L’ home bias involontario degli italiani
Più volte qui mi sono occupato della tendenza di risparmiatori e investitori di allocare le proprie risorse finanziarie nei propri mercati domestici: una tendenza quasi naturale, visto che è presente un po’ ovunque, ingenerata dalla speranza - o dall’illusione di conoscere meglio gli asset investiti. La realtà ci sottopone tuttavia forme più complesse di «unwilling home bias» secondo cui l’investitore destina risorse crescenti al mercato domestico pur avendo intenzioni differenti. Paradossale? Forse. È questo il quadro che emerge dalla lettura dell’indagine realizzata da Covip che fornisce un quadro di sintesi sulle gestioni finanziarie di fondi pensione e Casse professionali. Il focus al “sistema paese” che realizza l’autorità di vigilanza consente di osservare come l’esposizione agli investimenti tricolore dei soggetti istituzionali è davvero rilevante: a fine 2015 il portafoglio dei fondi pensione era investito in titoli italiani, con titoli di Stato per il 26,9%. Quasi un euro su due, destinati a costruire le pensioni future, è concentrato nel piccolo ed esiguo mercato di casa. La quota è analoga per le Casse dei professionisti (32 miliardi su 62). Com’è noto, fondi pensione e Casse (più i primi che le seconde per la verità) da anni hanno avviato un processo per alleggerirsi dagli investimenti in BTp, BoT e Cct, per lasciare spazio a una maggiore esposizione a strumenti in grado di investire nel sistema economico italiano. Le cronache hanno registrato vari tentativi, mai andati a buon fine. Ad oggi non esistono strumenti - se non quelli puramente privati del private equity o consortili come il Fondo italiano - a questo scopo. Purtroppo: un flusso annuale di 3-5 miliardi, è stato calcolato, potrebbe essere destinato allo sviluppo del paese in un momento in cui c’è un grande bisogno di investimenti di lungo termine. Certo, ciò comporterebbe una modifica alla rischiosità delle gestioni previdenziali. Cosa che Consob ha di fatto consentito ai risparmiatori detentori di bond subordinati Mps. Con una preparazione e una professionalità decisamente inferiore a quelle dei gestori previdenziali, gestiscono oltre 170 miliardi di euro affidati loro per costruire le pensioni di domani.