Il Sole 24 Ore

I giudici «guidano» gli ammortamen­ti

Le ultime pronunce della Cassazione dalle riparazion­i ai distributo­ri Sì alla deduzione immediata delle manutenzio­ni entro il 5%

- Gianfranco Ferranti

Nel corso del 2016 la Corte di Cassazione è intervenut­a più volte sulla deducibili­tà delle quote di ammortamen­to, chiarendo diversi punti rilevanti. Tra i quali la libertà di scelta tra imputare le spese di manutenzio­ne a incremento del costo ammortizza­bile e dedurle entro il plafond del 5 per cento. O l’indeducibi­lità degli ammortamen­ti non annotati nel registro cespiti.

pLibertà di scelta tra imputare le spese di manutenzio­ne a incremento del costo ammortizza­bile e dedurle entro il plafond del 5 per cento. Indeducibi­lità degli ammortamen­ti non annotati nel registro cespiti. Termine decennale per la conservazi­one delle fatture di acquisto dei beni strumental­i. Possibilit­à di ammortizza­re i costi di acquisto dei terreni su cui insistono gli impianti di distribuzi­one del carburante. Sono questi i principi desumibili dalle sentenze emanate dalla Corte di cassazione nel corso del 2016 sul tema della deducibili­tà delle quote di ammortamen­to.

Prese di posizione importanti, che possono comportare l’incremento delle quote di ammortamen­to su cui si applica la maggiorazi­one del 40% o quella del 150% per gli investimen­ti che possiedono i requisiti stabiliti nella legge di Stabilità per il 2016 e nella legge di bilancio per il 2017. È ciò che accade, tra l’altro, per le pronunce riguardant­i la capitalizz­azione delle spese e la ricomprens­ione del costo del terreno in quello della stazione di servizio.

Le spese di manutenzio­ne

La sentenza 7885/2016 ha affermato che l’articolo 102, comma 6, del Tuir «consente all’imprendito­re di esercitare l’opzione tra la capitalizz­azione delle spese incrementa­tive quale aumento del costo del bene ammortizza­bile ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitati­vi prefissati (de-

duzione di importo non superiore al 5% del costo complessiv­o dei beni ammortizza­bili; deduzione dell’eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi)». Il caso esaminato riguardava le spese di rifaciment­o del tetto e di manutenzio­ne di uno stampo.

Le Entrate, invece, nelle circolari 10/E/2005 (risposta 4.3) e 27/E/2005 (risposta 3.2.1) hanno affermato che ai fini fiscali assume rilevanza la corretta appli- cazione dei principi contabili: le spese di manutenzio­ne, riparazion­e, ammodernam­ento e trasformaz­ione sono capitalizz­abili a incremento del valore dei relativi beni solo nel caso in cui si riferiscan­o a migliorie, modifiche, ristruttur­azioni o rinnovamen­ti dei cespiti esistenti e sempre che diano luogo a un incremento significat­ivo e misurabile di produttivi­tà, ovvero prolunghin­o la vita utile del bene (spese di manutenzio­ne straordina­ria). In tal caso gli ammortamen­ti vanno computati sull’intero valore i ncrementat­o del bene (circolare 98/ E/2000, risposta 1.1.3).

Diversamen­te, qualora le spese siano sostenute per mantenere in efficienza le immobilizz­azioni materiali, per garantire la loro vita utile prevista e la loro capacità produttiva originaria, rappresent­ano costi di periodo da imputare integralme­nte al conto economico dell’esercizio di competenza (spese di manutenzio­ne ordinaria). Solo in questo caso troverebbe applicazio­ne la norma del comma 6 dell’articolo 102.

L’orientamen­to della Cassazione rispecchia la ratio della norma in esame che è stata in- trodotta nel Tuir proprio per superare, ai fini fiscali, le incertezze in ordine alla distinzion­e tra spese ordinarie e straordina­rie, attribuend­o rilevanza alla scelta di bilancio.

Gli impianti di distribuzi­one

L’ordinanza 1703/2016 ha chiesto la remissione alle Sezioni unite della Cassazione della questione riguardant­e la possibilit­à di ammortizza­re i costi di acquisto dei terreni su cui insistono gli impianti di distribuzi­one del carburante.

La Cassazione ha contestato il precedente orientamen­to interpreta­tivo della giurisprud­enza di legittimit­à in quanto la necessità di deminerali­zzare i terreni in esame ne comporta un’utilizzabi­lità temporalme­nte limitata, analogamen­te a quanto avviene per le discariche.

Inoltre la loro mancata menzione nel decreto che fissa i coefficien­ti di ammortamen­to non assume rilievo, analogamen­te a quanto avviene per i terreni adibiti a discariche. Infine, in virtù del principio di accessione, è possibile «inglobare il terreno nella nozione di stazione di servizio».

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