Concordato, l’Iva entra nell’accordo
È necessar io che il piano preveda un versamento pari al valore di mercato dei beni gravati dal pr ivilegio È operativa da oggi l’estensione della transazione sui crediti del fisco e sulle trattenute
Da oggi la transazione fiscale che il debitore deve proporre nel concordato preventivo o negli accordi di ristrutturazione dei debiti può riguardare anche il credito Iva.
Inoltre, viene precisato che la proposta o l’accordo possono prevedere la soddisfazione parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato prendendo come parametro il “valore di mercato”: la soddisfazione parziale, infatti, deve avvenire in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni (o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione) indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti previsti dalla legge fallimentare (articolo 67, comma 3, lettera d), Rd 267/1942).
Infine, se viene proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privi- legiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.
Sono queste le principali novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 81, legge 232/2016) all’articolo 182ter della legge fallimentare, che disciplina la transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione. La nuova disciplina è in vigore da ieri e quindi oggi, lunedì 2 gennaio, è il primo giorno di concreta operatività.
Le disposizioni
La transazione fiscale diviene quindi obbligatoria, nel senso che il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata in base all’articolo 182-ter della legge fallimentare, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali. Il consenso del fisco non è comunque indispensabile per l’omologazione del concordato, dato che la falcidia del credito fiscale può inter- venire anche in presenza del voto contrario dell’amministrazione finanziaria. La votazione non favorevole da parte del fisco non impedisce l’omologazione del concordato, se è comunque raggiunta la prescritta maggioranza.
La principale novità è rappresentata dall’estensione del be- neficio anche al credito Iva, dato che la precedente formulazione stabiliva, fra l’altro, che la proposta di transazione fiscale poteva prevedere solamente la dilazione di pagamento del tributo Iva, non la falcidia del credito, disposizione in seguito estesa anche alla ritenute previdenziali effettuate e non versa- te. Falcidia del credito fiscale che, in relazione alla parte privilegiata, segue le regole generali dettate dall’articolo 160, comma 2, della legge fallimentare. La norma dispone che la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe. Si tratta della prima espressa previsione normativa di classazione obbligatoria di un credito nell’ambito del concordato preventivo.
I nodi irrisolti
La riforma appare positiva nel suo complesso, soprattutto per l’estensione della transazione fiscale al credito Iva, anche se lascia insolute alcune delicate questioni che rischiano di comprometterne l’efficacia.
In primo luogo non è del tutto chiaro se l’obbligatorietà della proposta di transazione fiscale permetta all’imprenditore che propone il concordato di non inserire nella proposta di transazione fiscale le eventuali pretese tributarie fondate su atti di accertamento oppure su riprese a tassazione già iscritte a ruolo, tempestivamente impugnate innanzi al giudice tributario. Infatti, anche se il nuovo articolo 182ter della legge fallimentare non cita (a differenza del “vecchio” testo) la chiusura delle liti relative ai tributi oggetto della transazione fiscale per cessazione della materia del contendere, la transazione è un sub-procedimento che ha comunque l’effetto di estinguere le liti pendenti in quanto presuppone una sostanziale acquiescenza del contribuente alle pretese tributarie come certificate dal fisco e dal concessionario della riscossione.
Né è chiaro se la nuova transazione, una volta accettata, comporti (e, se sì, in che termini) il “consolidamento” del debito tributario. Se, cioè, l’omologa del concordato cristallizzi la pretesa tributaria alla data di presentazione della domanda così come quantificata dall’ufficio, con esclusione, da una parte, della facoltà del fisco di procedere a ulteriori accertamenti anche se non è ancora maturata la decadenza e, dall’altra parte, della possibilità per il debitore di contestare pretese anche se non ancora definitive. Anche qui, il riferimento al “consolidamento”, presente nella “vecchia” versione dell’articolo 182- ter, non c’è più nella nuova versione, ma non c’è stata una precisazione puntuale.
In definitiva, sarebbe stato opportuno chiarire esplicitamente sia che il debitore ha la facoltà di definire tutti o soltanto alcuni degli accertamenti e delle liti giudiziarie pendenti e che l’accettazione della proposta di transazione da parte delle agenzie, una volta divenuta definitiva con l’omologa del concordato, ha l’effetto di definire le liti, gli accertamenti, i ruoli e le imposte e di limitare il potere di accertamento e rettifica ai soli periodi di imposta non definiti.
L’OBBLIGO Il debitore può proporre il pagamento dei tributi solo seguendo l’iter indicato dall’articolo 182-ter della legge fallimentare