Registri e fatture necessari per lo sgravio
Le quote di ammortamento non sono deducibili se il registro dei beni ammortizzabili non è tenuto in modo corretto. Non è possibile disconoscerle, inoltre, in caso di omessa esibizione delle fatture di acquisto se sono trascorsi più di dieci anni senza che sia iniziato l’accertamento. Nel 2016 la Cassazione ha sancito questi principi, senza tornare a pronunciarsi sulla questione relativa alla decorrenza del termine di decadenza per la rettifica del costo ammortizzabile.
La Suprema corte nella sentenza 24385/2016 ha affermato che la mancata annotazione delle quote di ammortamento nel registro dei beni ammortizzabili ne provoca la indeducibilità. Si tratta, infatti,di un adempimento di carattere sostanziale, che consente l’attività di accertamento, e «la previa annotazione serve a evitare prassi elusive e distorte». In tal senso si erano espresse anche le sentenze 1241/2006 e 9876/2011 (contra: 10090/2002 e 529/2007).
Si ricorda che, in base all’articolo 2 del Dpr 695/1996, le annotazioni da eseguire nel registro dei beni ammortizzabili dell’articolo 16 del Dpr 600/1973 possono essere effettuate anche nel libro degli inventari e, per le imprese minori, nel registro acquisti tenuto ai fini dell’Iva: il principio affermato dalla Corte si applica, quindi, anche con riguardo alle annotazioni “sostitutive” da eseguire in tali registri.
Nella sentenza 9834/ 2016 , inoltre, è stato affermato che l’ob- bligo di conservare la documentazione contabile obbligatoria (sancito dall’articolo 22, secondo comma, del Dpr 600/1973) fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine stabilito dall’articolo 2220 del Corice civile o da altre leggi tributarie, deve essere interpretato «in ossequio al principio specifico più generalmente previsto dalla legge 212 del 2000, articolo 8, comma 5, che costitui- sce… principio generale dell’ordinamento tributario».
Questa norma stabilisce che l’obbligo di conservazione di atti e documenti, previsto ai soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione.
La Corte, di conseguenza, ha stabilito che l’estensione del termine di conservazione delle fatture di acquisto dei beni strumentali oltre il termine decennale si verifica «solo se l’accertamento che sia iniziato prima del decimo anno non sia stato ancora definito». Ciò anche al fine di evitare che la durata dell’obbligo dipenda «esclusi- vamente dalla volontà dell’ufficio, rispetto alla quale il contribuente non avrebbe altra difesa che conservare le scritture sine die».
In passato la Cassazione aveva affermato, nella sentenza 15178/2010, che pur essendo l’ufficio decaduto «dalla possibilità di rideterminare valori riferiti a spese per immobili in anni precedenti… è possibile la regolarizzazione di calcoli delle quote di ammortamento per gli anni successivamente accertati». Nella sentenza 9834/2016 non è stata, invece, espressamente affrontata tale questione.