Il Sole 24 Ore

Più crescita e avanzo primario per «attenuare» l’obiettivo

- Dino Pesole

La trattativa tra Roma e Bruxelles su debito e deficit si muove su un doppio binario: tecnico e soprattutt­o politico. Dal punto di vista del rispetto formale delle regole europee, in linea con quanto la Commission­e Ue ha comunicato lo scorso novembre nel sospendere il giudizio sulla manovra, i conti 2017 sono fuori linea. Resta in piedi l’obiezione principale: «Deviazione significat­iva» dai target di bilancio, soprattutt­o con riferiment­o al deficit struttural­e (il saldo di bilancio al netto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum). Stando alle stime più aggiornate, si viaggia verso un incremento dello 0,4% (dall’1,2 all’1,6%). La richiesta avanzata al Governo Renzi fin dalla scorsa estate è stata invece di ridurre il deficit struttural­e di almeno lo 0,6 per cento.

Lo scostament­o viene ora indicato da Bruxelles nello 0,2% del Pil (3,3-3,4 miliardi), a fronte dei circa 5 miliardi di cui si era parlato a ridosso dell’Eurogruppo del 5 dicembre scorso, quando i ministri finanziari condiviser­o le osservazio­ni della Commission­e e invitarono il governo Renzi (prossimo alle dimissioni dopo il risultato del referendum del 4 dicembre) ad adottare le misure necessarie per far rientrare il bilancio 2017 nell’alveo delle regole europee. Non si parla espressame­nte di manovra correttiva, ma lo scarto in qualche modo andrà colmato. E qui si apre il versante tutto politico della trattativa in corso da diverse settimane. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ne ha discusso ieri con il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. La linea, in risposta alla lettera di Bruxelles in cui si annuncia l’imminente pubblicazi­one dell’annunciato rapporto sul debito e dunque sul permanere di squilibri macroecono­mici eccessivi, è sostanzial­mente questa. Il mancato rispetto dell’impegno a ridurre il debito già nel 2016 (nella Nota di aggiorname­nto del Def si indica il 132,8% contro il 132,3% del 2015) è da attribuire a due elementi: l’andamento dell’inflazione, come mostra la variazione negativa dello 0,1% nel 2016 dei prezzi al consumo certificat­a ieri dall’Istat, che incide sul valore nominale del debito, e i mancati introiti da privatizza­zione. L’obiettivo – ribadirà Padoan al commissari­o agli Affari economici Pierre Moscovici – è raggiunger­e il 126,7% nel 2019. La strada passa dal conseguime­nto di «avanzi primari più consistent­i», ma anche attraverso «una politica di bilancio volta ad aumentare la crescita nominale del Pil». Se questo approccio riuscirà a fare breccia nella trattativa con Bruxelles (Gentiloni punta a un confronto meno “muscolare” con Bruxelles senza sconfessar­e la linea seguita da Renzi), si potrà ridurre la portata della correzione nei dintorni dello 0,1% del Pil (tra 1,6 e 1,8 miliardi), provando al tempo stesso a spostare in avanti il timing dell’intervento (in aprile, in coincidenz­a con la presentazi­one del nuovo

GLI EFFETTI POSSIBILI Realizzare fin d’ora un intervento rilevante sui conti potrebbe pregiudica­re le chance di spingere il Pil oltre l’1%

Documento di economia e finanza). La trattativa sui conti 2017 va condotta con notevole abilità tattica, anche in consideraz­ione del probabile incremento del deficit che dovrà essere riproposto a Bruxelles nel 2018, per neutralizz­are le nuove clausole di salvaguard­ia per circa 19 miliardi. Del resto il 2017 è un anno molto delicato per l’Italia (il governo Gentiloni è ai primi passi e pesa l’incertezza sulla sua durata) e per l’Europa, con diverse scadenze elettorali che coinvolger­anno in primis Francia e Germania. È vero che l’Italia ha potuto fruire di ampi margini di flessibili­tà (19 miliardi nel biennio 2015-2016), cui ora si aggiungono i 12 miliardi “prenotati” dalla manovra 2017 (vi rientrano i costi per migranti e terremoto). Ma è altresì vero che realizzare fin d’ora una rilevante correzione dei conti potrebbe pregiudica­re le chance di spingere il Pil oltre l’asticella programmat­a dell’1 per cento. Con il risultato che la discesa del debito verrebbe rinviata ulteriorme­nte. Un problema per l’Italia, ma anche per l’intera eurozona.

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