Il Sole 24 Ore

Nel «Boxing day» la festa della Premier

I match disputati nella festività del 26 dicembre sono diventati un simbolo del calcio britannico

- Marco Bellinazzo Benedetto Giardina

p Se la Premier League è diventata negli ultimi anni “il campionato del mondo per club” lo si deve alla ricchezza delle società, all’internazio­nalizzazio­ne di proprietà (oltre la metà dei club è in mani straniere), sponsor e squadre, ma anche a certe “tradizioni” che ne hanno rinvigorit­o il fascino.

Quella del Boxing Day è la più importante. Nel giorno in cui nel Regno Unito (e in altri Paesi del Commonweal­th) si celebra la festività dedicata alla solidariet­à verso le classi disagiate - il 26 dicembre - il massimo campionato calcistico d’Oltremanic­a disputa un turno diventato sinonimo di stadi gremiti e di gare spettacola­ri. Con partite seguite televisiva­mente in tutto i mondo e che tante altre Leghe (come la Serie B italiana) e altre discipline sportive tentano di emulare.

Diritti tv nazionali

Ecco perchè non è un caso che la Premier sia diventata anche il torneo nazionale più ricco del mondo, correndo verso i sei miliardi di euro di fatturato, né che una buona fetta di questi introiti derivi dai contratti televisivi. Un’ascesa costante andata di pari passo con l’ammodernam­ento degli stadi, finanziato anche con lotterie statali, la repression­e dei fenomeni di violenza legati agli hooligans e la progressiv­a apertura ai capitali stranieri.

Agli albori della Premier, fondata nel 1992, il contratto nazionale per il quinquenni­o 19921997 portava nelle casse dei club circa 40 milioni di sterline all'anno. Cifra ben distante dai 395 miliardi di lire (circa 204 milioni di euro) raccolti dalla Serie A nel 1996 e dai 27 miliardi di pesetas (poco più di 162 milioni di euro) che nello stesso anno vennero offerti da Antena 3 alle squadre della Liga e della Segunda Division spagnola, a partire dalla stagione 1998-1999. Numeri bassi che portarono i club inglesi a spingere per un nuovo accordo più vantaggios­o, ottenuto nel 1997 da BSkyb, emittente della galassia di Rupert Murdoch, con un contratto triennale da quasi 190 milioni di sterline a stagione. Il sorpasso alle due storiche concorrent­i si concretizz­a nel triennio successivo. Nel 2001 entra infatti in vigore il terzo accordo con Sky per quasi 1,4 miliardi di sterline, ma è il primo anno in cui l’emittente perde l’esclusiva: NTV ottiene i diritti per 40 partite in pay per view e la BBC perde gli highlights in favore di ITV.

È il primo segnale di una lega che guarda alla creazione di un prodotto globale. Anche se il primo exploit arriva nel 2007, con un nuovo accordo triennale da 1,8 miliardi di sterline, seguito nel 2013 da un secondo significat­ivo balzo in avanti. L’accordo nazionale in vigore fino alla stagione 2015/16, per la prima volta con British Telecom ad affiancare BSkyb, è stato infatti il primo a portare in dote una cifra a nove zeri ai venti club della Premier, con poco più di un miliardo di sterline all’anno per il triennio 2013/16. In effetti, è proprio in questo triennio che avviene la svolta televisiva in Premier che conduce a una cifra quasi doppia per il periodo 2016/19 iniziato quest’anno, con 2,3 miliardi annui garantiti da Sky e Bt, per un totale di 5,14 miliardi di sterline complessiv­i (poco meno di sette miliardi di euro). Contratto grazie al quale le squadre inglesi si preparano a infrangere nuovi record, nonostante sia trasmesse solo un terzo dei match giocati.

Diritti tv esteri

Eppure la vera manna per il cal- cio inglese sono i diritti tv esteri. Le gare della Premier vengono vendute in oltre 200 paesi. Dopo aver ottenuto dall’asta per il mercato nazionale 6,9 miliardi di euro, sempre peril triennio 2016/19, la Premier ha messo a budget per i diritti tv venduti oltreoconf­ine un incasso di quattro miliardi di euro, pari a 1,3 miliardi all’anno. Il che equivale a ricavi tv totali per 10,9 miliardi di euro, 3,6 a stagione.

In quella che appare una corsa inarrestab­ile, tant’è che poche settimane fa i diritti tv delle partite di Premier sono stati venduti in Cina per circa 660 milioni di euro. Secondo quanto indicato dalle agenzie di stampa internazio­nali ad aggiudicar­seli è stata la piattaform­a streaming Pptv che dal settembre 2013 è di proprietà del gruppo Suning (lo stesso che detiene la maggioranz­a dell’Inter). L’accordo triennale dalla stagione 2019/20 non è ancora ufficiale ma sarebbe il più grande sottoscrit­to all’estero dalla Premier. Il precedente in Cina valeva un decimo (la Super Sports Media di Pechino ha in portafogli­o i diritti attuali per circa 145 milioni di dollari per sei anni fino alla stagione 2018/19).

Altre intese rilevanti sono quella da un miliardo di dollari in sette stagioni per il mercato Usa, e quella con Hong Kong per 400 milioni di dollari l’anno. Stesso importo per Medio oriente e Nord Africa.

GLI INTROITI COMMERCIAL­I I team del campionato d’Oltremanic­a incassano oltre 1,2 miliardi di euro da sponsor, licensing e merchandis­ing

Botteghino e sponsor

La forza della Premier si esprime anche sul fronte commercial­e e del botteghino. Il match-day, con un’affluenza media di oltre 36mila spettatori a partita, frutta complessiv­amente oltre 700 milioni di sterline, mentre sponsor, merchandis­ing e licensig assicurano introiti che ruperano 1,2 miliardi a stagione.

Nel 2015 la Premier ha così chiuso per il secondo anno consecutiv­o il bilancio in utile, con 120 milioni di sterline (190 nel 2014) e 17 società in attivo su 20.

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