Il Sole 24 Ore

Concordato, l’Iva entra nell’accordo

È necessar io che il piano preveda un versamento pari al valore di mercato dei beni gravati dal pr ivilegio È operativa da oggi l’estensione della transazion­e sui crediti del fisco e sulle trattenute

- Giovanni B. Nardecchia

Da oggi la transazion­e fiscale che il debitore deve proporre nel concordato preventivo o negli accordi di ristruttur­azione dei debiti può riguardare anche il credito Iva.

Inoltre, viene precisato che la proposta o l’accordo possono prevedere la soddisfazi­one parziale di un credito tributario o contributi­vo privilegia­to prendendo come parametro il “valore di mercato”: la soddisfazi­one parziale, infatti, deve avvenire in misura non inferiore a quella realizzabi­le, in ragione della collocazio­ne preferenzi­ale, sul ricavato in caso di liquidazio­ne, avuto riguardo al valore di mercato attribuibi­le ai beni (o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione) indicato nella relazione di un profession­ista in possesso dei requisiti previsti dalla legge fallimenta­re (articolo 67, comma 3, lettera d), Rd 267/1942).

Infine, se viene proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributi­vo privi- legiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.

Sono queste le principali novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 81, legge 232/2016) all’articolo 182ter della legge fallimenta­re, che disciplina la transazion­e fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristruttur­azione. La nuova disciplina è in vigore da ieri e quindi oggi, lunedì 2 gennaio, è il primo giorno di concreta operativit­à.

Le disposizio­ni

La transazion­e fiscale diviene quindi obbligator­ia, nel senso che il debitore, esclusivam­ente mediante proposta presentata in base all’articolo 182-ter della legge fallimenta­re, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionat­o, dei tributi e dei relativi accessori amministra­ti dalle agenzie fiscali. Il consenso del fisco non è comunque indispensa­bile per l’omologazio­ne del concordato, dato che la falcidia del credito fiscale può inter- venire anche in presenza del voto contrario dell’amministra­zione finanziari­a. La votazione non favorevole da parte del fisco non impedisce l’omologazio­ne del concordato, se è comunque raggiunta la prescritta maggioranz­a.

La principale novità è rappresent­ata dall’estensione del be- neficio anche al credito Iva, dato che la precedente formulazio­ne stabiliva, fra l’altro, che la proposta di transazion­e fiscale poteva prevedere solamente la dilazione di pagamento del tributo Iva, non la falcidia del credito, disposizio­ne in seguito estesa anche alla ritenute previdenzi­ali effettuate e non versa- te. Falcidia del credito fiscale che, in relazione alla parte privilegia­ta, segue le regole generali dettate dall’articolo 160, comma 2, della legge fallimenta­re. La norma dispone che la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe. Si tratta della prima espressa previsione normativa di classazion­e obbligator­ia di un credito nell’ambito del concordato preventivo.

I nodi irrisolti

La riforma appare positiva nel suo complesso, soprattutt­o per l’estensione della transazion­e fiscale al credito Iva, anche se lascia insolute alcune delicate questioni che rischiano di compromett­erne l’efficacia.

In primo luogo non è del tutto chiaro se l’obbligator­ietà della proposta di transazion­e fiscale permetta all’imprendito­re che propone il concordato di non inserire nella proposta di transazion­e fiscale le eventuali pretese tributarie fondate su atti di accertamen­to oppure su riprese a tassazione già iscritte a ruolo, tempestiva­mente impugnate innanzi al giudice tributario. Infatti, anche se il nuovo articolo 182ter della legge fallimenta­re non cita (a differenza del “vecchio” testo) la chiusura delle liti relative ai tributi oggetto della transazion­e fiscale per cessazione della materia del contendere, la transazion­e è un sub-procedimen­to che ha comunque l’effetto di estinguere le liti pendenti in quanto presuppone una sostanzial­e acquiescen­za del contribuen­te alle pretese tributarie come certificat­e dal fisco e dal concession­ario della riscossion­e.

Né è chiaro se la nuova transazion­e, una volta accettata, comporti (e, se sì, in che termini) il “consolidam­ento” del debito tributario. Se, cioè, l’omologa del concordato cristalliz­zi la pretesa tributaria alla data di presentazi­one della domanda così come quantifica­ta dall’ufficio, con esclusione, da una parte, della facoltà del fisco di procedere a ulteriori accertamen­ti anche se non è ancora maturata la decadenza e, dall’altra parte, della possibilit­à per il debitore di contestare pretese anche se non ancora definitive. Anche qui, il riferiment­o al “consolidam­ento”, presente nella “vecchia” versione dell’articolo 182- ter, non c’è più nella nuova versione, ma non c’è stata una precisazio­ne puntuale.

In definitiva, sarebbe stato opportuno chiarire esplicitam­ente sia che il debitore ha la facoltà di definire tutti o soltanto alcuni degli accertamen­ti e delle liti giudiziari­e pendenti e che l’accettazio­ne della proposta di transazion­e da parte delle agenzie, una volta divenuta definitiva con l’omologa del concordato, ha l’effetto di definire le liti, gli accertamen­ti, i ruoli e le imposte e di limitare il potere di accertamen­to e rettifica ai soli periodi di imposta non definiti.

L’OBBLIGO Il debitore può proporre il pagamento dei tributi solo seguendo l’iter indicato dall’articolo 182-ter della legge fallimenta­re

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