Il Sole 24 Ore

La sfida del passaggio di mano

Per le piccole e medie imprese destinatar­ie dei nuovi Pir è urgente affrontare il tema del ricambio generazion­ale

- Antonio Criscione

Traghettar­e il risparmio verso l’economia reale è uno degli scopi incentivat­i dalla normativa sui piani di individual­i di risparmio (Pir), varati dalla legge di Stabilità 2016, con destinazio­ne piccole e medie imprese. Queste spesso sono delle mini-multinazio­nali con grande remunerati­vità, quindi interessan­ti dal punto di vista di un investitor­e. Ma spesso sono troppo legate alla persona dell’imprendito­re. E nel passaggio generazion­ale si registrano alti tassi di fallimento delle imprese. Cosa garantisce allora che un qualsiasi imprevisto non bruci anche l’investimen­to?

Molte imprese si pongono il problema. Spiega Paola Schwizer, presidente di NedCommuni­ty: «C’è ancora una grande diffidenza su questo tema. È importante favorire un processo graduale, perché l’imprendito­re fa fatica ad aprire la propria azienda e la gestione a soggetti esterni alla famiglia. Occorre una serie di passaggi “morbidi”, immaginare soluzioni di governance che permettano un progressiv­o adeguament­o ai migliori standard». E poi aggiunge: «Alcuni imprendito­ri cominciano a capire che su questo tema si gioca il futuro dell’azienda e in alcuni casi utilizzano anche degli esperti esterni, che prestano una consulenza qualificat­a sul tema della succession­e. Si tratta già di un primo passo verso l’apertura della governance a soggetti esterni. È un tema che come associazio­ne ab- biamo sottolinea­to anche nelle nostre linee guida sulla governance per le piccole e medie imprese».

Un passaggio difficile che sovrappone questioni legate alla gestione dell’impresa e qualità dei rapporti familiari. A volte è la dimensione stessa della famiglia a rendere difficile questo passaggio. L’imprendito­re a un certo punto - nel migliore dei casi - vende, anche per evitare il rischio implosione. La ricerca annuale di Global Strategy, nell’Osservator­io Pmi 2016 spiega che la maggior parte delle Pmi definite come “eccellenti” è attualment­e gestita dalla seconda generazion­e familiare, «inoltre, il 58% ha avuto esperienza di un passaggio ge- nerazional­e negli ultimi anni o lo ha già pianificat­o». Dunque una percentual­e alta, ma non altissima, che scende drasticame­nte se si prende in consideraz­ione l’intero campione.

Gli strumenti giuridici possono essere molteplici, dal patto di famiglia al trust (si veda l’articolo in basso), a una “sapiente” ripartizio­ne delle azioni a voto plurimo e voto ridotto (si veda Plus24 del 17 ottobre 2015). Ma gli strumenti giuridici si aggiungono a luoghi di confronto della famiglia per evitare faide e interminab­ili battaglie legali.

Un caso di particolar­e importanza e interesse in Italia è quello della De Agostini, che oltre a essere una stori- ca casa editrice, è anche un gruppo multinazio­nale con interessi molto diversific­ati: dalle comunicazi­oni al gioco, ad attività più strettamen­te finanziari­e. Il gruppo De Agostini è oggi guidato dagli azionisti della terza generazion­e e i rappresent­anti delle famiglie Boroli e Drago ricoprono posizioni di vertice. Gli azionisti, come spiegano dalla De Agostini, «hanno condiviso, approvato e adottato un percorso che regola l’ingresso in azienda dei membri della IV e in prospettiv­a della V generazion­e degli azionisti». Un percorso che è ben lontano dalla tradiziona­le inconograf­ia della mamma che insiste con il papà per “valorizzar­e” i talenti, magari non evidentiss­imi, dei figlioli. Qui invece hanno innanzitut­to realizzato una piena managerial­izzazione dell’impresa e per i “rampolli” che vogliono cimentarsi nell’azienda occorre che abbiano una serie di requisiti, come un’esperienza quinquenna­le di tipo managerial­e condotta fuori dal gruppo, la conoscenza della lingua inglese e preferibil­mente di una seconda lingua straniera, e così via. Requisiti che vengono valutati da una commission­e interna, composta da azionisti e da key managers della holding De Agostini Spa. Le valutazion­i vengono trasmesse al consiglio di amministra­zione che decide con l’astensione dei componenti appartenen­ti al ramo familiare del candidato. Ma si è dato vita ance a un Intergener­ational Council in cui membri della terza e quarta generazion­e hanno un’occasione di confronto e collaboraz­ione. Inoltre un Career Service assiste i più giovani nel percorso di carriera sia all’interno, sia all’esterno dell’azienda. Una serie di strumenti, che accanto a quelli giuridici, ha garantito un’espansione dell’azienda senza particolar­i traumi a livello di passaggio generazion­ale.

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