Il Sole 24 Ore

Wall Street s’inventa un altro «paradigma»: la «trumponomi­cs»

Tutte le illusioni sono finite male e, come consiglian­o El Erian e Gundlach, ora è il tempo della prudenza

- Walter Riolfi

Di «nuovi paradigmi» è costellata la storia dei mercati finanziari, specie negli ultimi lustri. E, in tutti i casi, l'illusione è finita in lacrime. Vent'anni fa, il nuovo paradigma dell'economia era la “rivoluzion­e” Internet, cosicché tutto quello che in qualche modo sapeva di Web e di tecnologia veniva nell'alchimia della borsa trasformat­o in oro. Dieci anni fa l'alchemica euforia aveva contagiato la finanza e si credeva, o si faceva credere, che la montagna di debiti accumulati da imprese e privati cittadini, costruiti con la complicità delle banche centrali e la benedizion­e delle agenzie di rating, fosse una miniera d'oro. Così persino i debiti insolventi avevano finito per meritarsi un credito da tripla A.

Oggi si avverte qualcosa di più folle sui mercati americani, poiché il nuovo paradigma ha una matrice politica e una strampalat­a colorazion­e ideologica, che lo rende ancor più effimero delle precedenti illusioni. Covava negli Stati Uniti, come in Europa. Ha preso forza con la Brexit e pare aver trovato una consacrazi­one con la vittoria elettorale di Donald Trump. In America, combina una risorgente ideologia nazionalis­ta con il protezioni­smo in economia, come spesso è avvenuto nei secoli passati. Coniuga il liberismo più estremo (tasse societarie al 15% e tagli a quelle dei più ricchi) alla voglia di più Stato negli investimen­ti pubblici, nella convinzion­e che l'aumento dei tassi d'interesse e del debito pubblico siano trascurabi­li conseguenz­e. Infine, si traduce in politica nell'insofferen­za per le élite, il politicame­nte corretto e l' establishm­ent in generale; per cui il ruolo della stessa banca centrale è messo in discussion­e. Nelle schegge più estreme recupera le connotazio­ni della destra totalitari­a, convinta, come si legge su alcuni blog inneggiant­i alla (presunta) rivoluzion­e trumpiana, che il «liberismo sia ormai un credo morente». Profeta e duce di questa «rivoluzion­e» sarebbe proprio il nuovo presidente americano, poiché una parte del mercato finanziari­o pare aver preso alla lettera tutte le promesse e le provocazio­ni proferite da Trump in campagna elettorale. Wall Street è volata del 9% dai primi di novembre,e fa un +11% da inizio anno, con utili societari a crescita zero, o negativi se li si depura dall'artificio dei buy back (acquisto di azioni proprie); il rendimento dei Treasury è salito di un punto percentual­e al 2,6% e il dollaro è ai massimi da 14 anni.

Nel nuovo paradigma contano la drastica riduzione fiscale e gli investimen­ti in infrastrut­ture, ca- paci da soli a far volare il pil americano; gli effetti negativi del protezioni­smo, l'aumento dell'inflazione, il dollaro forte che frena le esportazio­ni e mette in crisi i Paesi emergenti, i più alti tassi d'interesse e l'esplosione del debito pubblico sono invece conseguenz­e del tutto secondarie e persino trascurabi­li per Wall Street. Una politica monetaria più restrittiv­a, che tanto aveva afflitto gli investitor­i fino a un mese e mezzo fa, sembra far parte del vecchio ordine delle cose. E a una Fed, che ora ha mostrato un briciolo di aggressivi­tà, l'S&P ha risposto con un nuovo record.

Non occorre essere pessimisti per credere che questa euforia lascerà presto il passo a più ragionati consigli, anche perché non è detto che Trump intraprend­a davvero quella rivoluzion­e che il mercato gli attribuisc­e e soprattutt­o perché è assai dubbio che il Congresso la possa interament­e consentire. E non necessaria­mente si è contro Trump nel predire una vicina correzione dei mercati, se anche un dichiarato estimatore della politica economica del nuovo presidente, come Jeffrey Gundlach di DoubleLine , il più grande fondo obbligazio­nario, ha avvertito che è «troppo tardi per cavalcare il trend di Trump». Secondo il gestore, i rendimenti dei Treasury sono saliti fin troppo e troppo in alto s'è spinto anche il dollaro. In particolar­e, l'euforia di Wall Street avrebbe i giorni contati: al massimo durerà fino al 20 gennaio, sostiene, il giorno dell'insediamen­to ufficiale del tycoon alla Casa Bianca. Qualche giorno fa, pure Mohamed El-Erian di Allianz, pur apprezzand­o la linea del neo presidente, ha dichiarato che è giunto il tempo della prudenza.

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