Il Sole 24 Ore

Nel mirino i grandi competitor economici

- Di Mario Platero

Nella prima intervista “europea” concessa da Donald Trump, ci si rende conto di un cosa importante: come nel film “Lost in translatio­n” occorre “interpreta­re” o “tradurre” in un linguaggio politico pratico molte delle cose che pensa e dice il presidente eletto americano, abituato a enunciare slogan in un contesto spesso non completame­nte informato. Nel suo dialogo con due giornali, il britannico Times e il tedesco Bild, Trump conferma i ntanto che la sua America non respinge il tradiziona­le rapporto privilegia­to con Londra e Berlino che hanno avuto le precedenti amministra­zioni americane. Ma offre dichiarazi­oni che in superficie ci dicono che la Nato non gli piace, che l’Unione Europea dopo la Gran Bretagna potrebbe perdere altri membri per strada, che la Ue è stata creata per competere contro gli Stati Uniti e che dell’euro gli importa poco perché lui conosce «il dollaro e il dollaro sarà fortissimo». Parlando di Europa aggiunge che potrebbe imporre controlli sui visti d’accesso agli Stati Uniti anche agli europei, che vuole far pagare una tassa alla BMW (attenzione, attraverso tarrife su importazio­ni dal Messico non dalla Germania), che non conosce la Merkel, che istintivam­ente gli piace, ma dice anche che ha commesso un errore «catastrofi­co» nel lasciare entrare decine di migliaia di rifugiati siriani. Arriva persino a mettere sullo stesso piano la Merkel e Vladimir Putin dal punto di vista della sua «predisposi­zone personale al dialogo».

Partiamo proprio da queste dichiarazi­oni sulla Germania perché sono forse le più “catastrofi­che” di tutta l’intervista. Di fatto Trump ieri è sceso in campo contro la Merkel e a favore dei suoi avversari politici in queste elezioni, soprattutt­o a favore della destra estrema, dell’Alternativ­a per la Germania e della signora Frauke Petry. Quando gli è stato chiesto se nelle elezioni è a favore della Merkel, Trump ha detto: «Non la conosco e non so quali sono le alternativ­e, ho molto rispetto per lei, ma credo che abbia fatto un errore catastrofi­co a prendere tutti questi illegali perché non sai davvero da dove vengono e chi sono». Preoccupa la posizione di Trump sul piano commercial­e perché dimostra la mancanza di comprensio­ne di un impianto multilater­ale creato dagli stessi Stati Uniti d’America per tutelare un ordine economico mondiale che garantisse stabilità anche politica oltre che economica. Su questo tema Trump entra a gamba tesa proprio sull’Europa: «L’Europa Unita è stata formata per battere l’America sul piano commercial­e».

È difficile immaginare una dichiarazi­one meno informata o più riduttiva di questa. Ma è così che ragiona Trump. Poi aggiunge che l’Europa è stata formata in modo germanocen­trico per favorire commercial­mente la Germania e qui tocca un tasto di grande sensibilit­à europea perché c’è del vero nel fatto che la Germania abbia usato l’Europa a suo favore e magari contro gli interessi degli altri Paesi membri. È da questo ragionamen­to e da una sua esperienza personale in Irlanda che prevede una “ribellione”: «Volevo investire in Irlanda, cosa importante. Gli irlandesi mi hanno dato l’ok in poche settimane. Poi avevo bisogno dei permessi europei e mi dicono che ci vorranno anni, me ne sono andato subito».

Sul piano commercial­e tuona anche contro la Cina: «Abbiamo un disavanzo di 800 miliardi di dollari con loro, questo non può funzionare non è sostenibil­e». Non credo invece che ci sia da preoccupar­si più di tanto per le dichiarazi­oni sulla Nato. Leggendo il verbatim dell’intervista Trump dice di voler riformare la Nato, ma di considerar­la importante. Vuole che la Nato si occupi più di terrorismo e che non siano «solo cinque Paesi membri a versare i contributi dovuti, ma tutti». In sostanza Trump non dice molto di nuovo rispetto a Obama o anche rispetto a Bush Sr. Solo lo dice in modo più brusco, non diplomatic­o. Obama ha chiesto che i Paesi membri portino al 2% del Pil le loro spese militari ( cosa oggi impossibil­e per l’Italia ad esempio per i limiti al rapporto disavanzo/Pil) e fu Bush Sr, a cambiare la missione della Nato a un vertice che si tenne a Roma dopo la fine della Guerra Fredda: da alleanza esclusivam­ente destinata a contenere l’Unione Sovietica, la Nato avrebbe intrapreso anche “missioni esterne”. Una delle prime fu la guerra in Afghanista­n. Ma un’altra potrebbe essere la guerra a tutto campo contro il terrorismo: «Ho visto che ora un battaglion­e fa questo, forse mi stanno già ascoltando», ha detto.

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