Ecco le azioni più tranquille
L’analisi della volatilità sui titoli dell’Ftse Mib consente di individuare i titoli per chi non ama le «emozioni forti»
La volatilità è un fattore che può far perdere il sonno ai risparmiatori: se un titolo è particolarmente volatile vuol dire che tende ad avere delle variazioni di prezzo particolarmente ampie, quindi in fasi negative può riportare perdite più accentuate rispetto al resto del mercato. «Il mercato italiano è stato più volatile di quello europeo: l'indice Ftse Mib ha avuto una volatilità del 20% superiore a quella della zona euro e superiore di quasi il 30% rispetto al mercato europeo. Un fenomeno legato a ragioni strutturali, un riflesso del fatto che il comparto finanziario — e in particolare le banche, che sono state molto volatili per le incertezze e i problemi che hanno coinvolto il settore — hanno un peso molto più alto in Italia», spiega Gilles Guibout, responsabile azionario Europa di Axa Im. Ma può avere un senso, per avere maggiore tranquillità, mettere in portafoglio le azioni meno volatili? Secondo Guibout, può essere uno dei fattori di cui tenere conto nella costruzione di un portafoglio più “sicuro”, ma dipende da quali sono gli obiettivi. «La volatilità di solito è il riflesso della stabilità del business sottostante, ma può essere una chiave di lettura per capire quanto un titolo sia “consensuale”, cioè quanto sulle prospettive di quelle azioni convergano giudizi unanimi. Se si è in grado di fare un'analisi sui fondamentali vale quasi la pena di chiedersi perché un titolo sia volatile, perché le azioni non “consensuali” sono anche quelle che possono dare speranze di ritorno più elevate, se le condizioni sono favorevoli, ma ovviamente in caso contrario possono subire perdite molto forti», argomenta Guibout. Quindi se il proprio profilo di rischio è basso, «un investitore che voglia stare tranquillo può puntare su azioni non volatili». Tra i titoli italiani che nell'ultimo anno hanno
Valori da inizio anno, in percentuale dimostrato una volatilità pronunciata, sul mercato generale ci sono Meridie, Zucchi, Mps, Cti Biopharma, Nova Re, mentre sul Ftse Mib compaiono soprattutto le banche, oltre a Saipem e Mediaset. Sul fronte opposto, tra i titoli meno volatili del Mta emergono Parmalat, Ansaldo Sts, Zignago Vetro, Sabaf, mentre tra le blue chip la meno volatile è Terna, seguita da Snam, Atlantia, Campari ed Enel. Ma per farsi un'idea delle dinamiche sottostanti la volatilità può essere più utile guardare le blue chip perché sui titoli più piccoli spesso la volatilità può essere legata alla scarsa liquidità. «Tra le blue chip , i titoli più volatili dell'anno sono stati soprattutto le banche e qualche titolo interessato da operazioni straordinarie, come Saipem», osserva Claudio De Ranieri, gestore di Albemarle Am. «Le banche, oltre a evidenziare un'elevata volatilità, hanno anche messo a segno performance molto negative. La migliore della pattuglia, Bper, ha perso il 30% contro il -12% dell'indice Ftse Mib. Se invece guardiamo la parte bassa della classifica, vediamo che tra i titoli meno volatili ci sono molte azioni difensive (le utility ), oltre a qualche esponente del settore food e pharma. Le performance sono meno negative del mercato o addirittura positive (il -11% di Terna per esempio non tiene conto dei dividendi staccati)», prosegue De Ranieri. Il punto è quindi che nelle fasi di mercato difficili, in cui si teme di più l'impatto della volatilità, resta valida la regola di investire sui difensivi, «che tendono ad avere un beta inferiore, cioè a muoversi meno del mercato, anche in fasi di Borsa positive», spiega De Ranieri, mentre i titoli ciclici tendono a essere più volatili. Un altro aspetto da guardare per capire se un titolo è a rischio volatilità è il debito, perché «a parità di condizioni, le società pià indebitate sono più volatili per una serie di motivi legati alla valutazione dell'enterprise value e ai rischi di fallimento o aumento di capitale. Per esempio, tra i titoli industriali risultano particolarmente volatili le azioni di Fiat, perché avendo tanti debiti tendono ad avere un andamento più che proporzionale rispetto al trend del settore», aggiunge De Ranieri.