Beni d’impresa, test convenienza
L’impatto fiscale condiziona la scelta tra assegnazione, cessione e trasformazione
pLa riapertura dei termini per le operazioni agevolate di assegnazione, cessione e trasformazione – operata dalla legge di Bilancio in continuità rispetto alla precedente scadenza del 30 settembre 2016 e con scadenza al 30 settembre 2017 – fa ripartire i calcoli di convenienza per le società interessate. In effetti, l’esatta quantificazione di quanto dovuto all’erario da società e soci in caso di operazioni realizzate in vigenza della legge di Stabilità 2016 è rimasta in bilico sino agli ultimi chiarimenti delle Entrate, i quali, giunti a ridosso del termine finale, hanno spesso comportato l’abbandono dell’opportunità per mancanza dei tempi necessari a esaminarne compiutamente i vari riflessi.
Il primo aspetto da valutare consiste nella scelta – tra le varie operazioni proposte dal legislatore – di quella più idonea al caso concreto, naturalmente ipotizzando che siano presenti i requisiti di legge per aderire alle diverse fattispecie. Assegnazione, cessione e trasformazione in società semplice si presentano, ancor prima civilisticamente che fiscalmente, come scelte nettamente distinte, con effetti diversificati tanto per la società quanto per i soci, rispondendo a esigenze di natura diversa. È tuttavia comprensibile – oltre che lecito, come riconosciuto dalla circolare n. 37/ E/2016 al par. 5 – che la società si ponga nell’ottica di confrontare le diverse possibilità per decidere il percorso più idoneo, che può essere anche quello fiscalmente più conveniente (nonostante l’imposta sostitutiva sia sempre la medesima). Del resto, gli interventi di prassi dei mesi scorsi hanno più volte riconosciuto la legittimità dei comportamenti volti a “predisporsi” per la realizzazione di queste operazioni agevolate, non riconoscendo vantaggi indebiti ricollegabili all’abuso di diritto.
Nella tabella a fianco viene presentata una ipotesi semplificata di un possibile confronto tra le diverse operazioni, idonea a mettere a fattor comune i principali elementi di calcolo sotto l’aspetto fiscale. Generalmente, l’imposizione indiretta gioca un ruolo marginale in queste decisioni, essendo rari i casi di assegnazione con applicazione di Iva e non frequentissime le ipotesi di rilevanti rettifiche della detrazione operata. Spesso decisive, invece, sono la tipologia dell’immobile assegnato e, soprattutto, la volontà dei soci sull’utilizzo futuro del bene.
Assegnazione
L’assegnazione dell’immobile ai soci è l’operazione più complessa sotto vari profili, poiché costituisce una attribuzione di utili in natura o, in alternativa, una restituzione patrimoniale al socio, in entrambi i casi con un coinvolgi- mento diretto del patrimonio netto. Il costo per la società è tanto maggiore quanto più è elevato il differenziale tra valore attribuito al bene assegnato e il suo costo fiscalmente riconosciuto, e si incrementa in caso occorra attingere a riserve in sospensione d’imposta (secondo l’Agenzia, solo dopo aver esaurito ogni altro tipo di riserva). Per il socio, invece, il potenziale onere fiscale si incrementa al crescere del costo fiscalmente riconosciuto dell’immobile presso la società, e si 7 L’articolo 1, commi 565 e 566 della legge di Bilancio, prevede la riapertura al 30 settembre 2017 dei termini per l’assegnazione o la cessione di taluni beni ai soci, per la trasformazione agevolata in società semplice da parte delle società immobiliari e per l’estromissione dei beni immobili (strumentali) dal patrimonio dell’impresa da parte dell’imprenditore individuale. La riapertura riguarda le operazioni poste in essere dopo il 30 settembre 2016 e fino alla nuova scadenza. declina diversamente a seconda che siano distribuite riserve di utili o di capitale.
Cessione
Dal punto di vista operativo, la cessione del bene al socio è più semplice e fiscalmente meno onerosa. Non si genera, infatti, alcun reddito in capo a quest’ultimo e, come correttamente affermato dalla circolare 37/E, per assimilare il vantaggio che il socio sfrutta all’atto della assegnazione, viene riconosciuta all’eventuale riserva derivante dalla plusvalenza contabile di cessione una tassazione più leggera. Nel caso delle società di capitali, ciò significa che tale riserva (da tener distinta in bilancio e, presumibilmente, nel modello Unico) ove distribuita costituisce dividendo al netto dell’importo della differenza assoggettata a imposta sostitutiva dalla società. Ma l’aspetto peculiare della cessione è la rilevanza del corrispettivo, che cede il passo al valore attribuito al bene solo se a esso inferiore, fermo restando che per il cessionario il costo fiscalmente riconosciuto del bene è sempre pari al corrispettivo pattuito, a prescindere dal valore normale eventualmente utilizzato dalla società cedente ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva (circolare 26/E/2016).
Trasformazione
In caso di trasformazione in società semplice, i soci non ricevono alcun bene dalla società, che si “limita” a modificare la propria struttura giuridica e a “chiamarsi fuori” dalle regole del reddito d’impresa, oltre che dalla soggettività Iva. Il maggior costo, in questo caso, almeno per i soci delle società di capitali, è costituito dall’assoggettamento a imposizione di tutte le riserve di utili e in sospensione d’imposta, considerate distribuite nel periodo d’imposta successivo a quello in cui ha effetto la trasformazione. Se questo fenomeno appare connaturato al tipo di società in cui ci si trasforma, appare poco sistematico che la tassazione avvenga senza consentire di decurtare l’importo su cui la società paga l’imposta sostitutiva dell’8% o del 10,5%, in analogia a quanto avviene per l’assegnazione e, in via mediata attraverso la riserva derivante dalla plusvalenza, in sede di cessione.
LE CIRCOLARI Riconosciuta la legittimità dei comportamenti volti a realizzare le operazioni Esclusa la configurabilità di abuso del diritto