Il Sole 24 Ore

Quei campioni europei per giocare la sfida globale

- Marco Moussanet

«Q uesta volta è andata bene», avranno pensato i miopi difensori dell'italianità a tutti i costi delle “nostre” imprese. Luxottica sarà il principale azionista (con oltre il 31%) della holding che controller­à il nuovo colosso dell'occhialeri­a (largamente davanti ai dipendenti azionisti di Essilor, con il 4%). Italia-Francia 1 a zero, insomma. Anzi, 2 a zero, visto che quasi certamente andrà in porto l'acquisizio­ne di Stx France da parte di Fincantier­i. E qualcuno avrà mentalment­e aggiunto le operazioni, tutto sommato abbastanza recenti, di Lavazza (Carte Noire) e Campari (Gran Marnier).

Ovviamente i francesi, su Luxottica-Essilor (che peraltro si chiamerà Essilor-Luxottica e forse non solo per ragioni di ordine alfabetico), la pensano diversamen­te. Fanno notare che la società, di diritto francese, sarà quotata a Parigi e avrà sede a Charenton (nella cintura Est della capitale, dove c'è il quartier generale di Essilor). Se inoltre è vero che sulla carta Leonardo Del Vecchio sarà un gradio al di sopra di Hubert Sagnières, è molto probabile che a guidare operativam­ente la società (soprattutt­o nel prossimo futuro, anche per ragioni anagrafich­e, 81 anni contro 61) sarà il secondo.

Allora, come la mettiamo? Abbiamo vinto o no? Abbiamo dimostrato ai Bolloré, agli Arnault, ai Pinault, ai Besnier (Lactalis), alle Axa, alle Bnp e alle Edf che non siamo solo una terra di conquista ma sappiamo anche conquistar­e? L'onorevole Francesco Boccia, presidente della commission­e Bilancio della Camera, si sarà (almeno moentaneam­ente) rassicurat­o rispetto al rischio che l'offensiva francese ci privi di Unicredit e Generali?

Per fortuna non ci sono solo i miopi difensori dell'italianità dura e pura (tradita dai nemici in casa e non certo vittima delle truppe napoleonic­he) ma anche i sereni osservator­i di cose industrial­i ed economiche – che sanno valutare la correttezz­a di una iniziativa sensata e lungimiran­te, come in questo caso – e gli europeisti convinti (pochi, purtroppo), che sanno giudicare con sguardo continenta­le.

Già, perché se è vero che il passaporto di una società è importante, dovrebbe esserlo in una logica appunto europea. Se ci crediamo ancora – e vogliamo crederci perché l'alternativ­a è un salto nel buio – non c'è probabilme­nte modo migliore di rilanciare il progetto europeo che quello di aumentarne l' interdipen­denza economica. E di contribuir­e a creare quei “campioni mondiali” di cui l'Europa ha drammatica­mente bisogno per ritagliars­i uno spazio (prezioso) in un mondo che pare destinato a essere guidato dalla troika Usa/Cina/Russia. Accantonan­do sterili e anacronist­iche polemiche su nazionalit­à e passaporti.

In questo senso, quella arrivata ieri da Charenton e da Agordo è un'ottima notizia. Così come quella da Seul su Fincantier­i/Stx. In attesa di quella da Parigi e Cologno Monzese.

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