Il patrimonio «pesa» anche rivalutazioni e riserve
pAlcune imprese in contabilità semplificata potrebbero passare all’ordinaria per approfittare dell’Iri. Un movimento contrario, invece, sarà innescato dalle modifiche all’Ace dettate con la legge di bilancio 2017, che rende meno conveniente il meccanismo di calcolo e che potrebbe spingere alcuni soggetti a tornare alla semplificata. Peraltro, il regime ordinario serve anche per aderire al patent box, mentre non è necessario per usufruire del credito d’imposta per ricerca e sviluppo (l’unico elemento indispensabile, in questo caso, è il conseguimento del reddito d’impresa). Tuttavia, l’adozione o il mantenimento del regime ordinario potrebbe essere interessante nel caso in cui l’imprenditore intenda effettuare rilevanti investimenti nella ricerca, per riportare le perdite conseguite nei primi periodi d’imposta.
Tra le questioni che si pongono nel passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria c’è la determinazione del patrimonio netto e delle altre voci che lo compongono. Certamente il dato di partenza è costituito dall’ammontare del capitale sociale versato in sede di costituzione o di successivi aumenti, effettuati nel corso degli anni. Dato che con l’attuale regime di trasparenza per le società di persone i redditi imponibili di ogni singolo periodo d’imposta sono attribuiti ai soci, le riserve di utili che saranno iscritte nel prospetto saranno detassate integralmente al momento della loro distribuzione (come peraltro previsto nel nuovo articolo 55-bis del Tuir).
In attesa di un chiarimento da parte dell’Agenzia sulle modalità d’introduzione appunto dell’articolo articolo 55-bis del Tuir, che dovrà contenere dei necessari chiarimenti sull’Iri e sulla stratificazione delle riserve nel caso del mutamento del regime contabile, cerchiamo di individuare delle soluzioni operative, alla luce delle modifiche introdotte nell’Ace che richiedono proprio una stratificazione delle riserve per il calcolo dell’agevolazione.
Tenendo presente il risultato numerico – pari alla differenza tra attività e passività al quale sottrarre anche il capitale sociale – è possibile ipotizzare un percorso operativo, realizzabile in due step:
a) nel caso in cui siano presenti dei beni assoggettati a rivalutazione in vigenza del regime contabile semplificato, si prenderà il valore indicato nel prospetto realizzato al momento in cui si era proceduto alla rivalutazione (circolare 11/E/2009);
b) per la residua differenza di patrimonio netto, a partire dal periodo d’imposta più recente, va effettuata una riconciliazione fra il reddito imponibile dichiarato e gli utili distribuiti (o “bonificati”) nello stesso lasso temporale fino al raggiungimento del risultato numerico di cui sopra.
Si tratterebbe, in questo secondo caso, del medesimo criterio previsto per la determinazione del costo fiscale di una quota detenuta in una società di persone ex articolo 68, comma 6, del Tuir. Si avrebbe pertanto una equiparazione tra il costo fiscale della partecipazione e la relativa quota di patrimonio netto detenuto.
Giova infine ricordare che l’Agenzia con circolare 5/ E/2001 (par. 4.2) ha confermato per le imprese in contabilità semplificata l’irrilevanza fiscale del saldo attivo di rivalutazione scaturente dalla richiamata rivalutazione.
Nel caso di specie, quindi, nel passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria, non vige l’obbligo di (ri)costituzione delle riserve da rivalutazione. Nel caso si optasse per tale ricostruzione, si procederebbe alla sola verifica di quanto previsto al punto b) fino all’ottenimento del risultato numerico necessario al completamento del patrimonio netto.