Siena, è scontro sui compensi ai vertici
Polemiche interne sulla remu nerazione dei top manager Il piano di salvataggio e le maxicommissioni
Le voci della retribuzione per Marco Morelli, amministratore delegato e direttore generale di Mps dal 20 settembre 2016, «sono state determinate in analogia a quelle applicate al precedente direttore generale e amministratore delegato», come recita il comunicato della banca. E quindi la sua remunerazione annua lorda (“onnicomprensiva”) è stata fissata in 1,4 milioni, 300mila a titolo di trattamento di ingresso e 465mila per esercizio carica (per le remunerazioni dal 2005 al 2015 in Mps, estratte dai relativi bilanci annuali a cura dell’Ufficio studi del Sole 24 Ore, si veda il sito di Plus24 www.ilsole24ore.com/ plus24 ).
i compensi
Il comunicato di Mps non precisa se si è tenuto conto anche di cambiamenti nella situazione complessiva dell’istituto. E neanche indica come operano le clausole di malus e clawback (che permettono di trattenere o chiedere la restituzione di parte del compenso variabile, se fissato sulla base di presupposti errati). In ogni caso secondo la relazione sulle remunerazioni 2015 di Mps «i meccanismi di malus e clawback (...) vengono formalizzati in occasione di ogni attivazione di componente variabile (apertura del sistema incentivante o risoluzione del rapporto di lavoro) o all'assunzione per i nuovi dipendenti». I coordinamenti delle rappresentanze sindacali di Mps subito dopo il comunicato con le remunerazioni a Morelli avevano denunciato «come tali emolumenti, e in generale quelli dell'intero top management, siano da considerare i naccettabili e assolutamente non coerenti con la situazione di difficoltà attraversata dal gruppo Monte dei Paschi». In ogni caso come segnalato dal Rapporto di Assonime ed Emittenti titoli per il 2015 le retribuzioni dei Ceo del FtseMib si attestano intorno ai 2,2 milioni di euro, per la parte non “equity based”, a cui si aggiungono altri 704mila euro per bonus. Quindi da questo punto di vista Mps è in linea con la media. Va anche segnalato l’accordo recente del Gruppo Bnl con i sindacati, contenente tra le altre cose la previsione di una riduzione del 50% del bonus cash dei 21 top manager.
Nel 2015 sugli emolumenti del precedente Ad, Fabrizio Viola, la Consob aveva chiesto dei chiarimenti all’istituto che erano stati illustrati al pubblico con un comunicato. Che spiegava relativamente all’importo di 1,2 milioni di euro «riconosciuto al dottor Viola nel luglio 2014, ad avvenuto completamento dell’aumento di capitale, si ricorda che lo stesso era previsto nel contesto di un accordo transattivo — inderogabile dal punto di vista giuslavoristico, stante il principio di non riducibilità della retribuzione in via unilaterale — sottoscritto nel novembre 2013». Ma spiegava che nell’accordo Viola «aveva accettato una riduzione della remunerazione, imposta dalla Direzione generale per la concorrenza della Commissione Europea (“DG Comp”), dai 3,5 milioni di euro (di cui 1,4 milioni di retribuzione fissa e 2,1 milioni di variabile massi- mo potenziale) previsti nel suo contratto di assunzione a 500mila euro». E inoltre aveva rinunciato ad altre voci relative al cumulo degli incarichi e agli effetti della clausola di durata minima garantita «(valorizzata in 3,54 milioni) parimenti prevista nel contratto di assunzione, e sostituita con un diverso ed inferiore trattamento convenzionale». Retribuzioni ben lontane dai 10 milioni e passa percepiti da Emilio Tonini al suo ultimo anno in Mps (più di 2 milioni nell’anno precedente, si veda anche la grafica in pagina). Il personale “più rilevante” nel gruppo Mps nel 2016 è costituito da 202 soggetti con compensi per 35 milioni 606mila 869 euro, mentre nella società propriamente detta erano 39 con due milioni 293mila 245 euro.
gli emolumenti «fantasma»
C’è però anche un altro costo che è sta nell’occhio del ciclone nelle scorse settimane. Ed è relativo alla reale destinazione dell’aumento di capitale da 5 miliardi da realizzare entro l’anno. Notizie di agenzia del 15 dicembre scorso, riportando “fonti vicine al consorzio guidato da Jp Morgan e Mediobanca” specificavano che le banche che assistono Mps nell’aumento di capitale riceveranno i compensi pattuiti «solo ed esclusivamente in caso di completo successo dell’operazione». Una voce per la quale sono stimati importi per 448 milioni. Ma ancora negli ultimissimi giorni diverse associazioni di consumatori segnalavano il rischio (poi sventato) che il mancato aumento di capitale avrebbe potuto essere accompagnato anche dalla “beffa” del pagamento delle commissioni al consorzio di banche i compensi pattuiti per quasi mezzo miliardo di euro.