L’impossibile terza via tra Mattarellum e proporzionale
La proposta del leader del Pd Matteo Renzi di tornare al Mattarellum per preservare il principio maggioritario anche dopo il referendum del 4 dicembre, proposta lanciata domenica scorsa dall’assemblea nazionale del Pd, sembra aver percorso una strada brevissima. A saltare sul carro del sistema elettorale utilizzto dal ’94 al 2001 è stato solo il leader leghista Matteo Salvini, al quale si è accodata Giorgia Meloni di FdI. Sia il M5S sia Forza Italia si sono invece dichiarati indisponibili. Curiosamente, verrebbe da aggiungere, visto che le simulazioni di questi giorni - a partire da quella di Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore del 22 dicembre - indicano proprio nel centrodestra e nel Movimento 5 stelle i possibili vincitori e beneficiari di un ritorno al sistema dei collegi uninominali previsto dal vecchio Mattarellum (per il 75%, mentre per il restante 25% la ripartizione era proporzionale). Vero anche che queste simulazioni si basano sui risultati delle ultime elezioni (come nel caso di D’Alimonte) o sui sondaggi attuali, e quindi non possono tener conto di un effetto importan- te dell’uninominale: collegio per collegio, sono la serietà politica e il rapporto con il territorio dell’unico candidato per partito (o coalizione) i fattori determinanti. Ed è questo il motivo per cui un movimento come quello grillino, che beneficia di un voto anti-sistema “ideologico” ma che non ha una vera classe dirigente né a livello nazionale né tantomeno locale, è contrario al Mattarellum. Mentre il no di Silvio Berlusconi ha motivi più politici: l’ex Cavaliere non vuole allearsi con i partiti “lepenisti” di Salvini e Meloni, cosa che invece sarebbe costretto a fare con il Mattarellum pena non vincere in alcun collegio, mentre punta alla grande coalizione alla tedesca con il Pd dopo il voto con un sistema proporzionale.
Al netto della non collaborazione delle due principali forze politiche avversarie, per il Pd immaginare una via alternativa al Mattarellum è quasi impossibile. Per motivi, in questo caso, più sistemici che politici. In pochi abbiamo sottolineato durante la campagna referendaria il fatto che la vera causa dell’instabilità del sistema politico italiano non deriva tanto dalle leggi elettorali quanto dall’esistenza di due Camere depositarie del rapporto di fidu- cia con il governo e per di più elette in modo diverso. Con effetti imprevedibili in presenza di un tripolarismo come quello attuale, dal momento che qualsiasi sistema - in linea teorica anche un sistema proporzionale - rischierebbe di produrre un vincitore alla Camera e uno diverso al Senato. Per la Camera votano infatti oltre 4 milioni di giovani tra i 18 e i 25 anni che non sono ammessi al voto per il Senato. E negli ultimi anni il voto dei giovanissimi si è nettamente differenziato da quello dei loro padri, portando il M5S ad essere il primo partito in quella fascia di età.
I sistemi maggioritari alternativi all’Italicum immaginati in casa Pd prima del referendum, dunque, con la sopravvivenza del bicameralismo paritario che la riforma Boschi voleva abolire non sono utilizzabili: il Mattarellum 2.0 proposto dalla minoranza bersaniana, con un premio di 90 seggi per il vincitore nei collegi uninominali; e anche il più semplice sistema alla greca sponsorizzato dai “giovani turchi”, ossia un proporzionale con premio del 15%. Come uscirne se il premio venisse conquistato dal M5S alla Camera e dal Pd in Senato? Il sistema, evidentemente, si impallereb- be. Né pare una soluzione percorribile quella immaginata dal deputato dem Giuseppe Lauricella nei giorni scorsi: attribuire il premio solo se il vincitore risulta tale in entrambe le Camere. Secondo molti costituzionalisti un sistema siffatto sarebbe infatti illegittimo, perché in questo modo si darebbe il potere ai 18-25enni di determinare il vincitore anche in Senato pur non essendo ammessi all’elezione dei senatori.
Che fare, dunque? Proprio per non perdersi in discussioni interminabili su improbabili vie di mezzo (50% collegi e 50% proporzionale; proporzionale alla spagnola; collegi proporzionali stile Provincellum e chi più ne ha più ne metta), Renzi ha impostato così la strategia del Pd: o il Mattarellum o il proporzionale che uscirà dalla sentenza della Consulta sull’Italicum il 24 gennaio. Ma mentre è vero che la sentenza sarà comunque autoapplicativa, perché il Paese non può restare senza legge elettorale, non è affatto detto che i giudici costituzionali consegneranno un sistema omogeneo tra le due Camere, condizione più volte ribadita dal Capo dello Stato per poter sciogliere le Camere. Costringendo in questo caso indirettamente il Parlamento a legiferare, o almeno a provarci, prima di dichiarare definitivamente chiusa questa caotica legislatura.