Scalata Mediaset, Vivendi cerca ancora un’intesa
Il vertice del gruppo francese ier i in Consob dopo l’esposto di Fininvest De Puyfontaine: «Siamo i secondi azionisti, molte ragioni per un accordo»
pSecondo round in Consob sul caso Mediaset, questa volta a Roma. In udienza c’era il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, che - uscendo - ha ribadito come l’ingresso nel capitale del Biscione sia funzionale a raggiungere un accordo. «Lo ho sempre detto - ha sottolineato l’ambasciatore di Bolloré - e ancora voglio raggiungerlo: adesso che siamo i secondi azionisti ci sono molte più ragioni per cui un accordo dovremmo trovarlo». De Puyfontaine ha aggiunto di voler «rimanere positivo sulla possibilità di costruire un gruppo di media paneuropeo», cosa che «sarebbe una grande notizia per ogni italiano e per ogni francese».
Con i suoi modi, sempre comunque garbati, de Puyfontaine ha anche ringraziato la Consob per aver dato la possibilità di fare chiarezza sul comportamento tenuto nella vicenda dalla media company transalpina.
p «Le azioni messe in campo da
Vivendi sono sempre state ispirate alla massima trasparenza e attuate nel pieno rispetto della normativa». Il numero 1 operativo della media company transalpina ha assicurato la disponibilità «alla piena collaborazione e a fornire tutti i chiarimenti in uno spirito di massima trasparenza». Nessuna risposta, invece, sulla possibilità di un’Opa su Mediaset. «Giovedì - si è limitato a dire - abbiamo comunicato la quota: non ho commenti da fare su questo argomento». Vivendi è già salito, col 29,94%, a un passo dalla soglia del 30% che, se superata con ulteriori acquisti, farebbe scattare l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica totalitaria.
Il giorno prima la Consob, nella sede milanese, aveva ascoltato il cfo di Mediaset, Marco Giordani, che ha parlato anche per conto della Fininvest, riepilogando le tappe della vicenda che ha visto prima alleati e poi “nemici” i francesi di Vivendi. Dopo almeno un paio di mesi di trattative l’8 aprile scorso Vivendi e Mediaset avevano infatti firmato un contratto che prevedeva il passaggio della pay-tv Premium sotto le insegne francesi, nel quadro di un’alleanza dal respiro internazionale tra i due gruppi che sarebbe stata sancita da uno scambio reciproco del 3,5%, con l’innesto nei rispettivi board di un rappresentante dell’altra società. A fine luglio però Mediaset era costretta a rendere pubblica (per la normativa vigente) una lettera recapitata da Parigi dove si proponeva una soluzione alternativa al contratto firma- to che per il Biscione era invece valido e vincolante. In particolare si proponeva l’ingresso di Vivendi in Mediaset tramite un’obbligazione convertibile a step successivi fino a raggiungere una quota del 15%, con conseguente diluizione di Fininvest sotto il 30%, mentre su Premium ci sarebbe stata, una sorta di condominio con i francesi al 20%. Dalla parte del ricevente la proposta era suonata come un segnale d’al- larme, suscitando il sospetto che le vere mire fossero rivolte a Mediaset e che invece il negoziato su Premium fosse stato solo un cavallo di Troia. Fatto sta che da lì è partito un contenzioso, tuttora irrisolto, con annessa richiesta danni per una cifra nell’ordine di 1,5 miliardi. Fininvest e Mediaset hanno poi accusato i francesi di aver fatto calare ad arte le quotazioni con la “disdetta” al contratto sulla pay-tv per creare le con- dizioni favorevoli alla scalata. E alla Consob, che già stata monitorando la situazione, si è appellata, con un esposto, anche la holding della famiglia Berlusconi.
Su «Le Figaro» questa settimana è apparsa una ricostruzione della vicenda che aggiunge altri dettagli. In particolare, sostiene il quotidiano transalpino, Vincent Bolloré - presidente e azionista di riferimento di Vivendi, di cui è in sostanza il dominus - avrebbe deciso l’attacco dopo la richiesta Mediaset di sequestro giudiziario del 3,5% di Vivendi che era il corrispettivo concordato nel contratto di aprile. A fine novembre, dunque, Bolloré avrebbe incaricato Bnp-Paribas di rilevare il primo 3% e quindi Natixis, anch’essa francese, per rastrellare quello che mancava a raggiungere il 20%, operazione completata nel giro di pochi giorni. Prima dell’annuncio, Tarak Ben Ammar - secondo il quotidiano - avrebbe “avvisato” la famiglia Berlusconi, ma PierSilvio, che gestisce Mediaset, aveva pensato a un bluff. I fatti, finora, gli hanno dato torto.
A rastrellamento finito, le quotazioni di Mediaset in Borsa si sono calmate intorno ai 4 euro (+0,25% ieri a 4,01 euro). Le scommesse speculative si sono spostate invece su Telecom, salita del 4,45% a 0,8575 euro, ipotizzando che possa prima o poi essere coinvolta nella partita. In particolare, il quotidiano «La Stampa», citando fonti ministeriali, ha lanciato l’ipotesi che Cdp possa intervenire nel capitale di Telecom per fare da contrappeso ai francesi.