Il Sole 24 Ore

Per il passato ammesso il taglio fuori procedura

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La non falcidiabi­lità del credito Iva - prevista dalla versione dell’articolo 182-ter della legge fallimenta­re (regio decreto 267/42) in vigore fino a sabato 31 dicembre - si applica solo nel caso di proposta di concordato accompagna­ta da una transazion­e fiscale. È questo il principio affermato dalla Cassazione a Sezioni unite con la sentenza 26988 depositata il 27 dicembre. Attenzione però: la decisione riguarda i concordati non disciplina­ti, ratione temporis, dalla nuova versione dell’articolo 182-ter della legge fallimenta­re, riscritto dalla legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 81, legge 232/2016), in vigore da domenica 1° gennaio.

Le Sezioni unite ribaltano il precedente orientamen­to, il cui

leading case è rappresent­ato dalle pronunce gemelle della Cassazione 22931 e 22932 del 2011. La Cassazione in passato ha infatti sostenuto che, pur ritenendos­i ammissibil­e la falcidia concordata­ria dei crediti tributari anche senza transazion­e fiscale e sufficient­e il consenso delle maggioranz­e in base all’articolo 177 della legge fallimenta­re ai fini dell’omologazio­ne, con effetti vincolanti, secondo l’articolo 184 della stessa legge, anche per i crediti tributari anteriori, andava affermata la natura sostanzial­e, eccezional­e e inderogabi­le del divieto di falcidia dell’Iva contenuto nell’articolo 182-ter, a prescinder­e dall’attivazion­e della transazion­e fiscale.

Due erano gli argomenti a sostegno di questa interpreta­zione. Il primo valorizzav­a la natura di imposta armonizzat­a a livello comunitari­o dell’Iva. Il secondo la natura sostanzial­e e non processual­e della norma, in quanto non legata allo specifico procedimen­to di transazion­e fiscale, ma relativa al trattament­o dei crediti nell’ambito dell’esecuzione concorsual­e, dettata da motivazion­i che attengono alla peculiarit­à del credito e che prescindon­o dalle modalità con cui si svolge la procedura di crisi. Ma questo indirizzo della Cassazione non trovava il consenso di gran parte della dottrina e dei giudici di merito.

La questione è stata portata di fronte alla Consulta per il contrasto degli articoli 160 e 182-ter con gli articoli 3 e 97 della Costituzio­ne. Ma i giudici, con la sentenza 225/2014, hanno dichiarato infondata la questione. Una decisione che non ha sopito il dibattito, tanto che a pronunciar­si sono state chiamate le Sezioni unite.

La sentenza 26988/2016 smonta entrambe le motivazion­i alla base della ritenuta infalcidia­bilità del credito Iva nel concordato proposto senza fare ricorso alla transazion­e fiscale. Il vincolo “europeo” è stato rimosso alla luce della decisone della Corte di giustizia Ue del 7 aprile 2016 (causa C-546/14), la quale ha affermato che un imprendito­re può presentare domanda di concordato preventivo, con la quale proponga di pagare solo parzialmen­te un debito Iva attestando, sulla base dell’accertamen­to di un esperto indipenden­te che questo debito non riceverebb­e un trattament­o migliore nel caso di proprio fallimento. La norma che prescrive l’integrale pagamento (anche se dilazionat­o) dell’Iva, eccezione alla regola della falcidiabi­lità dei crediti privilegia­ti anche se di natura tributaria, è stata ritenuta inapplicab­ile automatica­mente al di fuori della disciplina speciale dell’articolo 182-ter della legge fallimenta­re. E ciò trova conferma nel fatto che per la sua applicazio­ne al procedimen­to di sovraindeb­itamento è stata necessaria la previsione dell’articolo 7 della legge 3/2012.

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