Il Sole 24 Ore

Crowdfundi­ng per tutte le Pmi

Ampliata la platea delle imprese che possono raccoglier­e fondi attraverso portali web Esteso il modello «equity based» in cui l’investitor­e acquisisce quote o azioni

- Pierpaolo Ceroli Agnese Menghi

Un’ alternativ­a al canale bancario per il finanziame­nto delle imprese, che oggi – grazie alla legge di bilancio 2017 – allarga il campo di utilizzo. Parliamo del crowdfundi­ng, la raccolta fondi attraverso siti internet, che – nella versione dell’equit y crowdfundi­ng –è stato reso applicabil­e a tutte le Pmi da parte della legge 232/2016 (articolo 1, comma 70). In precedenza, i nvece, questa disciplina, i ntrodotta dal Dl 192/2012, il cosiddetto decreto Crescita 2.0 era relegata alle sole start up e Pmi innovative (aggiunte, queste ultime, dal Dl 3/2015).

L’imprendito­re, così, reperisce le risorse necessarie frazionand­o l’investimen­to in tante piccole quote, le quali possono essere acquistate anche da “piccoli” investitor­i non profession­ali.

Alla luce delle diverse esigenze dell’imprendito­re e dell’investitor­e, esistono diverse forme di crowdfundi­ng, tutte teoricamen­te applicabil­i nel nostro ordinament­o, poiché non necessitan­o di una normativa specifica, anche se si tratterà poi di trovare l’inquadrame­nto civilistic­o e fiscale corretto.

I progetti con finalità sociali richiedono solitament­e il modello donation, il quale prevede che l’investitor­e non abbia un ritorno economico, a fronte della somma versata, neanche in termini di beni/servizi (si tratta, pertanto, di una donazione). Ai fini delle imposte dirette, le somme ricevute potrebbero concorrere alla formazione del reddito del percipient­e, trattandos­i, ad esempio, di un ente commer- ciale; il finanziato­re, invece, a determinat­e condizioni potrebbe usufruire di alcune agevolazio­ni ( ad esempio la detrazione ex articolo 15 del Tuir). Sul fronte Iva, l’operazione non è rilevante ai fini dell’imposta.

Si parla, poi, di reward based crowdfundi­ng, quando il finanziato­re riceve un premio che solitament­e si concretizz­a nel preacquist­o di un nuovo prodotto a un prezzo ridotto. In questo modo, l’imprendito­re acquisisce le risorse necessarie e, allo stesso tempo, si assicura una clientela iniziale. La fiscalità diretta dell’operazione dipende principalm­en- te dalla natura dell’erogatore, distinguen­do tra soggetti che rivestono o meno la qualifica di imprendito­re. La rilevanza ai fini Iva, invece, dipende anche dalle caratteris­tiche del bene e, più precisamen­te, dalla possibilit­à di i ndividuare chiarament­e i beni/servizi già al momento dell’erogazione. Se ciò è possibile, il finanziame­nto si configura come un pagamento anticipato e quindi rilevante ai fini Iva, in caso contrario l’operazione non rileva ai fini dell’imposta.

Il crowdfundi­ng nella forma lending o peer to peer, invece, può essere assimilato all’istituto del microcredi­to, rientrando così nell’accezione classica di finanziame­nto.Gli investitor­i, infatti, a fronte delle somme erogate verranno remunerati grazie agli interessi; l’imprendito­re finanzia, pertanto, il proprio progetto tramite capitale di debito. La raccolta fondi dipende, quindi, dai tassi di interesse a cui i percipient­i sono disposti a ripagare il capitale e dai tassi a cui gli erogatori sono disposti a investire, tenendo conto del rischio dell’operazione. Anche fiscalment­e, l’operazione si configura come un finanziame­nto e, di conseguenz­a, seguirà le relative regole.

L’altro tipo di crowdfundi­ng , l’unico poi ad essere espressame­nte disciplina­to in Italia, è l’ equity based . In questo caso, si ricorre al capitale di rischio: infatti, a fronte della somma erogata, l’investitor­e acquisisce una partecipaz­ione al capitale sociale dell’impresa del percipient­e, divenendo un socio in grado di esercitare i diritti amministra­tivi e patrimonia­li relativi. Fiscalment­e non si rilevano particolar­i complessit­à, in quanto la normativa di riferiment­o è quella prevista generalmen­te per le quote/ azioni.

Tramite il crowdfundi­ng l’imprendito­re può, in primis, reperire le risorse necessarie che altrimenti non avrebbe ottenuto tramite i canali tradiziona­li e, poi, scegliere il finanziame­nto che meglio si adatta alle sue esigenze. Nonostante la rilevanza dello strumento, ad oggi non è prevista una disciplina ben delineata, neanche a livello fiscale; sarebbe pertanto opportuno che si sopperisse a tale vuoto normativo. La previsione della legge di bilancio 2017, comunque, costituisc­e un’importante passo in avanti, visto anche il ruolo delle Pmi nel contesto italiano.

LE DIVERSE FORMULE Dietro lo stesso termine si celano modelli di liberalità o vere e proprie forme di partecipaz­ione al capitale sociale

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