Il Sole 24 Ore

L’intervento non tocca le azioni

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pNel caso del bail in i detentori delle azioni sono i soggetti più esposti ai rovesci dell’istituto nel cui capitale hanno investito. Tuttavia l’intervento del Governo con il nuovo decreto Salvarispa­rmio interviene in condizioni diverse dal quadro definito dal bail in. Tanto che l’intervento si occupa di fatto di obbligazio­ni e le azioni ne vengono toccate solo per gli effetti diluitivi della trasformaz­ione delle obbligazio­ni subordinat­e in azioni e per l’intervento di ricapitali­zzazione fino all’ammontare richiesto dalla Bce perché siano rispettati i requisiti del capitale. La banca, si ricorda, ha visto fallire il tentativo di rafforzame­nto patrimonia­le da 5 miliardi, per cui questa cifra potrebbe essere un punto di riferiment­o per gli interventi appunto di ricapitali­zzazione. Del resto la prima comunicazi­one del Consiglio dei ministri sul decreto spiega precisamen­te che: «L’intervento pubblico comporta la conversion­e delle obbligazio­ni subordinat­e in azioni della banca».

L’intervento del Governo quindi non azzera le azioni di chi le possiede. Questo è possibile perché l’intervento si muove nell’ottica del cosiddetto burden sharing (condivisio­ne degli oneri) che è una versione attenuata del bail in. Possibile per le banche non in dissesto ma che non abbiano superato gli stress test (si veda anche l’articolo nella pagina seguente).

Sulle coordinate dell’intervento in tema di burden sharing la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciat­a con la sentenza 19 luglio 2016, causa C-526/14. Con quella decisione la Corte aveva spiegato che la concession­e di un aiuto di stato alle banche in difficoltà non passa necessaria­mente attraverso l’obbligo di converti- re in capitale i titoli subordinat­i o svalutarli, né di impiegare integralme­nte tali titoli per assorbire le perdite. Se lo Stato sceglie questa strada però è ovvio che l’aiuto non si è limitato al minimo necessario. Un aspetto che potrebbe incorrere nelle censure della Commission­e Ue, anche se la comunicazi­one di quest’ultima sugli interventi in materia bancaria, dà la possibilit­à di evitare misure che «metterebbe in pericolo la stabilità finanziari­a o determiner­ebbe risultati sproporzio­nati».

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