Crescita sì, ma moderata. Riflettori su Trump
Le politiche del nuovo presidente saranno importanti per i listini
+ L’America è la locomotiva del mondo, ma gli occhi sono puntati sulle prossime mosse di Trump, mentre in Europa si affrontano le incognite legate alla politica. Ecco in sintesi lo scenario 2017 delineato dai gestori.
Solina: Il 2017 sarà caratterizzato da due fasi: una dove le aspettative di ripresa economica e senza che i tassi diano fastidio dominerà la prima parte e una seconda parte in cui avremo un atteggiamento un po’ binario; o una fase di surriscaldamento dell’economia o un’ulteriore fase di rallentamento. Con la presidenza Trump per la prima volta dopo tanto abbiamo un presidente e un congresso allineati e il mercato non si aspetta forte conflittualità sul commercio internazionale. Le politiche di Trump sono politiche che rallenteranno la crescita e aumenteranno l’inflazione. Guardando vari indicatori all’inizio di agosto, c’era una probabilità di recessione per il 2017 attorno al 35-40%: adesso gli stessi indicatori, segnalano una probabilità di recessione del 10-15%.
Rotti: Il tema dominante per il 2017 può essere l’interpretazione del concetto di “reflazione” che questa amministrazione americana sta portando all’attenzione del mercato. Il tema che l’amministrazione Trump si porta dietro è quello di un passaggio dagli stimoli monetari agli stimoli fiscali. Questo potrebbe essere un tema che accomuna le economie sviluppate: c’è una certa aspettativa che anche in Giappone possa avvenire qualcosa in tale dire- zione. L’Europa rimane forse un po’ “pinzata” in mezzo, con il rischio di un immobilismo dovuto alle incertezze politiche che quest’anno saranno ampiamente messe sul tavolo, quindi il rischio è di vedere stimoli fiscali sulle principali economie, quella americana senza di dubbio, magari anche quella Giapponese, e invece un’Europa che fatica a tenere il passo.
Franco: Stiamo entrando nel 2017 con una velocità di crociera sul fronte della crescita reale macro, globale, e dell’inflazione. La Cina viaggia attorno al 6%, l’Eurozona all’1,5% e gli Stati Uniti al 3% e per il 2017 prevediamo un Pil al 3,5%. Gli Usa stanno per avere uno stimolo fiscale in un momento maturo del ciclo, cosa che non succedeva dall’elezione di Reagan. Una delle sorprese positive di Trump potrebbe essere un pacchetto fiscale che contiene il taglio delle imposte sulle imprese, ma che deve essere retroattivo, in modo da cercare di anticipare la crescita. I rischi per il 2017 riguardano l’agenda protezionistica anti i mmigrazione di Trump e il rischio politico in eurozona: Italia, Francia e Germania.
Carcaterra: Sarà cruciale capire come si formerà l’equilibrio dato dal mix di politiche economiche, dove la politica monetaria finora è stata l’unica a contribuire e verrà supportata di più dalla politica fiscale nei Paesi che se lo possono permettere. Quindi, si parte da una situazione dove comunque le politiche monetarie rimangono di supporto e a supporto arriveranno, laddove possibile, anche le politiche fiscali. Investire nel successo di questo nuovo mix di politica monetaria vuol dire esporsi agli asset reali e non esporsi particolarmente ai bond nominali su tutte le aree core su cui in varie fasi siamo stati prudenti. In conclusione in Europa i rischi sono politici, sono la messa in atto di quella che sembra essere la nuova Trumponomics e anche in questo caso bisognerà valutare quale mix si creerà.
Alfieri: Il 2017 si presenta come un anno di passaggio interessante, improntato a una modesta crescita. Prevediamo un incremento del 10% degli utili aziendali negli Stati Uniti e pensiamo che gli effetti derivanti dalle politiche di Trump valgano lo 0.4 in più di Pil di crescita annuale nel 2017 e 2018. Trump potrà lavorare molto bene sulla riforma della tassazione e sulla deregulation, ma ci aspettiamo dei punti interrogativi su quello che realmente potrà fare su tutti gli accordi sul trade e anche sulla politica infrastrutturale. Una riforma che favorirà gli investimenti infrastrutturali da parte delle aziende private americane potrebbe essere una cinghia di trasmissione per ulteriore crescita sulle aziende americane. Il secondo fattore è l’inflazione. Se guardiamo le dinamiche inflazionistiche previste la Bce ha detto che l’inflazione rimarrà sotto il 2% fino al 2019. Non è una buona notizia, ma significa anche che non ci sono aspettative di forte inflazione che verranno scontate dai mercati. Per quanto riguarda gli Stati Uniti siamo posizionati su una inflazione del 2,4 prevista per il 2017.
Berglund: Il mercato si è concentrato poco su timori di un rialzo d’inflazione, cioè aumento dei tassi di interesse e quindi rialzo del costo del credito, con conseguenze negative per la crescita e per le società. Abbiamo un approccio difensivo concentrandoci sulle società meno dipendenti dal ciclo economico. C’è poi il rischio geopolitico che sarà presente nei prossimi mesi. Le due grandi idee macro economiche che sono anche meno rischiose a livello geopolitico, sono Cina e Giappone.