Obbl igazioni al top nel post elezioni Usa
Trump ha alzato le aspettative di crescita e inflazione
I rendimenti obbligazionari si attestano sui livelli più alti raggiunti dopo le elezioni di Trump negli Stati Uniti, che ha alzato le aspettative di crescita e inflazione; il mercato dei cambi indugia nel rafforzamento del dollaro in vista di un rialzo dei tassi di interesse più incisivo di quanto previsto fino a un mese fa (ma solo perché l’azione restrittiva della banca centrale americana era stata ridimensionata); la Borsa giapponese festeggia con lo yen debole, Wall Street è aggrappata ai massimi storici, la City londinese non sconta ancora la Brexit (il Ftse 100 è tra le Piazze migliori del 2016, a +13%) e le banche italiane tengono la rimonta, con l’eccezione di qualche istituto zavorrato dalla pressione su Monte Paschi. Fino a giovedì (giorno di chiusura di Plus24) il Ftse Italia Banche ha guadagnato lo 0,5% sul venerdì precedente, a dispetto della difficile ricapitalizzazione della banca senese.
Gli investitori nell’ultimo mese hanno schiacciato il pedale del ri- schio, quello delle azioni in particolare, e hanno premuto il freno sulle attività considerate più prudenti, le obbligazioni in primis. Gli analisti finanziari confermano uno scenario più favorevole per i parterre azionari e debole per quelli obbligazionari. «La fiducia e la volatilità dei mercati obbligazionari dipenderanno in buona parte dalle banche centrali, che non proseguiranno con le politiche accomodanti se non ci saranno shock per l’economia - afferma Chris Iggo, responsabile degli investimenti obbligazionari di Axa Investment Managers -. La Federal Reserve dovrà rispondere agli stimoli fiscali di fine ciclo; Draghi negherà l’avvicinarsi della riduzione degli stimoli monetari il più a lungo possibile. Ciò significa curve dei rendimenti più ripide e premi all’inflazione più alti».
Tuttavia, una tranquillità così diffusa nasconde certamente delle insidie, come fa notare Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners, che sottolinea come il minimo della volatilità a New York, il largo consenso sul rialzo del dollaro e sul ribasso dei Treasury siano ingredienti per un po’ di baraonda in caso di qualche sorpresa. L’indice Vix, che misura le oscillazioni delle opzioni sulle azioni dell’S&P500 Usa, è sceso a 11 punti, quota che tocca di rado (l’ultima volta a metà 2014).