Per Washington pesa il rischio della frenata sulle riforme
Le stime del Fondo monetario, si sa, sono sempre un po' “conservative”. Non stupisce più di tanto, dunque, che la crescita italiana nel 2017 sia stimata intorno allo 0,7% mentre la maggior parte dei previsori, sin qui, si siano attestati intorno all’ipotesi di un Pil in aumento dello 0,8-0,9 per cento. Si tratta solo di una descrizione un po' più asciutta di un’economia nella quale la crescita economica proseguirà anche quest’anno ma certo non a un ritmo soddisfacente. Però in Italia, in seguito agli ultimi dati sulla produzione industriale, che fanno pensare a un quarto trimestre 2016 tutto sommato buono per l’attività produttiva, perfino un think tank storicamente piuttosto cauto sulle possibilità dell’economia italiana, come il Ref di Milano, si sta accingendo in questi giorni a rivedere leggermente all’insù la sua stima di ottobre scorso (attestata proprio allo 0,7%) mentre Confindustria nel suo ultimo report “vede” un incremento di prodotto dello 0,8% per il 2017 e Banca d’Italia alla fine di dicembre ha rilasciato una previsione di incremento pari allo 0,9. Appena un soffio al di sotto di quel +1% che è contenuto nel Def, validato dall’Ufficio parlamentare di bilancio. Dunque lo“stupore” del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, difronte al passo indietro del lestime F mi, in una certa misura è giustificato. A Washington la revisione al ribasso (-0,2% rispetto a ottobre) è stata compiuta contestualmente al rialzo delle stime sulla crescita di alcuni nostri vicini europei (Germania, Spagna , Regno Unito). Le valutazioni più severe degli economisti Fmi per l’Italia tengono conto, forse, della possibilità che al nostro paese venga chiesta dall’Ue una correzione di 3,4 miliardi per la politica di bilancio in corso d’anno (una manovra aggiuntiva di questa entità potrebbe in effetti frenare la crescita italiana di un decimo di punto). Soprattutto, però, i commenti del capo economista Fmi Maury Obstfeld lasciano intendere che la preoccupazione principale è per l’incertezza politica nel nostro paese. Un’incertezza che potrebbe frenare il processo delle riforme e, in particolare, quella in corso in campo bancario, per la quale Washington da tempo chiede azioni più incisive: da un’accelerazione più netta sulla revisione delle procedure esecutive per il recupero dei crediti, a una soluzione organica per agevolare lo smaltimento dei Non perfoming loans, al completamento effettivo della riforma delle banche di dimensioni minori. Ma Padoan ieri ha tenuto il punto, ricordando che i 20 miliardi appena stanziati per far fronte ai problemi delle aziende di credito saranno più che sufficienti.