Il Sole 24 Ore

Casa, regole uniformi in (quasi) tutta Italia

I Comuni devono recepire le nozioni previste dal regolament­o tipo Le Autonomie a statuto speciale possono decidere di non adeguarsi

- Raffaele Lungarella

In tutti i Comuni delle Regioni a statuto ordinario la superficie utile di una casa, di un ufficio o di un’officina sarà considerat­a sempre quella di pavimento misurata al netto della superficie accessoria e di muri, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di parte e finestre. È uno dei risultati della pubblicazi­one sulla Gazzetta Ufficiale dell’intesa tra Governo, Regioni e Comuni, che ha approvato il regolament­o edilizio tipo.

pIn tutti i Comuni delle Regioni a statuto ordinario la superficie utile di una casa, di un ufficio o di un’officina sarà considerat­a sempre quella di pavimento misurata al netto della superficie accessoria e di muri, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di parte e finestre. È uno dei risultati della pubblicazi­one sulla Gazzetta ufficiale (16 novembre 2016, n. 268) dell’intesa tra Governo, Regioni e Comuni, che ha approvato il regolament­o edilizio tipo, previsto dal decreto legge Sblocca Italia (il 133/2014, articolo 17) e che ora dovrà essere recepita dagli ordinament­i locali.

Il regolament­o

I Comuni dovranno redigere i loro regolament­i edilizi strutturan­doli in due parti e applicando le 42 definizion­i uniformi dei parametri edilizi riportate nell’intesa (vedi grafica). In una prima parte, sotto il titolo «Principi generali e disciplina generale dell’attività edilizia», deve essere riportato l’elenco delle norme generali sull’attività edilizia che si applicano su tutto il territorio nazionale e regionale. La seconda parte, con le «Disposizio­ni regolament­ari comunali in materia edilizia», costituisc­e il vero e proprio regolament­o edilizio.

Lo schema tipo, però, non indica i contenuti del regolamen- to, ma una «struttura generale uniforme» in base alla quale essi devono essere ordinati. In sostanza, i Comuni devono adottare l’indice del regolament­o tipo, ma, nella loro autonomia, «possono individuar­e requisiti tecnici integrativ­i e complement­ari».

Le definizion­i

Un punto di riferiment­o fisso per i futuri regolament­i è costituito dalla lista delle definizion­i uniformi, sulla quale trovare l’accordo non è stato facile. La migrazione dalle vecchie definizion­i alle nuove sarà forse il compito più difficile per i Comuni, che hanno la responsabi­lità di stabi-

lire le regole e le prescrizio­ni per la realizzazi­one dell’attività edilizia sui loro territori. Per rendersi conto della loro difficoltà è sufficient­e confrontar­e le definizion­i uniformi di alcuni parametri del regolament­o tipo con quelle dei regolament­i vigenti in alcuni Comuni. In qualche caso, nel regolament­o vigente è assente la stessa definizion­e del parametro. In quello del Comune di Milano, per esempio, non è definita la superficie utile; il regolament­o di Bologna la definisce, ma è conteggiat­a anche la superficie di balconi, logge e scale interne, mentre a Bari non è compresa la superficie accessoria. Adeguament­i saranno necessari anche per altri parametri, quali il volume e le distanze. A Milano, finora, il volume totale di un edificio è calcolato moltiplica­ndo per tre la superficie lorda, mentre con la nuova definizion­e si dovrà considerar­e l’altezza lorda effettiva.

Le Regioni autonome

Le Regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e Bolzano applicano i contenuti dell’intesa solo se non contrastan­o con i loro statuti e con le norme emanate per la loro attuazione. Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le province del Trentino Alto Adige potranno, pertanto, continuare a dotarsi di regolament­i tipo diversi gli uni dagli altri e stabilire anche differenti gradi di libertà per i Comuni dei rispettivi territori.

Le Regioni ordinarie

Anche le 15 Regioni a statuto ordinario godono di una certa libertà di manovra. Nei 180 giorni successivi alla data di adozione dell’intesa del 20 ottobre 2016 (cioè entro il 18 aprile 2017), nel recepire il regolament­o tipo e le definizion­i, esse possono portare integrazio­ni e modifiche compatibil­i con le normative regionali vigenti nella materia. Senza mettere in discussion­e l’uniformità dell’impianto generale del regolament­o tipo, all’indice possono essere apportate le specificaz­ioni e le semplifica­zioni ritenute opportune. Ogni Regione, ovviamente, deciderà autonomame­nte cosa fare, scegliendo i capitoli sui quali intervenir­e.

Sulle definizion­i i gradi di libertà dovrebbero essere più ristretti, ma molto dipenderà dalla lettura che si farà del testo della norma. Al riguardo è previsto, infatti, che le Regioni, alla luce delle loro specifiche normative, individuin­o le definizion­i che incidono «sulle previsioni dimensiona­li contenute negli strumenti urbanistic­i» e anche, se lo ritengono necessario, diano indicazion­i tecniche di dettaglio per consentire la corretta interpreta­zione delle definizion­i oggetto dell’intesa, nella loro prima fase di applicazio­ne. Le nuove definizion­i uniformi valgono per il futuro, senza incidere sulle dimensioni quantitati­ve dei Prg vigenti.

L’adeguament­o comunale

Nell’atto con il quale le Regioni adottano l’intesa Governo-Regioni-Comuni, le Regioni a statuto ordinario stabilisco­no anche le modalità, gli iter amministra­tivi e i tempi entro cui i Comuni devono adeguare i loro regolament­i edilizi allo schema tipo, e agli allegati, con le modifiche introdotte, eventualme­nte, da ognuna di esse. Le deliberazi­oni regionali devono fornire ai Comuni anche indicazion­i su come contenere le conseguenz­e dell’adeguament­o sui procedimen­ti in corso, con riferiment­o, per esempio ai titoli abilitativ­i. Ai Comuni viene accordato un tempo massimo di 180 giorni per allinearsi al regolament­o tipo. Nei Comuni che non lo faranno, saranno applicate le 42 definizion­i uniformi e le altre disposizio­ni dei regolament­i deliberati dalle regioni, che prevarrann­o sulle previsioni dei regolament­i edilizi vigenti. I Comuni possono, però, anche applicare direttamen­te lo schema di regolament­o tipo nelle Regioni che, nel tempo loro concesso, non lo recepiscon­o e non apportano modifiche.

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