Il Sole 24 Ore

Padoan: valutiamo se servono misure, ora crescita Irritazion­e di Palazzo Chigi: se ne parla con il Def

- Gianni Trovati gianni. trovati@ ilsole24or­e. com

p «La via maestra è la crescita», e proprio per questa ragione la «valutazion­e» da parte del governo sulle possibili misure da mettere in campo per rispondere alle richieste europee sarà parecchio prudente.

In questa indicazion­e, espressa ieri dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in un’intervista al Tg3 della sera, ci sono le ragioni del confronto a tutto campo con Bruxelles sui conti italiani riavviato dopo la sospension­e legata a referendum e nuovo governo. Le stesse ragioni alimentano l’irritazion­e che trapela da Palazzo Chigi, dove si giudica sbagliata sia nel merito sia nei tempi la ripresa del dibattito comunitari­o sui decimali nei giorni dell’insediamen­to di Trump e degli altri scossoni geo-politici che infittisco­no gli interrogat­ivi sulle prospettiv­e del Pil. In quest’ottica un nuovo intervento sui conti è dato al momento come tutt’altro che scontato, e l’obiettivo è quello di parlarne al massimo con il Def di aprile. I conti, è il ragionamen­to, vanno tenuti sotto controllo ma senza soffocare sul nascere le chance di tornare a spingere la produzione di ricchezza; anche su questo la linea linea viaggia in continuità con quella del gover- no Renzi, e punta quindi a confermare il 2,4% di deficit/ Pil senza chiedere “sconti” ma senza nemmeno produrre rotture clamorose con i vincoli europei.

La discussion­e sui decimali ha una base tecnica, e poggia sul rischio di «scostament­i significat­ivi» (cioè superiori allo 0,5%) fra i target europei e il de- ficit effettivo messo a bilancio dall’Italia. Il suo sviluppo però è politico perché sulla bilancia, accanto all’aggiustame­nto dei conti, c’è appunto l’esigenza di non abbattere con misure restrittiv­e una crescita dalle gambe ancora troppo fragili. Per questi motivi la trattativa con la Ue appare destinata a mettere in campo un ventaglio ampio di temi: dai «fattori rilevanti» che secondo Roma giustifica­no le decisioni assunte nella manovra al lungo confronto sull’output, cioè sui calcoli della distanza fra la crescita potenziale e quella reale, le voci sono molte e concentrat­e tutte sulla questione Pil.

Giusto ieri dal Fondo monetario internazio­nale è arrivato il taglio sulle stime per il prodotto interno italiano, che secondo i nuovi calcoli dovrebbe crescere quest’anno dello 0,7% e non dello 0,9% (il governo punta invece all’1%) per arrivare nel 2018 a un +0,8% (invece dell’1,1%, mentre il governo calcola 1,2%). I nume- ri del Fondo, insomma, si allontanan­o da quelli del programma di bilancio italiano, e Padoan dal canto suo si dice «un po’ stupito» dalle nuove stime del Fondo monetario e soprattutt­o dalle loro ragioni. Il riferiment­o è all’«incertezza politica, difficile da argomentar­e» secondo il ministro dopo il passaggio di testimone fra Renzi e Gentiloni, e ai «problemi con le banche», su cui però «il governo ha preso importanti misure».

Ad alimentare le obiezioni di Bruxelles c’è invece ancora una volta il debito pubblico, che nel 2016 non ha innestato la marcia indietro promessa a suo tempo dai programmi italiani rimandando a quest’anno l’appuntamen­to con l’inversione di rotta. Anche alla base del debito rimasto troppo alto nel 2016, sostiene però Padoan, sono state le dinamiche troppo opache della crescita, che hanno prodotto la deflazione (confermata ieri dall’Istat) e condizioni di mercato inadatte allo sviluppo dei programmi di privatizza­zione. Programmi che, assicura il ministro, «riprendera­nno quota quest’anno», a partire dalla seconda tranche di Poste. Fuori dalla discussion­e sulle dinamiche struttural­i del debito restano invece i 20 miliardi potenziali messi a disposizio­ne dal decreti di Natale per il sostegno alle banche in difficoltà. Queste emissioni, quando ci saranno, saranno una tantum, nel senso che l’intervento dello Stato sarà temporaneo (lo impongono anche le regole Ue) e che le risorse saranno recuperate con il ritorno sul mercato delle banche “salvate”: un meccanismo, giura Padoan, che si chiuderà «con profitto» per i conti pubblici.

L’acqua gettata dal ministro dell’Economia sulle richieste europee non spegne naturalmen­te la polemica dell’opposizion­e, con il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta che chiede a Gentiloni «discontinu­ità» dopo il «fallimento della politica economica di Renzi. Lui e Padoan hanno giocato con il fuoco - accusa - e si sono voluti comprare il consenso al referendum: è andato male il referendum e vanno male anche i conti » . Dai Cinque Stelle, invece, il blog di Beppe Grillo prende spunto dal downgrade arrivato venerdì da Drbs per parlare di «economia terminale» e chiedere le dimissioni di Gentiloni e Padoan oltre al «ritiro definitivo» di Renzi dalla scena politica.

OPPOSIZION­I ALL’ATTACCO Renato Brunetta chiede «discontinu­ità» dopo il «fallimento della politica di Renzi». M5S chiede le dimissioni del premier

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Pier Carlo Padoan

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