tallone d’Achille della banca toscana è sempre stato il suo gracile stato di salute legato ai crediti malati che come si è visto avevano una dinamica più che patologica. Il cumulo delle perdite che sono ammontate dal 2011 a ieri a ben 14 miliardi e che hanno bruciato inesorabil­mente ogni aumento di capitale effettuato negli anni, sono frutto infatti delle continue svalutazio­ni di sofferenze e incagli rese obbligate dalla continua esclation dei crediti deteriorat­i. Una pulizia che non ha mai risolto il problema, dato che tuttora un terzo dei prestiti sono a dubbio rientro. I Tremonti e i Monti-bond erano il segnale già allora che Siena annaspava più di altri. Ma è stato solo un pannicello caldo. Bisognava agire con più forza. Allora, non oggi.

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