Quei campioni europei per giocare la sfida globale
«Q uesta volta è andata bene», avranno pensato i miopi difensori dell'italianità a tutti i costi delle “nostre” imprese. Luxottica sarà il principale azionista (con oltre il 31%) della holding che controllerà il nuovo colosso dell'occhialeria (largamente davanti ai dipendenti azionisti di Essilor, con il 4%). Italia-Francia 1 a zero, insomma. Anzi, 2 a zero, visto che quasi certamente andrà in porto l'acquisizione di Stx France da parte di Fincantieri. E qualcuno avrà mentalmente aggiunto le operazioni, tutto sommato abbastanza recenti, di Lavazza (Carte Noire) e Campari (Gran Marnier).
Ovviamente i francesi, su Luxottica-Essilor (che peraltro si chiamerà Essilor-Luxottica e forse non solo per ragioni di ordine alfabetico), la pensano diversamente. Fanno notare che la società, di diritto francese, sarà quotata a Parigi e avrà sede a Charenton (nella cintura Est della capitale, dove c'è il quartier generale di Essilor). Se inoltre è vero che sulla carta Leonardo Del Vecchio sarà un gradio al di sopra di Hubert Sagnières, è molto probabile che a guidare operativamente la società (soprattutto nel prossimo futuro, anche per ragioni anagrafiche, 81 anni contro 61) sarà il secondo.
Allora, come la mettiamo? Abbiamo vinto o no? Abbiamo dimostrato ai Bolloré, agli Arnault, ai Pinault, ai Besnier (Lactalis), alle Axa, alle Bnp e alle Edf che non siamo solo una terra di conquista ma sappiamo anche conquistare? L'onorevole Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, si sarà (almeno moentaneamente) rassicurato rispetto al rischio che l'offensiva francese ci privi di Unicredit e Generali?
Per fortuna non ci sono solo i miopi difensori dell'italianità dura e pura (tradita dai nemici in casa e non certo vittima delle truppe napoleoniche) ma anche i sereni osservatori di cose industriali ed economiche – che sanno valutare la correttezza di una iniziativa sensata e lungimirante, come in questo caso – e gli europeisti convinti (pochi, purtroppo), che sanno giudicare con sguardo continentale.
Già, perché se è vero che il passaporto di una società è importante, dovrebbe esserlo in una logica appunto europea. Se ci crediamo ancora – e vogliamo crederci perché l'alternativa è un salto nel buio – non c'è probabilmente modo migliore di rilanciare il progetto europeo che quello di aumentarne l' interdipendenza economica. E di contribuire a creare quei “campioni mondiali” di cui l'Europa ha drammaticamente bisogno per ritagliarsi uno spazio (prezioso) in un mondo che pare destinato a essere guidato dalla troika Usa/Cina/Russia. Accantonando sterili e anacronistiche polemiche su nazionalità e passaporti.
In questo senso, quella arrivata ieri da Charenton e da Agordo è un'ottima notizia. Così come quella da Seul su Fincantieri/Stx. In attesa di quella da Parigi e Cologno Monzese.