Il Sole 24 Ore

Allo Stato sarebbe convenuto convertire i «Monti bond»

Minu svalenze sui crediti: almeno quattro miliardi di mancati introiti fiscali

- Marcello Frisone

C'è ancora chi ama parlare di Mps come della terza banca italiana ma la vicenda dell'istituto di credito più vecchio in attività al mondo è, ancora una volta, la dimostrazi­one di come si tradisce il risparmio degli italiani. Dopo otto miliardi di euro di aumenti di capitale andati in fumo nell'ultimo biennio (con la promessa che sarebbero stati sufficient­i), se ne sono chiesti altri cinque. Dentro Mps è successo di tutto e certamente la Vigilanza non ha brillato. Prima si è acconsenti­to a un acquisto “capestro” come quello di Banca Antonvenet­a, poi sono arrivati i derivati Santorini e Alexandria per “coprire” il buco, riapparso però di recente più grande di prima. Dulcis in fundo, si fa per dire, è arrivata la crisi del sistema industrial­e italiano, quel capitalism­o buono ma anche di relazione che non ha ripagato i propri debiti generando una montagna di crediti deteriorat­i per 18 miliardi. Insomma, i depositi dei poveri risparmiat­ori sono stati usati come carne da macello.

Investitor­i istituzion­ali della City hanno detto che l'operazione di rafforzame­nto patrimonia­le di Mps è opaca e se ne sono tenuti alla larga. Non a caso è dovuto intervenir­e lo Stato. È stato invece esplicitat­o (nel prospetto informativ­o relativo alla conversion­e dei bond subordinat­i di Mps in azioni) che recuperare i crediti deteriorat­i costerà oltre 700 milioni. «Questa commission­e è monstre (come lo è peraltro l'importo dei crediti deteriorat­i ceduti di 27 miliardi) — spiega Carla Ruocco, ex vicepresid­ente Commission­e Finanze della Camera — e dovrebbe essere dettagliat­a in tutte le sue componenti; per esempio, quanto è fissa, quanto in base al raggiungim­ento di specifici risultati e secondo quali tempistich­e. Manca totalmente la trasparenz­a e l'unica certezza è che si è chiesto a 40mila risparmiat­ori (quelli cioè che hanno sottoscrit­to nel 2008 un bond subordinat­o Mps per circa due miliardi di euro) di farsi carico delle perdite della banca convertend­o — continua la deputata — “spintaneam­ente” le loro obbligazio­ni subordinat­e in azioni sbandieran­do il fatto che è l'Europa a chiederlo tramite la regola del burden sharing».

Ma era possibile evitare questa situazione? «Sì — risponde Marcello Minenna, docente della London School of Economics —, sarebbe stato sufficient­e nazionaliz­zare la banca attraverso la conversion­e dei quattro miliardi di “Monti bond” emessi nel 2012 e che avevano peraltro la caratteris­tica di aggirare le stringenti regole europee del bail-in, già introdotte in maniera soft nell'Eurozona dal 1° agosto 2013». Insomma cambiano i Governi, cambiano le strategie ma la piena tutela del risparmio degli italiani continua a essere inattuata.

I “Monti bond” sono però stati rimborsati con gli aumenti di capitale salvando così i contribuen­ti a scapito dei risparmiat­ori-investitor­i. «Questo salvataggi­o — conclude Ruocco — è apparente: ogni qualvolta una banca contabiliz­za perdite, genera infatti un mancato gettito per l'Erario e quindi un maggiore deficit per lo Stato. Mps, contabiliz­zando perdite su crediti negli ultimi anni per oltre 15 miliardi, ha generato un mancato gettito (per la non tassazione dei ricavi) di oltre 4 miliardi che ricade sempre sui contribuen­ti italiani».

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