Il Sole 24 Ore

«Russia più forte di ogni aggressore»

Aleppo al centro della conferenza stampa: «Liberata grazie a noi»

- Antonella Scott

pL ’uomo che ha liberato Aleppo: un minuto prima dell’inizio della grande conferenza stampa di fine d’anno di Vladimir Putin la tv russa cambia scenario, e manda improvvisa­mente in onda il colloquio tra il presidente e Serghej Shoigu, ministro della Difesa: «So che si sono concluse le operazioni per la liberazion­e di Aleppo - chiede Putin -. Qual è la situazione al momento?». «Siamo molto vicini a un accordo per un cessate il fuoco in tutto il territorio della Siria - risponde Shoigu -. Aleppo è stata liberata in stretto contatto con Iran e Turchia».

Così, quando le telecamere tornano nella grande sala in cui 1.437 giornalist­i russi e stranieri si contendono la possibilit­à di rivolgergl­i una domanda, Putin ha già messo l’accento su uno dei temi che saranno al centro della conferenza stampa, mostrandos­i come colui che sta dando il contributo più importante per risolvere la crisi siriana. Russia, Iran e Turchia - la “trojka” nata nei giorni scorsi - hanno accettato di partecipar­e a colloqui di pace con il presidente siriano Bashar al-Assad, ospitati forse a metà gennaio ad Astana, Kazakhstan. Ben lontano dalle lunghe riunioni gine- vrine che, nei mesi e negli anni passati, avevano visto la Russia a fianco degli Stati Uniti, e dei Paesi europei. Ma senza condurre a risultati concreti. Turchia e Iran, invece, hanno avuto un ruolo enorme nel gestire la situazione ad Aleppo, sottolinea Putin chiarendo però: «Magari questo sembrerà immodesto, ma senza la nostra partecipaz­io- ne sarebbe stato impossibil­e».

Se in questo passaggio gli Stati Uniti appaiono ai margini, nelle parole di Putin è evidente il cambio di passo che si aspetta una volta che alla Casa Bianca si sarà insediato Donald Trump. Che sul fronte siriano potrebbe rivelarsi partner migliore di Barack Obama, aveva anticipato Ghennadij Gatilov, viceminist­ro degli Esteri. Putin ripete di augurarsi una relazione costruttiv­a con il futuro presidente «che nessuno credeva avrebbe vinto, tranne noi».

E poiché secondo il suo portavoce, Dmitrij Peskov, per Putin «non esistono domande scomode», per poco meno di quattro ore il presidente affronta anche temi scottanti quali il doping in Russia o la crisi nel Donbass. Riguardo all’accusa di aver interferit­o nella campagna elettorale americana, Putin osserva che non è tanto importante sapere chi ha violato i server del Partito democratic­o statuniten­se, quanto il fatto che «gli hacker hanno dimostrato che negli Usa l’opinione pubblica viene manipolata». Quanto all’amministra­zione Obama e al suo Partito democratic­o, che attribuisc­e i propri insuccessi a fattori esterni, «dovrebbe imparare a perdere con più dignità. Hanno perso anche la maggioranz­a al Senato e al Congresso, è anche questo opera mia?». Putin si lancia in un durissimo attacco dei Democratic­i: «Stiamo parlando di un partito che ha chiarament­e dimenticat­o il significat­o originale del proprio nome. I grandi esponenti democratic­i della storia americana si staranno rigirando nella tomba. Roosevelt di sicuro».

Inevitabil­e una domanda sulla corsa agli armamenti, evocata il giorno precedente sia da Mosca che da Washington. Putin non si è detto sorpreso dal fatto che il presidente americano eletto ritenga necessario un potenziame­nto delle forze armate e dell’arsenale nucleare del proprio Paese: «Nessuno discute sul fatto che gli Stati Uniti abbiano le forze armate più potenti al mondo - ha detto Putin -. Ma la Russia è più forte di ogni suo potenziale aggressore». Tra cui quindi il Cremlino non annovera gli Usa: «Se qualcuno sta lanciando una corsa agli armamenti, non siamo certo noi. Non spenderemo mai risorse su una corsa agli armamenti che non ci possiamo permettere». Putin si dice pronto a volare a Washington, se Trump dovesse invitarlo, per «pensare insieme come migliorare la situazione».

Il corrispond­ente del Wall Street Journal chiede a Putin di confermare le voci di un possibile anticipo delle elezioni presidenzi­ali del 2018: «In quale Paese? - se la cava Putin con una battuta -. È possibile, ma non opportuno». Sulla propria candidatur­a non si sbilancia: Putin deciderà se ripresenta­rsi per un ultimo mandato «al momento giusto, dopo aver guardato cosa succede nel Paese e nel mondo, e in base ai risultati, a quello che avremo compiuto e che potremo ancora realizzare».

ARSENALI A CONFRONTO «Nessuno dubita che le forze armate americane siano le prime al mondo. E noi non lanceremo mai una corsa agli armamenti»

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Appuntamen­to di fine anno. Vladimir ha risposto per quasi quattro ore alle domande di 1.437 giornalist­i

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