Capitali all’estero: la voluntary-bis con liquidazione «fai-da-te» non evita i controlli
L’agenzia delle Entrate punta a individuare chi non ha ader ito al r ientro dei capitali e i comportamenti a r ischio La voluntary-bis con la liquidazione «fai-da-te» non evita i controlli su tutte le istanze
pUna voluntary disclosure dai due volti. Da una parte i 400mila accertamenti conclusi nel 2016 per la prima edizione del rientro dei capitali e che hanno fruttato all’Erario oltre 4 miliardi di euro. Dall’altra la «chiusura delle falle», come ha dichiarato Rossella Orlandi nell’intervista al Sole 24 Ore di ieri. Le banche dati del Fisco italiano , infatti, si sono arricchite di nomi, dettagli e indicazioni da rielaborare sui capitali illecitamente esportati e poi detenuti all’estero. Dall’analisi delle 130mila istanze presentate passate al setaccio da 4mila funzionari delle Entrate, è stato possibile ricostruire i comportamenti che avevano consentito di bucare il sistema e di detenere ricchezza oltreconfine senza mai dichiarare nulla all’amministrazione finanziaria.
Proprio per centrare questi obiettivi, è stato creato e sviluppato un applicativo informatico per cercare di passare ai raggi X i contribuenti interessati al rientro. Ogni addetto dell’Agenzia che ha lavorato sul dossier voluntary è stato chiamato a inserire tutti i dati della pratica nel software battezzato con il nome di Cover (controllo della voluntary e dell’emersione dalla relazione). Ma il cuore del progetto è quello di andare oltre per stanare gli evasori che non hanno approfitta- to della chance offerta dalla disclosure (e probabilmente non decideranno di farlo neanche con la seconda edizione ora in vigore). Le informazioni raccolte consentiranno di «procedere con le successive attività di analisi e rilevazione statistica delle condotte evasive più diffuse (soprattutto quelle che prevedono l’allocazione all’estero di risorse e investimenti) e di profilazione di fenomeni ad alta pericolosità fiscale», come ha scritto la stessa Agenzia nella circolare 16/E dello scorso anno relativa alle linee guida sui controlli.
Un ulteriore fonte d’innesco, quindi. Per approfondire le posizioni dei soggetti ritenuti a maggior rischio di evasione il Fisco potrà giocare la carta della richiesta delle «richieste di gruppo» (ma pur sempre rispettando un requisito di puntualità e dettaglio) agli Stati esteri, in modo da ottenere informazioni che poi serviranno a ricostruire con più fondatezza il comportamento evasivo e motivare gli avvisi di accertamento. Richieste che saranno per lo più indirizzate a conoscere la consistenza e i movimenti bancari sui conti corrente detenuti oltre i confini nazionali. Le prime richieste sono già partite con i Paesi con cui sono stati sottoscritti (e ratificati) accordi sullo scambio di informazioni fiscali. È il caso della Svizzera o del Principato di Monaco. Una lista destinata a diventare sempre più estesa se si pensa che ieri ha incassato l’ok dall’Aula del Senato il Ddl di ratifica dell’intesa con le Barbados e ora passa alla Camera per il via libera definitivo.
Ma c’è anche un’altra “partita” che l’Agenzia sarà chiamata a gestire nei prossimi mesi. Il nuovo meccanismo di autoliquidazione delle imposte dovute dai contribuenti che aderiranno alla voluntary-bis non escluderà un successivo riscontro da parte delle Entrate che, invece, effettueranno un controllo «one to one» su tutte le nuove adesioni così come accaduto per le 130mila istanze della prima edizione. Naturalmente l’autoliquidazione per esigenze di gettito imposte dall’ultima manovra economica avverrà nel 2017 e sarà considerata una sorta di “acconto” di quanto dovuto, mentre i controlli dell’amministrazione finanziaria saranno effettuati tutti nel 2018. E quella sarà l’occasione per verificare se le somme versate sono quelle esattamente dovute.
SCAMBIO DI INFORMAZIONI Già partite le richieste di dati ai Paesi con cui l’Italia ha già ratificato accordi. Ieri dal Senato il primo ok all’intesa con Barbados